Luigi Richeri

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Questo testo fa parte della raccolta Poemetti italiani, vol. XII


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IL RITRATTO


POEMETTO


DELL'ABATE


LUIGI RICHERI



     Se il titolo bastasse di poeta,
O ’l vivace desio di farti omaggio
L’ingegno ad affidar volto alla meta
Che vince in lustro l’Apollineo raggio,
5Il tuo cantore in un balen farei,
E sarian di te degni i versi miei.

     Ma sol che in te m’affisi egregia Donna,
Cui fan corona cento pregi e cento,
Che del sesso non hai fuorchè la gonna,
10E l’invidia ne sei e l’ornamento,
Tremo all’impresa e non mi vedo adatto
A ben pennelleggiar il tuo ritratto.

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     Di natura copiar il vario bello
Lo studio è de’ poeti e de’ pittori,
15Ma quando inimitabile modello
Offre forme celesti, almi colori
Ci vuole un Raffaello od un Tiziano,
A cui natura sol reggea la mano.

     Tu sei questo modello, alma Teresa,
20Ed io non sono il gran pittor d’Urbino:
Dunque dovrò lasciar sì degna impresa
E torcere dall’arduo cammino?
Ah no, si tenti: la natura invoco,
Ella doni a’ miei versi anima e fuoco.

     25Già col magico prisma fantasia
Le vario-pinte immagini m’addita,
E con aria celeste l’Armonía
Le tese corde a tasteggiar m’invita;
Sol vi manca, o Teresa, un tuo sorriso
30E divengo pittor all’improvviso.

     Dalla fronte comincio ove balena
Il sì raro candor nel tuo bel sesso,
Poscia de’ vaghi lumi la serena
Luce dipingo, ov’è quel dolce espresso,
35Di magico poter che ignota desta
Ne’ sensibili cor grata tempesta.

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     Discendo al labbro, ov’han leggiadra sede
Il riso lusinghiero, i molli baci:
Ah qui la musa il suo pennello cede
40Al nume scotitor d’accese faci;
Egli che sol di tai dolcezze è fabbro
Al vivo puote ricopiar quel labbro.

     Ecco le gote morbidette u’ ’l giglio
Alla rosa contrasta il primo impero;
45Non ha Flora il sembiante sì vermiglio,
O l’Aurora più roseo il sentiero;
Il naso profilato, il picciol mento
E la chioma che sparsa ondeggia al vento.

     Poscia il tornito alabastrino collo
50A se m’invita e ’l palpitante seno...
Ahi qui non basta il tuo favore Apollo
E la scola pittorica vien meno!
Poi, un Genio pudico mi divieta
Di quella colorir beltà segreta.

     55Già sorge il busto e i rilevati fianchi
E la gamba leggiadra e il piè sottile:
Al lavoro non è parte che manchi,
E di natura ricopiai lo stile;
Ma se vedo il ritratto e poi Teresa
60I diffetti dell’arte mi palesa.

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     Si ritocchi il lavor; vieppiù risplenda
L’artifizio dell’ombre or fosche or lievi;
Quindi quel fuoco animator discenda
Che le grazie native appien rilevi,
65Ma qui ci vuol di Pimmalione il vanto;
Nella tela non passa il dolce incanto.

     Eccomi giunto alla metà dell’opra,
Ma quella che mi resta è più sublime;
La sua bellezza interna è d’uopo i’ scopra
70Più degno scopo dell’ingenue rime;
E son qual chi dalla collina al monte
Osserva dilatarsi l’orizzonte.

     Addio terrestri scene; or mi si para
Una celeste nobil prospettiva;
75Qui sorge alla virtù magnific’ara
Che sdegna i fregi della scola Argiva.
Qui Teresa non è donna, ma Dea,
E novello di cose ordin si crea.

     Ninfe, cui rende la beltà fastose,
80E più gli omaggi che l’amor curate,
Costei vedete in cui natura pose
Quanta splender quaggiù puote beltate,
Che quasi non sapesse d’esser bella
In aria comparir di pastorella.

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     85Se poi l’udiste favellare, oh quanto
Dall’uso femminile si diparte!
Ella di mode non descrive il vanto,
O va citando romanzesche carte,
Ma seguendo le traccie del buon gusto
90S’attiene al meglio e sa colpir nel giusto.

     Pregia i talenti altrui, il suo nasconde,
Di satirico fiel non sparge i detti,
E l’impostura al doppio stil confonde;
Attragge a un tempo e sa frenar gli affetti,
95E parli o taccia, di prudenza ognora
Segue le norme e la virtude onora.

     Ama le Muse, e basterìa tal pregio
Per aver dritto a più sonoro canto;
Chè dove annida questo seme egregio
100Di sensibile cor s’unisce il vanto,
E sembra che de’ versi l’armonia
A’ dolci affetti in cor schiuda la via.

     Come fiamma riverbera sua luce,
E l’eco ripercote i chiari accenti
105Il metro soavissimo conduce
Armonici diletti e bei contenti;
Infin tra la dolcezza e poesia
Compatisce perfetta analogia.

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     Io non vo’ dir ch’abbia Teresa attinto
110Da soli carmi tanta gentilezza;
Chè profuse natura in lei l’istinto
Di grata inimitabile dolcezza,
Ond’è che forma il centro e la delizia
Di chi seco divide l’amicizia.

     115Oh nome augusto, cui profana schiera
Osa vantar nutrendo affetti pravi,
Tu di sabil piacer origin vera
Ch’hai di quest’alma le secure chiavi,
Tu sì che regni in lei soave e pura,
120Riverbero fedel della natura.

     Non è sì terso limpido ruscello,
O superficie di ridente lago,
Come il suo core d’amistà modello
Di cui sul viso ne traspar l’immago;
125Infin dell’artifizio femminile
Ella non copia l’ordinario stile.

     Ma dove lascio il maritale affetto
Che ferve in lei come nel dì primiero
Che allo sposo sensibile diletto
130Giurò sull’ara il fido amor sincero,
E la materna tenerezza ond’ella
Vezzeggia la sua prole tenerella.

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     Ah questo vanto i fregi suoi corona
E corona pur anche il mio ritratto;
135Dalle rive del florido Elicona
Scendo e la cetra ed i pennelli adatto,
Poscia ne’ miei pensieri irresoluto
Non so se rechi a lei l’umil tributo.

     Ella sdegna le lodi e pur minori
140Sono del ver in quest’abbozzo mio;
Invano co’ poetici colori
Tentai ritrarre quel fulgor natìo,
E rivedendo la mia rozza tela
I miei difetti e il folle ardir rivela.

     145Dunque che fo tra sì contrarie voglie?
Musa che già grata accoglienza avesti
Da Teresa gentil, alle sue foglie
Perchè di gir ricusi e il piede arresti?
Se il ritratto non è degno di Lei,
150Ebber la colpa in sì formarla i Dei.