Il Sofista e l'Uomo politico/Il Sofista/I

Il Sofista - I

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Platone - Il Sofista e l'Uomo politico (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Giuseppe Fraccaroli (1911)
Il Sofista - I
Il Sofista Il Sofista - II

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I.


p. 216Teod. Come siamo stati ieri d’accordo, o Socrate, eccoci qui belli e pronti, e abbiamo condotto un forestiero, costui qui, Eleate di nascita e compagno dei discepoli di Parmenide e Zenone, uomo amico molto degli studî.

Socr. O che forse, o Teodoro, senza saperlo, invece di un forestiero, tu non ci abbia condotto un qualche Dio, giusta la parola di Omero? il Bquale dice che e altri Dei e non meno degli altri il Dio dell’ospitalità si accompagna agli uomini che a buon dritto si rispettano,1 e viene a [p. 104 modifica]ispezionare la prepotenza dei mortali e la loro osservanza delle leggi. Potrebbe dunque darsi benissimo che anche costui che ti si è associato fosse uno di questi migliori 〈di noi〉 che voglia vedere come siamo dappoco in ragionare e che si disponga a confutarci, posto ch’egli sia un Dio contenzioso.

Teod. Non è questo, o Socrate, il carattere dell’ospite nostro, ma è più modesto che non siano coloro che hanno la passione delle dispute. E pare a me che il nostro uomo un Dio non sia già in modo alcuno, divino però sì: tali Cinfatti io chiamo tutti i filosofi.

Socr. E fai bene, o caro. Questa specie, per [p. 105 modifica]altro, rischia non essere molto più facile, per così dire, a riconoscersi, che non sia quella della divinità. Perocchè questi uomini comparendo in aspetti diversissimi in mezzo all’ignoranza altrui per le cittadi in giro vanno, 〈dico〉 non già i finti ma i veri filosofi, guardando dall’alto2 la nostra bassa vita; e ad alcuni sembrano gente di nessun conto, ad altri di moltissimo; e talora Dci compajono come uomini politici, talora come sofisti, e talora vi ha di quelli ai quali potrebbero dar l’idea che siano matti addirittura3. Dal nostro ospite pertanto, se non gli dispiace, io sarei contento di sentire, di queste cose che opinione hanno al suo paese4, e che nome 217dànno loro.

Teod. Quali cose?

Socr. Il sofista, il politico, il filosofo5.

Teod. Su che proposito innanzi tutto e per che specie di difficoltà che tu abbia su di loro, t’è venuto in mente di fare la domanda?

[p. 106 modifica]Socr. Su questo: se tutte queste cose le contano come una sola, o come due, o, poichè tre sono i nomi, distinguono anche tre specie e ne attribuiscono una a ciascun nome.

Teod. Nulla toglie, credo io, che egli ce lo Bspieghi. O come dovremo dire, o forestiero?

For. Così, o Teodoro. Nulla toglie infatti, e non è difficile dire che li ritengono tre. Ma uno per uno definirlo chiaramente che cosa è, non è impresa piccola nè facile.

Teod. Ebbene, per combinazione davvero, caro Socrate, hai toccato dei discorsi molto simili a quelli su cui anche noi prima di venir qui l’avevamo interrogato6. Ed egli anche allora con noi pretesseva la scusa medesima che con te ora: chè quanto ad esserne abbastanza informato egli pure lo ammette, e non dirà di essersene scordato.

Note

  1. In Od. XVII, 483 sgg. uno dei proci rimprovera Antinoo che aveva scagliato uno sgabello contro Ulisse finto mendico:

    Non bene certo, o Antinoo, scagliasti al mendico infelice;
    Sciagurato, e se fosse un dei numi che vivono in cielo?
    Chè van gli Dei pur anco in aspetto talor di stranieri
    Per le cittadi in giro, mutandosi in tutte le forme,
    A vedere l’umana insolenza e il rispetto alle leggi.

    E in IX 270-71 Ulisse parla al Ciclope:

    Zeus è vendicatore dei supplici e dei forestieri,
    Zeus ospital che ai santi spesso ospiti s’accompagna.

    Difficile, per non dire impossibile, è poi render αἰδώς in una lingua moderna: è un concetto misto di pudore e di onore, di modestia e di dignità: a ogni modo qui l’uomo che partecipa dell’αἰδώς mi pare corrisponda abbastanza da vicino a quello che noi diciamo uomo che si rispetta, e chi comincia a rispettarsi da sè stesso si fa rispettare anche dagli altri. Così pertanto ho tradotto pensando che in filosofia, ed anche fuori della filosofia, la parola più bella è la più propria e solo la più propria. Il complimento, mentre fa onore anche a Teodoro, che è degno della compagnia degli Dei, e dimostra l’alta considerazione in cui teneva Platone la scuola Eleatica, preannuncia insieme un modo di ragionare più rigoroso: è venuto colui che ci insegnerà per davvero la dialettica. Dialettico è infatti il Forestiero, non per altro litigioso [eristico], come quelli della scuola megarica, che avevano esagerato il metodo degli Eleati, dei quali erano i successori. — Del resto questa presentazione del nuovo interlocutore come persona sommamente autorevole è analoga a quella dei personaggi del Timeo.

  2. Cfr. il lucreziano “despicere unde queas alios„.
  3. Così pareva anche a Senofonte, che della speculazione filosofica veramente non capiva molto. Fa infatti anche lui dire a Socrate Mem. I 1. 13: “e quelli che vanno per la maggiore nel saper discorrere di coteste cose, non che la pensino ad un modo solo, sono gli uni rispetto agli altri come potrebbero essere i matti„. Del resto cfr. p. 242 C dove analogamente si dice che Parmenide pare conti la fola ai fanciulli.
  4. Intendi nella scuola eleatica.
  5. Perchè il dialogo del Filosofo non sia stato scritto veggasi nei Prolegomeni, cap. IV, § 2.
  6. Anche nel Timeo, p. 20 C, si accenna ad un discorso antecedente come preparazione e anticipazione dell’attuale.