Il Partigiano D'Artagnan/Capitolo VII

Capitolo VII - La scelta nella resistenza

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L’officina dove ero occupato fu trasferita a Milano e diretta da un comando nazista, chi voleva trasferirsi sarebbe stato agevolato per abitazione e vitto, alcuni andarono, altri cercarono attività diverse. Io restai a Roma ancora per alcuni giorni, poi mi trasferii a Persiceto, in Via Permuta presso il nonno materno Forni Ernesto.

In seguito alle esperienze avute a porta S. Paolo, presi una decisione: avrei operato contro l’invasore e criminale nazista.

Il viaggio verso Persiceto non fu facile, vi era una calca tremenda, per due o tre volte il convoglio fu fermato dai tedeschi che cercavano militari italiani anche in borghese, da inviare poi nei campi di concentramento in Germania. Io esibivo il congedo di esonero e un documento della ditta che ormai lavorava per loro, mi facevano un saluto e via: altri, trovati sprovvisti di documenti validi, alla prima stazione li facevano scendere.

Il treno si fermò a Bologna - S. Rufillo, oltre non si andava perché pochi giorni prima era stata bombardata la stazione. Scesi e, con la mia valigia, attraversai la città; molte bombe erano cadute sull’abitato, mucchi di pietre, travi e calcinacci a volte ostruivano completamente la via, altre volte una grossa voragine interrompeva la strada, ogni tanto si vedeva qualche persona frugare tra le macerie, per cercare qualcuno o qualche cosa; il resto di Bologna era deserto. Senza intoppi arrivai a Borgo Panigale e mi diressi verso Persiceto a piedi. Dopo alcuni chilometri mi trovai dietro ad un carrettiere con un cavallo tanto scalcinato che l’avevo raggiunto, chiesi dove andava e se mi concedeva un passaggio; acconsentì, anche lui era diretto a Persiceto.

Durante il viaggio si parlava della guerra, delle bombe, della fame, delle condizioni alimentari dei persicetani che non erano certo da paragonare a quelle dei romani: a Roma c’era la tessera come qui, ma là c’era solo quella e la razione giornaliera si consumava tutta a colazione. In breve tempo i nazisti, dopo aver liberato Mussolini, gli avevano fatto costituire una repubblica detta di Salò, perché là era ubicato il comando, incapace di governare, ma che sapeva ubbidire. Anche quando Hitler aveva instaurato un’amministrazione civile nazista a Bolzano, a Trento, a Trieste e ipotizzava mire su tutto il Veneto, il governo Mussolini non disse una sola parola, per contraddire "il padrone". Poi si costituì la Brigata Nera che, sotto diverse sigle, era una forza armata, sempre agli ordini nazisti e molto spesso li emulava nell’uccidere e nel torturare.

Io avevo visto altri popoli opporsi all’invasore, organizzandosi in gruppi clandestini, gli slavi, i francesi, i russi stessi nelle varie sacche che i tedeschi avevano fatto, erano riusciti a creare un’organizzazione di militari alla macchia. Perché anche in Italia non si costituiva qualcosa di simile? Ed effettivamente si formò il Comitato di Liberazione Nazionale, un organismo del quale facevano parte tutte le rappresentanze politiche antifasciste: Democrazia Cristiana, Partito d’Azione, Partito Socialista, Partito Comunista, Partito Repubblicano... ne era comandante il gen. Cadorna, vice comandante Longo.

Venendo a Persiceto, pensavo di seguire quella stessa strada, anche se ardua per mancanza di esperienza. Ora il compito di tutti era organizzarsi per una sollevazione generale che, prima o poi, si sperava di realizzare. ‛’