Il Saggiatore (Favaro)/24
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Sentiamo ora il quarto argomento. "Venio nunc ad opticas rationes, quibus longe probatur efficacius, cometam nunquam vanum spectrum fuisse, neque larvatum unquam nocturnas inter tenebras ambulasse; sed uno se omnibus loco unum eumdemque, vultu quo semper fuit, spectandum præbuisse. Quæcunque enim ea sunt quæ per refractionem luminis appareant verius quam sint, ut iris, corona aliaque huiusmodi, ea semper lege producuntur, ut luminosum corpus, ex cuius existunt lumine, quocunque illud sese converterit, sequaci obsequentique motu consequantur.
Ita iris IHL, quæ, Sole existente in horizonte A, verticem sui semicirculi habet in H, si Sol intelligatur elevari ex A usque ad D, descendet ipsa ex opposita parte, et verticem sui arcus H ad horizontem inclinabit; et quo altius Sol elevabitur, eo magis iridis vertex H deprimetur: ex quo patet, eamdem semper in partem iridem moveri, in quam Sol ipse fertur.
Idem observari potest in areis, coronis et pareliis: hæc siquidem omnia, cum luminosum, a quo fiunt, certo intervallo coronent, ad illius etiam motum in eamdem semper partem feruntur. Idem etiam apertissime deprehenditur in imagine luminosa quam Sol, ad occasum flectens, in superficie maris ac fluminum formare solet: hæc enim, quo magis a nobis Sol removetur, eo etiam abscedit magis, donec, illo occumbente, evanescat.
Sit enim superficies maris visa BI, insensibiliter a plana superficie differens; sit oculus in litore positus in A, Sol primum in F; ducantur ad D radii FD, DA, facientes angulos ADB, FDE incidentiæ et reflexionis æquales in D; videbitur ergo lumen Solis in D. Descendat iam idem Sol ad G, atque, eadem ratione qua prius, ducantur a Sole G atque ab oculo A duæ lineæ, facientes cum recta BE angulos incidentiæ et reflexionis æquales: hæ coincident in puncto E, et non alio, ut est manifestum; lumen ergo Solis apparebit in E: et propter eamdem causam, Sole magis adhuc depresso in H, lumen apparebit in I. Contrarium vero accidit quotiescumque idem lumen a Sole oriente in aquis producitur: tunc enim sicuti Sol magis ad verticem nostrum accedit, ita et lumen spectanti fit propius: prius enim, verbi gratia, apparebit in I, secundo in E, tertio in D. Ex quibus quilibet intelligat, in eam semper partem isthæc apparentia moveri, in quam luminosa ipsa, a quibus producuntur, feruntur. Cum ergo ex Solis lumine cometa sine controversia producatur, Solis etiam motum sequi debuit; quod si non præstitit, inter apparentia lumina numerandus non erit. Aio igitur, in cometa nihil unquam tale observatum fuisse. Cum enim primo quo visus est die, hoc est 29 Novembris, Sol in gradu Sagittarii 6, m. 43 reperiretur, atque ad Capricornum etiam tunc tenderet, necessario singulis sequentibus diebus usque ad 22 Decembris in quocumque verticali depressior fieri debuit; et si motus hic attendatur, Sol ab æquatore magis et magis in austrum movebatur; quare si de genere refractorum luminum aut repercussorum fuit cometa, in austrum etiam ferri debuit; a quo tamen motu tantum abfuit, ut in septentrionem potius tendere voluerit; ut fortasse vel ex hoc suam Galilæo testaretur libertatem, doceretque nihil se amplius a Sole habuisse, quam homines habeant in eiusdem Solis luce ambulantes et, quo sua illos libido impulerit, libere contendentes. Quod si quis forte hoc loco aliam aliquam reflexionis refractionisve regulam a superioribus diversam invexerit, quam cometis tribuendam, nescio qua occulta prærogativa, existimet; illud saltem statuendum est, ut, quam semel admiserit motus regulam, servet postea exacte. Sit igitur, quando hoc aliquis vult, ut libet. Fuerit cometarum, non Solis motu moveri, sed contrario; ut proinde dum hic in austrum tenderet, illi in septentrionem aufugerent: debuerant ergo iidem illi, Sole ad septentrionem redeunte, in austrum contra, propter eamdem rationem, moveri. Cum ergo a die 22 Decembris, hoc est a solstitio brumali, in septentrionem iterum Sol regrederetur, debuit noster cometa in austrum contra, unde discesserat, remeare: hic tamen constantissime eumdem semper motus tenorem in septentrionem servavit: ex quo satis constare potest, nullam cum Solis motu cognationem habuisse incessum cometæ, cum, sive in hanc sive in illam partem moveretur Sol, eadem ille, qua primum cœperat, semita progrederetur."
