Il Sofista e l'Uomo politico/Il Sofista/XXV
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Traduzione dal greco di Giuseppe Fraccaroli (1911)
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XXV.
For. Bisognerà far così. Dimmi dunque: ciò che non è in alcun modo, — lo abbiamo il coraggio di pronunciarla anche noi questa parola?
Teet. E come no?
For. Se però non per litigare, nè per scherzare, ma sul serio, qualcuno degli uditori dopo averci pensato dovesse rispondere, a che devasi C riferire questa espressione ciò che non è, per che cosa e per quale potremmo immaginare ch’egli se ne servirebbe o vorrebbe spiegarla a chi ne lo interroghi?1
Teet. Hai domandato una cosa difficile e direi quasi impossibile affatto per le mie forze.
For. Ma almeno questo è chiaro, che ciò che non è non s’ha da riferire ad alcuna cosa che è.
Teet. E come potrebbe?
For. Dunque se non si riferisce a ciò che è, neanche il riferirlo a qualche cosa sarebbe riferirlo giustamente.
Teet. Non sarebbe.
DFor. Questo pure infatti ci è in qualche modo chiaro, che anche il qualche cosa, questa parola, la diciamo sempre per cosa che è. Perocchè soltanto dire, di per sè, come nudo e deserto di tutte quante le cose2, è impossibile. O no?
Teet. Impossibile.
For. Per queste considerazioni accetti dunque che è necessario che colui che dice qualche cosa dica una qualche cosa?
Teet. Sta bene.
For. Poichè certo ammetterai che qualche cosa [τὶ] è segno di uno, e il suo duale [τινέ] di due, e il suo plurale [τινές] di molti.
Teet. Come no?
EFor. E colui che non dice qualche cosa è affatto necessario, mi pare, che non dica assolutamente niente.
Teet. Necessarissimo.
For. Neanche questo dunque si può concedere, che questo tale dica bensì, ma non dica niente; ma bisognerà affermare che neppur dica, colui che volesse provarsi a enunciare ciò che non è.
Teet. Così pertanto il nostro discorso sarebbe venuto a capo della difficoltà.
Note
- ↑ La questione noi la porremmo più spiccia: di che cosa si possa predicare il non essere.
- ↑ Non si può dire senza dire qualche cosa. Così in Theaet. pp. 188 E-189 non si può vedere nè udire nè toccare nè opinare che qualche cosa, e in Parm. p. 132 B non si dà pensiero il quale sia pensiero di niente.