Il Tesoretto (Laterza, 1941)/III
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III
Ma tornando ala mente,
mi volsi e posi mente
intorno ala montagna,
e vidi turba magna
195di diversi animali
che non so ben dir quali,
ma omini e mogliere,
bestie, serpent’ e fiere,
e pesci a grandi schiere,
200e di tutte maniere
ucelli voladori,
ed erbe e frutti e fiori,
e pietre e margherite
che son molto gradite,
205e altre cose tante
che null’omo parlante
le porìa nominare,
né ’n parte divisare.
Ma tanto ne so dire
210ch’io le vidi ubidire,
finire e cominciare,
morire e ’ngenerare
e prender lor natura,
sí come una figura,
215ch’io vidi, comandava.
Ed ella mi sembrava
come fosse incarnata,
talora isfigurata;
talor toccava ’l cielo,
220sí che parea suo velo;
e talor lo mutava,
e talor lo turbava.
Al suo comandamento
movea ’l fermamento,
225e talor si spandea,
sí che ’l mondo parea
tutto nelle sue braccia.
Or le ride la faccia,
un’ora cruccia e dole,
230poi torna come sole.
E io, ponendo mente
al’alto convenente
e ala gran potenza
ch’avea, e la licenza,
235uscìo del reo pensero
ch’io avea in primero,
e fei proponimento
di fare un ardimento,
per gire in sua presenza
240con degna reverenza,
in guisa ch’io vedere
la potessi, e savere
certanza di suo stato.
E poi ch’i’ l’èi pensato,
245n’andai davanti lei
e drizzai gli occhi miei
a mirar suo corsaggio.
E tanto vi diragio
che troppo era gran festa
250lo capel dela testa,
sí ch’io credea che ’l crino
fosse d’un oro fino
partito sanza trezze;
e l’altre gran bellezze
255ch’al volto son congiunte
sotto la bianca fronte,
li belli occhi e le ciglia,
e le labra vermiglia,
e lo naso afilato,
260e lo dente argentato.
La gola biancicante,
e l’altre biltá tante
composte ed asettate
e ’n suo loco ordinate
265lascio che no lle dica,
né certo per fatica,
né per altra paura;
ma lingua né scrittura
non seria soficente
270a dir conpiutamente
le bellezze ch’avea,
né quant’ella potea
in aria e in terra e in mare,
e ’n fare e in disfare,
275e ’n generar di nuovo
o di concetto o d’ovo
o d’altra incomincianza,
ciascuna a sua sembianza.
E vidi in sua fattura,
280che ogne creatura
ch’avea cominciamento,
venia a finimento.