Capitolo XXXIV

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Legga ora V. S. Illustrissima il quinto argomento. "Atque hæc quidem, si omnium, quotquot adhuc fuerunt, cometarum motus æque certus ac regularis fuisset: at si alios etiam in quæstionem vocemus, quorum motus longe diversus ab his fuit, multo clarius ex illis constabit, possit ne cometis motus hic rectus præscribi. Adi igitur Cardanum; hæc apud illum, ex Pontano, leges: "Cometes tenui capite comaque admodum brevi a nobis conspectus est, qui mox, miræ magnitudinis factus, ab ortu in septentrionem cœpit deflectere, nunc citato motu nunc remisso; et quoad Mars Saturnusque regrederentur, ipse aversus, coma progrediente, ferebatur, donec ad Arctos pervenit; unde, cum primum Saturnus et Mars recto cursu pergere cœperunt, in occasum iter flexit tanta celeritate, ut die uno 30 gradus emensus sit; atque ubi ad Arietem et Taurum commeavit, videri desiit." Præterea apud eumdem, ex Regiomontano, hæc habes: "Idibus Ianuariis anno Domini 1475 visus est nobis cometa sub Libra cum stellis Virginis, cuius caput tardi erat motus donec propinquum esset Spicæ; nunc incedebat per crura Bootis versus eius sinistram, a qua discedendo, die uno naturali, portionem circuli magni graduum 40 descripsit, ubi, cum esset in medio Cancri, maxime distabat ab orbe signorum gradibus 67; et tunc per duos polos zodiaci et æquinoctialis ibat, usque ad intermedia pedum Cephæi, deinde per pectus Cassiopeiæ super Andromedæ ventrem; post, gradiendo per longitudinem Piscis septentrionalis, ubi valde remittebatur motus eius, propinquabat zodiaco, etc." Quare in principio ac fine tardissimi fuit motus, in medio vero celerrimi, quod motui isti per lineam rectam apertissime repugnat; hic enim semper in principio velocior est, postea sensim remittitur; cui tamen adhuc apertius obstat prior cometa Pontani, in principio tardus, in fine velocissimus. Audi illum in Meteoris ita concinentem:

Nam memini quondam, Icario de sidere lapsum
squalentem præferre comam, tardoque meatu
flectere sub gelidum boreæ penetrabilis orbem;
hinc rursum præferre caput, cursuque secundo
vertere in occasum, ac laxis insistere habenis;
donec Agenorei sensit fera cornua Tauri.

In his duobus porro cometis difficilius multo motus ille rectus explicari potest; cum hi, brevissimo temporis spatio, integrum semicirculum maximum motu suo percurrerint, cui motui explicando perexiguo futurus est adiumento quicumque Terræ motus. Neque hoc loco catalogum cometarum variorumque illorum motuum texere mei est instituti: si quis vero eos adeat qui de his egerunt, multa inveniet quæ cum motu hoc recto stare nulla ratione possunt. Satis igitur superque de cometæ substantia ac motu dictum."

Qui col produrre il Sarsi altre varie mutazioni fatte in altre comete e descritte da altri autori, pensa pur di confermare il suo detto. Ma quello che ho scritto di sopra risponde ancora a questo, né altro ci bisogna, se prima, lasciando il Sarsi le troppo larghe generalità, non viene alle particolari considerazioni de’ particolari stati d’esse comete, quanto all’essere alte, basse, australi o boreali, ed apparse ne’ tempi de’ solstizi o degli equinozzi; condizioni tralasciate da esso, e necessarissime in cotali decisioni, com’egli stesso potrà conoscere qualunque volta con maggiore attenzione si ridurrà a questa speculazione.



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Passo ora all’ultima questione del presente esame: "Reliqua nunc est cometæ coma seu barba, vel, si mavis, cauda, quæ sua illa curvitate non parum astronomis negotii facessit: in qua tamen explicanda triumphare plane sibi videtur Galilæus. Verum illud primum hoc loco ei suggerere habeo, nihil esse quod novum hunc modum comarum explicandarum sibi adscribat; nihil ipsum sua hac in disputatione protulisse, quod Keplerus multo ante non viderit, et scriptis planissime consignarit: nam dum rationes inquirit, cur cometarum caudæ curvæ aliquando videantur, ait id non ex parallaxi oriri, quod alio etiam loco probat, neque ex refractione, multa in hanc sententiam afferens; ubi tandem ait, hoc phænomenon inter naturæ arcana relinquendum. Hoc igitur præmissum volui, quandoquidem ipse ait, se vidisse neminem qui hac de re scripserit, præter Tychonem. Hoc uno inter se differunt Keplerus et Galilæus, quod hic iis rationibus assentitur, quas non tanti ponderis ille existimavit, ac propterea sub iudice litem relinquendam statuit."

