Il Leone di Damasco/Conclusione

Conclusione

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XXIV. La battaglia di Lepanto

Conclusione


La grande vittoria navale, la più gigantesca ottenutasi nel mondo, non ebbe nessun effetto per i segreti disegni di Filippo II, il quale non voleva che Venezia riacquistasse la antica potenza e l’antico splendore.

Gli alleati invece di approfittare dello sgomento dei mussulmani e della distruzione completa della loro superba flotta, per correre alla conquista di Cipro o alla liberazione di Candia, che resisteva sempre, risollevarono le antiche questioni, le antiche rivalità, e malgrado gli sforzi disperati di Sebastiano Veniero si scioglievano, senza aver più nulla tentato.

La disgraziata Repubblica, malgrado il valore dei suoi capitani e dei suoi marinai, venne così ancora a trovarsi sola contro i mussulmani, poiché solamente i Cavalieri di Malta la potevano aiutare.

Sebastiano Veniero sdegnato, anche perché la Spagna aveva insistito per mettergli a fianco un altro comandante, e concedergli solamente il comando della piccola squadra dell’Adriatico, tornava in patria dove fu accolto con grandissimi onori.

Questo grande marinaio che fu il vero vincitore della battaglia di Lepanto, moriva Doge il 3 marzo del 1578, nella tarda età di ottantadue anni, e veniva sepolto nella Chiesa di San Pietro Martire a Murano.

Intanto Candia continuava a difendersi ferocemente, e ben vent’anni durò l’assedio.

Quando gli ultimi difensori si arresero, non erano che quattromila, o meglio, eran quattromila ombre, però dai mussulmani furono tutti risparmiati. La popolazione era scomparsa. La fame, le bombe, i disagi, avevano spazzato via uomini, donne e fanciulli.

Tuttavia Venezia, nella resa di quella eroica città, potè ottenere dai mussulmani due piccoli porti per i loro traffici in Candia, porti che dopo pochi anni dovevano anche quelli vedere sventolare sulle loro spiagge l’odiato vessillo della Mezzaluna.