Il Tesoretto (Laterza, 1941)/XII
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XII
1125Da poi ch’ala natura
parve che fosse l’ora
del mio dispartimento,
con gaio parlamento
si cominciò a dire
1130parole da partire
con grazia e con amore;
e, faccendoni onore,
disse: «Fi’ di Latino,
guarda che ’l gran cammino
1135non torni esta semmana,
ma questa selva piana,
che tu vedi a sinestra,
cavalcherai a destra.
Non ti paia travaglia;
1140ché tu vedrai san faglia
tutte le gran sentenze
e le dure credenze,
e poi dal’altra via
vedrai Filosofia
1145e tutte sue sorelle;
poi udirai novelle
dele quatro Vertute;
e se quindi ti mute,
troverai la Ventura,
1150a cui se poni cura,
ché non ha certa via,
vedrai Baratteria,
che ’n sua corte si tene
di dare e male e bene.
1155E se non n’hai timore,
vedrai Idio d’Amore,
e vedrai molte gente
che ’l servono umilmente,
e vedrai le saette
1160che fuor del’arco mette.
Ma perché tu non cassi
in questi duri passi,
te’, porta questa ’nsegna
che nel mio nome regna.
1165E se tu fossi giunto
d’alcun gravoso punto,
tosto la mostra fuore.
Non fie sí duro core,
che per la mia temenza
1170non t’agia in reverenza».
E io gechitamente
ricevetti presente1
la ’nsegna, che mi diede.
Poi le basciai lo piede,
1175e merzé le gridai,
ch’ella m’avesse omai
per suo racomandato.
E quando fui girato,
giá piú no lla rividi.
1180Or conven ch’io mi guidi
vêr lá dove mi disse,
nanzi che si partisse.