Il Tesoretto (Assenzio, 1817)/XXIV
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XXIV
Ahi uom, dunque che fai,
Già torni tutto ’n guai?
La mannaja non vedi,
Ch’hai tutt’ora a li piedi?
Or guarda ’l mondo tutto;
E fiori, e foglie, e frutto,
Uccelli, bestie, e pesce,
Di morte fuor non esce.
Dunque ben per ragione
Provao Salamone,
Ch’ogne cosa mondana
E vanitade vana.
Amico, muovi guerra,
E va per ogne terra,
E va ventando ’l mare;
Dona robe, e mangiare,
Guadagna argento, et oro,
Ammassa gran tesoro:
Tutto questo, che monta!
Ira, fatica, et onta
Ha’ messo ’n acquistare;
E non sai tanto fare,
Che non perdi ’n un mutto
Te, e l’acquisto tutto!
Ond’io a ciò pensando,
E fra me ragïonando
Quant’i’ aggio falluto,
E come sono essuto
Uomo reo peccatore;
Sì, ch’al mio Creatore
Non ebbi provvedenza;
Nè nulla reverenza
Portai a Santa Chiesa;
Anzi l’ho pure offesa
Di parole, e di fatto;
Ora mi tengo matto:
Ch’i’ veggio, et ho saputo,
Ch’i’ son dal mal partuto.
E poi ch’io veggio, e sento,
Ch’io vado a perdimento,
Saria ben fuor di senso,
S’i’ non proveggio, e penso,
Com’i’ per lo ben campi,
Sì, che ’l mal non m’avvampi.