Il Parlamento del Regno d'Italia/Pietro Araldi-Erizzo

Pietro Araldi-Erizzo

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Francesco Borgatti Giuseppe Brizio Falletti
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[p. XXX modifica]Pietro Araldi-Erizzo.

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Da quel marchese Carlo Araldi sì dotto in scienze matematiche e nella lingua e letteratura greca e latina da esser chiamato da Ferdinando III di Toscana, ch’era principe illuminato, a precettore ed ajo del proprio figlio, e da Matilde dell’antica prosapia de’ principi Erizzo di Venezia nacque in Cremona nel febbrajo del 1821 il marchese Pietro, del quale diamo qui le notizie biografiche.

Di salute gracilissima a segno da ispirare le più vive apprensioni ai suoi genitori, il nostro protagonista trascorse una fanciullezza ed un’adolescenza prive degl’innocenti sollazzi che ci rendono poi così dolce il ricordar quell’età, e dovette a più riprese sospendere affatto gli studî, che avrebbe con ardore seguiti, ma che gli sarebbero riusciti fatali, ove non lo si fosse astretto per non brevi intervalli ad interromperne il corso.

Ma il delicato sentire e la saldezza de’ patrî sensi durante quella fisica gracilità dell’Araldi non istettero però dallo svilupparsi con molta energia, talchè non appena incominciò più viva in Italia quell’agitazione, che scoppiò di poi violenta nel 1848 il giovinetto patrizio non fu degli ultimi nella sua città natale a prendervi parte. E i suoi concittadini, consapevoli di quanto avesse operato l’Araldi, non appena fuggiti gli [p. 127 modifica]oppressori stranieri, lo elessero a podestà di Cremona, carica ch’ei sostenne con tutta onorevolezza ed operosità fino all’epoca del funesto ritorno degli Austriaci.

Emigrato in Piemonte dopo quel fatal momento, s’indusse ad accettare l’amnistia ed a rientrare in patria, una volta che la battaglia di Novara di luttuosa memoria — Palestro e San Martino lavarono quella onta! — sembrò ribadire alle italiane braccia le catene dello straniero servaggio.

Ritrattosi nelle sue campagne, visse durante questo lungo decennio sordo alle seduzioni dell’Austria, costante nella sua affezione verso la patria, ricuperando poco a poco la speranza di vederla presto risorgere a novella vita, e cooperando e col consiglio e col denaro a sviluppare e ad ajutare nella sua cerchia il nuovo movimento.

Alla vigilia dello scoppiar della guerra, temendo a ragione gli effetti della vendetta austriaca, si refugiò in Piemonte, e non rientrò in Cremona che allorquando le splendide vittorie delle armate liberatrici ebbero per la seconda ed ultima volta cacciato dalle vie della nativa città le abborrite insegne nemiche.

Nominato in via provvisoria dal nostro magnanimo re a podestà di Cremona, fu poi nelle pubbliche elezioni municipali confermato da’ propri concittadini in sì elevata carica. Quasi contemporaneamente Sua Maestà il creava ufficiale dell’ordine Mauriziano e lo intitolava governatore del suo real palazzo in Cremona; indi a poco gli conferiva la somma dignità di senatore del Regno.