Il Dio dei viventi/XVI
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La casa del dottore era ancora una povera abitazione di contadini, col cortiletto recinto di un muro basso; nella stanza terrena dove egli riceveva, uno scaffale con libri rilegati, un armadio a vetri e una lunga tavola dov’egli faceva stendere i clienti erano i soli arredi della sua professione.
Egli guadagnava moltissimo, perchè oltre ad aver la condotta per i poveri, si faceva pagare dai ricchi, ed era chiamato anche in altri paesi per consulti e operazioni: possedeva inoltre terreni e bestiame; eppure viveva miseramente sempre più avido di denaro.
Mentr’egli disinfettava la mano di Bellia, le galline e il cane si affacciavano liberamente alla porta della stanza che dava sul cortile, e pareva osservassero quel che avveniva là dentro: e a sua volta Bellia si divertiva a guardare i gattini neri saltellanti intorno alla giovine madre stesa al sole che offriva loro le mammelle color viola.
D'improvviso un ragazzo spinse con violenza il portone ed entrò di corsa fino alla stanca.
— Che il dottore venga subito, — disse ansando, eppur guardando intorno curioso. — il vicario sta molto male; ha vomitato tanto sangue.
— Vomita ancora? — domandò con ironia il dottore.
— No: adesso ha cessato.
— E allora va. Verrò fra poco; va: chiudi il portone.
Il ragazzo guardava la mano di Bellia e non se ne andava.
Allora Zebedeo lo spinse verso il cortile, irritato; perchè avrebbe voluto che non si sapesse del male del figlio.
Il dottore, divenuto improvvisamente loquace, sparlava del vicario.
— Speriamo si decida una buona volta a crepare. È là aggrappato alla cassetta della chiesa come un naufrago alla sua tavola. Vuol rifarsi del sangue che vomita col denaro che succhia ai poveri. E poi facesse il suo dovere: quando lo cercano per le funzioni sacre sta male: quando si tratta di ritirare la prebenda sta benissimo.
— Avrà bisogno di denari. — disse Bellia.
E il dottore, mentre gli fasciava la mano, si mise a discorrere seriamente con lui.
— Macchè bisogno! È solo, non ha madre nè padre nè parenti; ne ha anche troppi di denari. Cento volte gli dissi: ma ritirati, va in riva al mare, fa una cura.
— Già, e allora i soldi della prebenda chi se li piglia? E allora crepa. I denari, credi pure, figlio mio, sono la rogna del mondo.
— Ma senti chi parla! — pensava Zebedeo; mentre Bellia diceva ridendo:
— Oh io per me quanti ne ho ne spendo. Il guaio è che non ne ho.
— Li avrai anche tu un giorno; ne avrai troppi anche tu; speriamo te li godrai.
Zebedeo sentiva voglia di fargli le fiche sotto gli occhi, ma in fondo era soddisfatto che egli trattasse bene Bellia. Sia contento Bellia, tutto il resto non importa.
E mise la mano sotto il risvolto del cappotto per trarre il portafogli; in quel momento era felice e avrebbe pagato la visita anche cento lire se il dottore glie le avesse chieste.
— Quanto è per il tuo disturbo, Antonino?
Il dottore rimetteva in ordine i suoi strumenti; non rispose.
— Antonino....
— E andate, c’è tempo! — gridò infine di mala maniera.
— C’è tempo, — pensava Zebedeo rabbuiandosi, mentre se ne andava col figlio.
— Dunque il male può continuare.