Qual sia stato il momento de’ passati tre argomenti, si è veduto sin qui; il quale credo che anco l’istesso Sarsi non abbia reputato molto, per esser discorsi fisici, onde egli stesso nomina e stima i seguenti, presi dalle dimostrazioni ottiche, di gran lunga più concludenti e più efficaci de’ passati: indizio manifesto di non aver avuto l’intera sua soddisfazzione in quei progressi naturali. Ma avvertisca bene al caso suo, e consideri che per uno che voglia persuader cosa, se non falsa, almeno assai dubbiosa, di gran vantaggio è il potersi servire d’argomenti probabili, di conghietture, d’essempi, di verisimili ed anco di sofismi, fortificandosi appresso e ben trincerandosi con testi chiari, con autorità d’altri filosofi, di naturalisti, di rettorici e d’istorici: ma quel ridursi alla severità di geometriche dimostrazioni è troppo pericoloso cimento per chi non le sa ben maneggiare; imperocché, sì come ex parte rei non si dà mezo tra il vero e ’l falso, così nelle dimostrazioni necessarie o indubitabilmente si conclude o inescusabilmente si paralogiza, senza lasciarsi campo di poter con limitazioni, con distinzioni, con istorcimenti di parole o con altre girandole sostenersi più in piede, ma è forza in brevi parole ed al primo assalto restare o Cesare o niente. Questa geometrica strettezza farà ch’io con brevità e con minor tedio di V. S. Illustrissima mi potrò dalle seguenti prove distrigare; le quali io chiamerò ottiche o geometriche più per secondare il Sarsi, che perché io ci ritrovi dentro, dalle figure in poi, molta prospettiva o geometria.
È, come V. S. Illustrissima vede, l’intenzion del Sarsi, in questo quarto argomento, di concludere che la cometa non sia del genere de’ simulacri solamente apparenti, cagionati da reflessione e da refrazzione de’ raggi solari, per la relazione ch’ella osserva e ritiene verso il Sole, diversa da quella ch’osservano e ritengon quelle che noi sappiamo certo esser pure apparenze, quali sono l’iride, l’alone, i parelii, le reflessioni del mare: le quali tutte, dic’egli, al movimento del Sole si vanno esse ancora movendo, con tenor tale che la mutazion loro è sempre verso la medesima parte che quella del Sole; ma nella cometa è accaduto il contrario; adunque ella non è un’illusione. Qui, ancorché assai competente risposta fusse il dire che non si vede necessità veruna per la quale la cometa debba seguitar lo stile dell’iride o dell’alone o dell’altre nominate illusioni, poi che ella è differente dall’iride, dall’alone e dall’altre; tuttavia io voglio conceder qualche cosa di più dell’obbligo, purché il Sarsi nel resto non voglia aver più privilegio di me, sì che alcun modo d’argomentare che per lui dovesse esser concludente, per me poi avesse da esser reputato inutile. Per tanto io domando al Sarsi, s’ei reputa l’argomento preso dalla contrarietà dello stile osservato dalla cometa e da i puri simulacri, in contrariar quella, ed in secondar questi, il moto del Sole, sia necessariamente concludente o no? S’ei risponde di no, già tutto il suo progresso è vano, né io più vi aggiungo parola: ma se ei risponde di sì, giusta cosa sarà che altrettanto vaglia per me, per concluder che la cometa sia un’illusione, il dimostrar io ch’ella osservi lo stile d’alcun vano simulacro, in quel che appartiene al secondare o contrariare al moto del Sole. Ma per trovare tal simulacro non occorre né anco che io mi parta da uno prodotto dall’istesso Sarsi per opportunissimo a manifestamente farci conoscere, il progresso della cometa esser contrario a quello d’esso simulacro; il quale però a me pare non