Il Parlamento del Regno d'Italia/Giuseppe Checchetelli

Giuseppe Checchetelli

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Amedeo Chiavarina di Rubiana Sansone D'Ancona
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Appartiene ad un’umile famiglia della cittadinanza romana; è uomo di grande onestà e di un patriotismo a tutta prova. Egli si trovava nella qualità di ragioniere presso una delle più cospicue casate di Roma, quella del principe Pallavicini fratello al Rospigliosi, quando, messosi innanzi coraggiosamente in quel gran partito che a Roma tien desto lo spirito nazionale, e mira a suscitarlo di giorno in giorno vieppiù nell’animo della popolazione, compromesso gravemente per le rivelazioni fatte durante il processo Venanzi, onde sfuggire alla cruda sorte riserbatagli dagli sgherri papalini, si sottrasse colla fuga all’intimatogli arresto, e si ritrasse a salvamento in Torino. Membro di quel comitato romano, che si è tanto adoperato nell’interesse della patria unità, è [p. 744 modifica]noto ad ognuno come egli valga tuttora a dirigerne con molta abilità le fila, tanto che può dirsi non si faccia passo dai liberali della città eterna, senza che il Checchetelli lo abbia ordinato, o almeno ne sia stato avvertito. Noi possiamo dunque asserire senza tema di andare errati che il Checchetelli, standosi a Torino, come egli vi sta attualmente, contribuisca in massimo grado a serbar accesa in Roma la fiamma inestinguibile del patrio amore, e giovi a mantenere viva quell’agitazione la quale contribuisce tanto allo sgomento dei clericali, ed è una protesta continua contro le loro sevizie. Ognun comprende quanto l’azione energica del popolo romano, che ben presto, dietro i patti della recente convenzione conclusa colla Francia, sarà libera di manifestarsi in tutta la sua pienezza, varrà in un avvenire assai prossimo a pronunciare la definitiva condanna del potere temporale e a proclamare l’antica città dei Cesari a capitale del regno d’Italia.

Un collegio dell’Umbria ha eletto a proprio rappresentante in seno al Parlamento nazionale il Checchetelli, dandogli così, e dando a tutta la penisola, un attestato splendidissimo del conto in cui egli è tenuto dai propri compaesani.