Il Parlamento del Regno d'Italia/Filippo Mellana
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deputato.
È uno dei più strenui campioni del partito rattazziano, pel quale ha rotto con forza inaudita un numero infinito di lance in seno alla Camera. Noi non possiamo disgraziatamente riuscire a dare un’idea abbastanza chiara ai nostri lettori del genere tutto speciale di eloquenza del quale va fornito il Mellana. Per coloro che lo conoscono, almeno di figura, potrebbe darsi che riuscisse cosa meno difficile il farsene una qualunque immagine, qualora lor si dicesse che appunto i discorsi proferiti dal campione del terzo partito hanno molta analogia colla di lui capigliatura; folte, scomposte, anzi, arruffate ha le chiome, nell’istessa guisa appunto in cui concitate, impetuose, sconnesse gli escono dalla bocca le parole. Non è a dire con ciò che il Mellana sia un povero oratore, o un oratore da prendersi a gabbo dal partito ch’egli si studia di combattere. No; se la veste della quale il Mellana ricopre le sue aringhe è disadorna e negletta, non può dirsi tuttavia che i di lui ragionamenti manchino di profondità di concetto, di abilità di tattica, e sopratutto di sale epigrammatico pungentissimo. Egli è ben raro che quando il Mellana parla, il che poi non gli avviene tanto di frequente, tutta quanta la Camera non istia ad orecchie tese per udirlo, alternando le risa cogli applausi. E le risa escono tanto più inresistibili dalle chiostre dei denti degli onorevoli, inquantochè il Mellana è uno di quegli uomini, i quali dicono le cose le più buffe del mondo, con la faccia la più seria che sia. E quando queste risa arrivano a tanto da interrompere l’oratore, il chè non di rado avviene, il Mellana sembra non solo maravigliarsi, ma quasi anche stizzirsi, che si possa esilararsi a cagione dei suoi frizzi o delle sue sortite di un comico impareggiabile; ma, lo ripetiamo, malgrado tuttociò l’argomentare del Mellana e serrato, e se avvi un difetto nella corazza del proprio avversario, ei lo distingue, e vi fere o di punta o di taglio in modo che arriva a toccare la parte viva. E il conte di Cavour che l’ha sempre avuto contro, non mancava di aggrottare talvolta le sopracciglia, quando vedeva il Mellana sorgere a combattere una qualche sua proposta.
Dobbiamo però constatare che dopo la morte del grand’uomo la verve del Mellana sembra alquanto diminuita, e ove si eccettuino i due discorsi da esso proferiti l’uno contro il ministero Ricasoli, nella famosa seduta serale in cui tirò fuora quel tal dispaccio anonimo sulla dimissione del Lamarmora, e l’altro pronunziato in difesa del crollante ministero Rattazzi (che a dir vero fu giudicato inferiore alla circostanza ed all’uomo) si può dire che non siasi più ascoltato tuonare con la primitiva energia e coll’antico successo la rauca voce del campione del terzo partito. Ciò non toglie ch’ei non abbia presa una certa tal qual parte nelle discussioni avvenute in seno alla Camera a proposito delle ultime leggi finanziarie; ma in verità si può assicurare che le orazioni dette in tali occorrenze dal Mellana non raggiungessero affatto quell’apice di sottile, piccante, satirico e veemente ragionare, ond’ei si distingueva cotanto nei trascorsi tempi.