Il Tesoretto (Assenzio, 1817)/XXII

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Poi mi trassi da canto,

     Et in un ricco manto

Vidi Ovidio maggiore,
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     Che li atti de l’Amore,
Che son così diversi,
     Rassembra, e mette ’n versi.
Et i’ mi trassi appresso,
     E dimandai lui stesso,
Ched elli apertamente
     Mi dica ’mmantenente,
E lo bene, e lo male
     De lo fante, e de l’ale,
De li strali, e de l’arco:
     E donde tale ’ncarco
Li viene, che non vede.
     Et elli ’n buona fede,
Mi rispose ’n volgare:
     De la forza d’amare
Non sa, chi non lo prova,
     Perciò se a te ne giova,
Cercati fra lo petto
     Del bene, e del diletto,
Del male, e de l’errore,
     Che nasce per amore.
Assai mi volsi ’ntorno
     E la notte, e lo giorno,
Credendomi fuggire
     Dal fante, che ferire
Lo cor non mi potesse.
     E s’io questo tacesse,
Fare’ maggior savere:
     Ch’io fui messo ’n potere,
Et in forza d’amore.
     Però, caro Signore,
S’i’ fallo nel dettare,
     Voi dovete pensare,
Che l’uomo innamorato

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     Sovente muta stato.
E così stando un poco,
     I’ mi mutai di loco,
Credendomi campare:
     Ma non potetti andare,
Ch’io v’era sì ’nvescato,
     Che già da nullo lato
Potea mover lo passo.
     Così fui giunto lasso;
E messo, ’n mala parte.
     Ma Ovidio per arte
Mi diede maestria;
     Sì, ch’io trovai la via,
Ond’i’ mi trafugai.
     Così l’alpe passai,
E venni alla pianura.
     Ma troppo gran paura,
Et affanno, e dolore
     Di persona, e di core
M’avvenne ’n quel viaggio.
     Ond’io pensato m’aggio,
Anzi, ch’i’ passi avanti,
     A Dio, et a li Santi
Tornar divotamente:
     E molto umilemente
Confessar li peccati
     A’ preti, et a li frati.
E questo mio lïbretto
     Con ogne altro mio detto,
Ched io trovato avesse,
     S’alcun vizio tenesse,
Commetto ogne stagione
     A loro correzzïone,
Per far l’opera piana

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     Con la fede cristiana.
E voi, caro Signore,
     Prego di tutto core,
Che non vi sia gravoso,
     S’i’ alquanto mi riposo:
Finchè di penitenza
     Per fina conoscenza
Mi possa consigliare:
     Ch’ho uomo, che mi pare
Ver me intero amico;
     A cui sovente dico,
E mostro mie credenze,
     E tengo sue sentenze.