Il Re Torrismondo/Atto quarto/Scena quarta

Atto quarto - Scena quarta

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SCENA QUARTA

TORRISMONDO, INDOVINO, CORO

TORRISMONDO

Lasso! quinci Fortuna, e quindi Amore
Mille pungenti strali ognor m’avventa,
Nè scocca a voto mai, nè tira indarno.
I pensier son saette, e ’l core un segno,
Della vittoria è la mia vita il pregio,
Giudici il mio volere, e ’l mio destino:
Nè l’un, nè l’altro arciero ancora è stanco.
Che fia? misero me! per caso, od arte

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Quasi mi si rapisce, e mi s’invola
Una sorella, e d’esser mia ricusa:
E l’altra, oimè! non trovo, e non racquisto,
E non ristoro e ricompenso il danno.
El cambio manca; ove mancò la fede,
Acciocch'offrir non possa al Re Germondo
Cosa degna di lui, ma vana in tutto
Sia come l’impromessa. Altro consiglio
Sorella per sorella, o sorte iniqua,
Già supponesti nella culla, e ’n fasce;
Ed or me la ritogli anzi la tomba,
E l’altra non mi rendi. O speco, o selve,
In cui già la nutrìr leggiadre Ninfe,
O della terra algente orridi monti,
O gioghi alpestri, o tenebrose valli,
Ove s’asconde? o ’n qual deserta piaggia,
In qual isola tua solinga ed erma,
O gran padre Ocean, nel vasto grembo
Tu la circondi? andrò pur anco errando,
Andrò solcando il mare, andrò cercando
Non la perduta fede, e chi l’insegna,
Ma come possa almen coprire il fallo?

CORO

Ecco, Signore, a voi già viene il Saggio,
A cui sol fra’ mortali è noto il vero,
Da caligini occulto, e da tenebre.

TORRISMONDO

O Saggio, tu che sai (pensando a tutto
Quel che s’insegna al mondo, o si dimostra)
I secreti del Cielo, e della terra,
Dimmi, se mia sorella è in questo regno.

INDOVINO

Ahi, ahi! quanto è ’l saper dannoso, e grave,

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Ove il Saggio non giovi! E ben previdi,
Ch’io veniva a trovar periglio, e biasmo.

TORRISMONDO

Per qual cagion tu sei turbato in vista?

INDOVINO

Lasciami, nol cercar, nulla rilieva,
Che ’l mio pensier si scopra, o si nasconda.

TORRISMONDO

Dimmi, se mia sorella è in questo regno.

INDOVINO

È dove nacque, e dove nacque or posa,
Se pur ha posa, e non ha posa in terra.

TORRISMONDO

Dunque in terra non è?

INDOVINO

Non posa in terra,
Ma poserà, dove tu avrai riposo.

TORRISMONDO

Quale agli oscuri detti oscuro velo
Intorno avvolgi, o quale inganno, od arte?
Dimmi se mia sorella è in questo regno.

INDOVINO

Tu medesmo t’inganni: è tua la frode,
Perchè tu la facesti; e teco alberga.

TORRISMONDO

Se non è il tuo saper vano, com’ombra,
Discopri tu l’inganno, e tu rivela
Se la sorella mia tra’ Goti or vive.

INDOVINO

Vive tra’ Goti.

TORRISMONDO

Ed in qual parte, e come?
È quella forse che stimava, od altra?

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S’altra; dove s’asconde, o si ritrova?

INDOVINO

E l’altra, ed u’si trova, ancor s’asconde,
E la ritroverai da te partendo,
E servando la fede.

TORRISMONDO

Intrichi ancora
Gli oscuri sensi di parole incerte,
Per accrescer l’inganno, e ’nsieme il prezzo
Delle menzogne tue. Parlar conviensi,
Talchè si scopra in ragionando il falso.

INDOVINO

È certo il tuo destin, la fede incerta.
Ma, se quant’oro entro le vene asconde
L’avara terra, a me nel prezzo offrissi,
Altro non puoi saper; ch’il Fato involve
L’altre cose, che chiedi, al nostro senso,
E lor nasconde entro profonda notte.
Ma pur veggio nascendo il gran Centauro
Saettar sin dal Cielo, e tender l’arco;
E la belva crudel, ch’irata mugge,
Con terribil sembianza uscir dell’antro,
E paventare il Vecchio: e ’l fiero Marte
Oppor lo scudo, e fiammeggiar nell’elmo,
E colla spada, e fulminar coll’ asta.
Veggio, o parmi veder, del vecchio Atlante
Appresso il cerchio; e ’l gran Delfino ascoso,
E stella minacciar più tarda e pigra.
E la Vergine io veggio, amica all’arti,
Turbata in vista: e la celeste Libra
Con men felici e men sereni raggi:
E cader la corona in mezzo all’onde.
Nè dimostrar benigno e lieto aspetto,

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Chi scuote dalle nubi il Ciel tonando,
O pur la mansueta, e gentil figlia.
Ma ’l superbo guerrier la mira, e turba.
E lascivi Animali ancora io sguardo,
A cui vicino è Marte, e vibra il ferro:
E i duo Pesci lucenti il dorso e ’l tergo,
L’uno a Borea innalzarsi, e l’altro scendere
All’Austro, e di tre giri, e di tre fiamme
Acceso il Cielo; e da quel nodo avvinto
Tre volte intorno, e minacciando appresso
Il fero Sol, che regge il quinto cerchio.
E pien d’orrore ogni altro, e di spavento
De’segni, e degli alberghi empio tiranno,
Girando intorno ir con veloce carro,
O signoreggi a sommo il Cielo, o caggia.

CORO

Vero, o falso che parli, ei solo intende
Le sue parole, e ’l suo giudicio è incerto
Non men del nostro. E se l’uom dar potesse
Per sapíenza sapíenza in cambio,
Aver potrebbe accorgimento, e senno,
Quanto bastasse a ragionar co’ Regi.

INDOVINO

Lasciamlo. Or trovi le spelonche, e i monti,
Ove nulla impedir del Ciel notturno
Gli può l’aspetto. Ivi a sua voglia intenda
A misurarlo, a numerar le stelle,
E con danno minor sè stesso inganni,
Se così vuole.

INDOVINO

Anzi ch’al fine aggiunga
Una di quelle omai fornite parti,
Delle cui note ho questo legno impresso,

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A cui la stanca mia vita s’appoggia,
I miei veri giudicj, or presi a scherno,
O tu superba Arana, o reggia antica,
Ch’or da te mi discacci, a te fian conti.