Il Re Torrismondo/Atto quarto/Scena quinta

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SCENA QUINTA

FRONTONE, TORRISMONDO

FRONTONE

Qual fortuna, o qual caso or mi richiama,
Dopo tanti anni di quíete amica,
Alla tempesta del reale albergo,
La qual sovente ella perturba, e mesce?
O felice colui, che vive in guisa,
Ch’altrui celar si possa, o ’n alto monte,
O ’n colle, o ’n poggio, o ’n valle ima e palustre!
Ma dove ella non mira? ove non giunge?
Qual non ritrova ancor solinga parte?
Ecco mi tragge pur da casa angusta,
E mi conduce al Re. Sia destra almeno
Questa, che spira alla mia stanca etade
Aura della Fortuna, e sia tranquilla.
Al vostro comandare or pronto io vegno,
Invitto Re de’ Goti.

TORRISMONDO

Arrivi a tempo,
Per trarmi fuor d’inganno: or narra il vero,
Questa, che fu creduta, è mia sorella?

FRONTONE

Non nacque di tua madre.

TORRISMONDO

E in questo errore

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Ella tant’anni si rimase involta?

FRONTONE

Così piacque a tuo padre, e piacque al Fato.

TORRISMONDO

Ma dappoi ch’ebbe me prodotto al mondo,
Altri produsse? o stanca al primo parto,
Steril divenne ed infeconda madre?

FRONTONE

Steril non già, ch’al partorir secondo
Fece d’una fanciulla il Re più lieto.

TORRISMONDO

E che avvenne di lei?

FRONTONE

Temuta in fasce
Fu per fiero destin dal padre istessso .

TORRISMONDO

E qual d’una fanciulla aver temenza
Re forte, e saggio debbe?

FRONTONE

Avea spavento
Del minacciar delle nemiche stelle:
Chè lei crescendo di bellezza e d’anni,
A te morte predisse, a noi servaggio,
Il fatal canto dell’accorte Ninfe,
Che pargoletta la nutrir nell’antro.

TORRISMONDO

Chi lunge la portò dal verde speco?

FRONTONE

Io: così volle il padre, e volle il Cielo.

TORRISMONDO

In qual parte del mondo?

FRONTONE

Ove non volli,

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Nè ’l Re commise; anzi portati a forza
Fummo ella, ed io; ch’altro voler possente
È più di quel de’ Regi, e d’altra forza.

TORRISMONDO

Ma dove la mandava il Re mio padre?

FRONTONE

Sin nel Regno di Dacia: ed ivi occulta
Si pensò di tenerla al suo destino;
Ma fu presa la nave il terzo giorno,
Ch’ambo ci conducea per l’onde salse,
Da quattro armati legni, in cui, turbando
Del gran padre Oceano i salsi regni;
Gian con rapido corso e con rapace
I ladroni del mar fieri Norvegi:
E fu divisa poi la fatta preda;
Ed io nell’uno, ella nell’altro abete
Fu messa: io tra prigioni, ella tra donne:
Io di catene carco; ella disciolta.
E rivolgendo in ver Norvegia il corso,
In un seno di mar trovammo ascosi
Molti legni de’ Goti, anch’essi avvezzi
Di corseggiare i larghi ondosi campi,
Da’ quali appena si fuggì volando,
Come alata saetta, il leggier legno,
Ov’era la fanciulla: e fu repente
Preso quell’altro, ove legato io giacqui.
E ’1 duce allor di quelle genti infide
Pur in mia vece ivi rimase avvinto.

TORRISMONDO

Ma sai tu qual rifugio, o quale scampo,
Avesse il legno, il qual portò per l’onde,
Troppo infeliee, e troppo nobil preda?

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FRONTONE

In Norvegia fuggì, se ’l ver n’intesi
Da quel prigione.

TORRISMONDO

E che di lei divenne?

FRONTONE

Questo non so; perchè in quel tempo stesso
Il Re prevento fu d’acerba morte;
E nuove morti appresso, e nuovi affanni
Turbár de’ Goti, e de’ Norvegi il regno.

TORRISMONDO

Ma del ladro marin contezza avesti?

FRONTONE

L’ebbi di lor, perchè fratelli entrambi
Furo, e di nobil sangue, e ’n aspro esiglio
Cacciati a forza: e prigionier rimase
Aldano, e lunge si ritrasse Araldo.
Ma quel che vi restò; fra noi dimora.