contrario, ma il medesimo a capello. Prenda dunque V. S. Illustrissima la sua terza figura, nella quale ei fa parallelo della cometa con la reflession del Sole fatta nella superficie del mare; dove, quando il Sole sia in H, il suo simulacro vien veduto dall’occhio A secondo la linea AI; e quando il Sole sarà in G, si vedrà il simulacro per la linea AE; ed essendo in F, il simulacro apparirà nella linea AD. Resta ora che veggiamo, mentre che il Sole ci apparisce essersi mosso in cielo per l’arco HGF, per qual verso ci apparisca essersi mosso parimente il suo simulacro rispetto al cielo, dove il Sarsi osservò il moto della cometa e del Sole: per lo che bisogna continuar l’arco FGHLMN,
e prolungar le linee AI, AE, AD in L, M, N, e poi dire: Quando il Sol era in H, il suo simulacro si vedeva per la linea AI, che in cielo risponde nel punto L; e quando il Sole venne in G, il suo simulacro si vedeva per la linea AE, ed appariva in M; e finalmente, giunto il Sole in F, il suo simulacro apparse in N. Adunque, movendosi il Sole da H verso F, il suo simulacro apparisce muoversi da L in N: ma questo, signor Sarsi, è apparir muoversi al contrario del Sole, e non pel medesimo verso, come avete creduto o più tosto voluto dare a creder voi.
Io, Illustrissimo Signore, dico così, perché non mi posso persuadere com’egli avesse avuto a equivocare in cosa tanto manifesta. Oltre che si vede anco, che nel dichiararsi usa certe maniere di dire assai improprie e non consuete, solo per accommodare al suo bisogno quello ch’accommodar non vi si può, perché non è nulla: verbigrazia, ei vede che passando il Sole da H in G, e da G in F, la sua immagine viene da I in E, e da E in D, il qual progresso IED è un vero e realissimo avvicinarsi e muoversi verso l’occhio A; e perché il bisogno del Sarsi è di poter dir che l’immagine ed il Sole si muovano pel medesimo verso, ei si risolve liberamente a dire che ’l moto del Sole per l’arco HGF sia un avvicinarsi al punto A, e che l’andar verso il vertice sia il medesimo che andar verso il centro. È, di più, forza ch’ei dissimuli di non s’accorgere d’un altro più grave assurdo, che gli verrebbe addosso quand’ei volesse sostenere che il simulacro secondasse il movimento dell’oggetto reale; perché, quando questo fusse, bisognerebbe di necessità che parimente, pel converso, l’oggetto secondasse il simulacro; dal che vegga V. S. Illustrissima quel che ne seguirebbe. Tirisi dal termine del diametro O la linea retta OR, cadente fuor del cerchio e colla BO contenente qualsivoglia angolo, e si prolunghino sino ad essa le DF, EG, IH ne i punti R, Q, P: è manifesto che quando l’oggetto reale si fusse mosso per la linea PQR, il simulacro sarebbe venuto per la IED, e perché questo è uno avvicinarsi e muoversi verso l’occhio A, e quel che fa il simulacro lo fa ancora (per detto del Sarsi) l’oggetto, adunque l’oggetto, movendosi dal termine P in R, si è venuto avvicinando al punto A; ma egli si è discostato; ecco, dunque, l’assurdo manifesto. Notisi di più, che quanto il Sarsi va considerando in questo luogo accader tra l’oggetto reale e la sua immagine, è preso come se la materia in cui si deve formare il simulacro resti sempre immobile, e solo si muova l’oggetto; ché quando s’intendesse muoversi detta materia ancora, altre ed altre conseguenze ne seguirebbono circa l’apparenze del simulacro: e però da quel che aggiunge il Sarsi, del non esser ritornata indietro la cometa al ritorno del Sole, non se ne inferirà mai nulla, se prima non si determina dello stato o del movimento della materia in cui la cometa si produsse.