Il Parlamento del Regno d'Italia/Giuseppe Biancheri

Giuseppe Biancheri

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Francesco Colombani Luigi Castellani Fantoni


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GIUSEPPE BIANCHERI


deputato.


Il Petrucelli nel suo curioso libro i Moribondi del Palazzo Carignano definisce nel seguente modo il terzo partito:

«Tutte le nuances di questo partito comprendono, per ora, una trentina o poco più di membri, i quali non prendono l’iniziativa d’una riforma o d’un cangiamento, ma che pongono una certa inerzia alla politica del conte di Cavour o del barone Ricasoli. Gli è un non possumus non motivato. Ora perchè l’opposizione abbia un valore ed una forza, bisogna che sia franca e recisa, bisogna che miri alle cose più che alle persone; bisogna che abbia uno scopo chiaro; che abbia non solamente dei capi, ma dei soldati; che la si comprenda, che la s’intenda, che abbia un piano, un metodo di attacco, una conoscenza fina e sicura delle forze del nemico; che mostri dell’audacia; che abbia un fondo, una riserva, dei coups de Jarnac, che si parli de ses enfants perdus... e che so altro. Ebbene, il terzo partito non possiede nulla di tutto ciò, eccetto un capo eminente — il commendatore Rattazzi — il quale li copre tutti dell’autorità del suo nome. I partigiani di questa frazione di sinistra sono certamente degli uomini rimarchevoli, come individui che hanno fatto le loro armi nelle lettere, nelle scienze, nelle rivoluzioni, nelle zuffe degli articoli della stampa. Essi rappresentano tutte le brillanti molecole dell’anima e del cuore d’Italia; ma collettivamente le loro [p. 719 modifica]forze sono paralizzate dalla mancanza di carattere politico. Essi dubitano di sè stessi e del principio della rivoluzione che si lusingano di rappresentare. Essi si credono democratici... Dio santo! democratici di carta dipinta!»

Al Biancheri non si può applicare in tutto e per tutto questa definizione. Egli è uomo di mente e di cuore, deputato assiduo, eccellente cittadino, oratore che non manca di chiarezza e di facondia, di energia e di spontaneità. — Certo non si può non deplorare ch’egli siasi, per così dire, infeodato alla bandiera del Rattazzi.