Troppo veramente si dimostra il Sarsi desideroso di spogliarmi, anzi del tutto denudarmi, d’ogni ben che lieve ornamento di gloria: e qui, non contento di scoprire, la ragion prodotta per mia dal signor Mario, onde avvenga che la chioma della cometa talora ci apparisca piegarsi in arco, esser falsa e non concludente, aggiunge, in quella non esser da me arrecato niente di nuovo, ma il tutto molto innanzi essere stato scritto e publicato, e poi come falso rifiutato, da Giovanni Kepplero; tal che nell’animo del lettore, qualunque volta egli si fermasse sopra la relazion del Sarsi, io resterei in concetto non solo d’involator delle cose altrui, ma di ladruccio dappoco, che andasse raggranellando sino alle cose rifiutate. Ma chi sa che anco forse la piccolezza del furto non mi renda più colpevole, nel concetto del Sarsi, che s’io con maggiore animo mi fussi applicato a prede [p. 314 modifica]maggiori? e se per avventura io, in cambio di rubacchiar qualche cosarella, mi fussi con maggior generosità messo alla cerca di libri non così noti in queste nostre parti, ed incontratone alcuno di qualche bravo autore avessi tentato di sopprimere il suo nome ed attribuire a me tutta l’opera intera, forse cotal impresa gli saria paruta altrettanto eroica e grande, quanto l’altra pusillanima ed abietta. Ma io non son di tanto cuore, e liberamente confesso la mia codardia. Ma s’io son poveretto e d’ardire e di forze, sono almanco da bene, né voglio, signor Lottario, immeritamente restar con questo fregio su ’l viso, ma voglio liberamente scrivere e palesare il vostro mancamento, e non penetrando io da quale affetto possa esser nato, lascerò che voi stesso lo specifichiate poi nella vostra scusa.

Volse già Ticone assegnar la causa di cotale apparente curvità, riducendola ad alcune proposizioni dimostrate da Vitellione; ma il signor Mario mostrò che quello non aveva comprese le cose scritte da quell’autore, le quali sono remotissime dal servire al proposito di tal piegatura. Soggiunse l’istesso signor Mario quella che a sé ed a me era paruta la vera causa e dimostrativa ragione: si leva su il Sarsi, e volendo confutarla, e di più, manifestarla cosa del Kepplero, cade con Ticone nell’istessa fossa, e si dichiara non avere inteso niente di quello che scrivono il Kepplero ed il signor Mario, o almeno dissimula l’intender l’uno e l’altro, e vuole che ambedue scrivano l’istessa cosa, mentre scrivono cose differentissime. Il Kepplero vuol render ragione della curvità come ch’essa chioma sia realmente, e non in apparenza solamente, curva; il signor Mario la suppone realmente diritta, e cerca la causa della piegatura apparente. Il Kepplero la riduce ad una diversità di refrazzioni de’ raggi stessi solari, fatte nell’istessa materia celeste in cui si forma l’istessa chioma, la qual materia, in quella parte solamente che serve alla produzzion della chioma, in altri ed altri gradi di vicinità all’istessa stella sia più e più densa, sì che, facendo altre ed altre refrazzioni, dal composto finalmente di tutte ne risulti una total refrazzione distesa non direttamente, ma in arco; il signor Mario introduce una refrazzione fatta non da’ raggi del Sole, ma dalla spezie dell’istessa cometa, non nella materia celeste aderente al capo di quella, ma nella sfera vaporosa che circonda la Terra: sì che l’efficiente, la materia, il luogo ed il modo di queste produzzioni sono diversissimi, né ànno altra communicanza [p. 315 modifica]tra di loro questi due autori, che questa sola parola refrazzione.Ecco le parole precise del Kepplero: "Non refractio potest esse causa inflexionis huius, ni nescio quod monstri confingamus, materiam ætheream certis gradibus propinquitatis ad hoc sydus magis magisque crassam, nec nisi ex una sola parte in quam caudam vergit." Ah, signor Lottario, è possibile che voi vi siate lasciato trasportar tant’oltre dal desiderio d’oscurare il mio nome, qual egli si sia in materia di scienze, che non solo non abbiate avuto riguardo alla reputazion mia, ma né anco a quella di tanti amici vostri? a’ quali con fallacie e simulazioni avete cercato di far credere la vostra dottrina ferma e sincera e con tal mezo avete fatto acquisto del loro applauso e delle lor lodi, che adesso, se mai accaderà ch’essi veggano questa mia scrittura e per essa comprendano quante volte ed in quante maniere voi gli avete voluti trattar da troppo semplici, ei si terranno scherniti da voi, e la stima e la grazia vostra negli animi loro muterà stato e condizione. Differentissima è dunque la ragione prodotta e rifiutata poi dal Kepplero; il quale, come persona conosciuta da me sempre per non men libera e sincera che intelligente e dotta, son sicuro che ei confesserebbe, il nostro detto essere in tutto diverso dal suo, e che come il suo meritò il rifiuto, questo merita l’assenso, perché è vero e dimostrativo, ben che il Sarsi s’ingegni di confutarlo.