Capitolo XXIV

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Gaio Sallustio Crispo - Il Catilinario (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Bartolomeo da San Concordio (XIV secolo)
Capitolo XXIV
XXIII XXV
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CAPITOLO XXIV.


Ambasceria di G. Manlio a Marzio Re.


Quando queste cose a Roma si facevano, G. Manlio mandò suoi ambasciadori a Marzio Re, il quale era mandato contra lui, siccome detto è di sopra. L’ambasciata fu cotale: Noi chiamiamo per testimoni Dio e gli uomini, o imperadore, che noi non avemo prese arme contra nostra patria, nè per fare pericoli a niuna persona1, ma per difendere e sicurar noi medesimi2 dalia ingiuria de’ Romani: noi, li quali semo miseri bisognosi per forza e per crudeltà d’usurieri, e molti di noi scacciati e dipartiti dalla città, e tutti scacciati da fama e da ventura buona. Nè non fu licito nè conceduto a niuno di noi usare la legge e li statuti di nostri maggiori, nè che, perduto il nostro patrimonio, noi fossimo liberi: tanta fu la crudeltà degli usurieri e del giudice. Spesse fiate li nostri maggiori, avendo misericordia del popolo minuto3, per loro ordinamenti e leggi provvedono alla lor povertà; e alla per fine nel nostro tempo, avendo il popolo gran debito, fu tutto pagato dal comune di volontà di tutti i buoni uomini4. Spesse fiate esso popolo, o per volere aver la signoria, o per la grande soperchianza de’ signori5, prese arme e partissi da’Padri. Ma noi non domandiamo signoria nè ricchezza, per le quali sono tutte le guerre e le battaglie fra gli uomini6; anzi domandiamo e cerchiamo libertà, la quale niuno buono uomo perde mai, se non insieme coll’anima (a)7. Onde noi preghiamo e scongiuriamo te e il senato, che voi diate consiglio a’ miseri cittadini8; e che l’ajuto della legge, il qual tolse loro [p. 38 modifica]la iniquità del giudice, che voi lo rendiate; e che voi non ci arrechiate a tal necessità, che ci convenga pensare in che modo noi, forte vendicando lo sangue nostro, dobbiamo perire.

A queste cose Q. Marzio rispose: che, s’egli voleano niuna cosa domandare dal senato, lasciassono l’arme, e umilmente andassono a Roma: chè la misericordia e la mansuetudine del senato e del popolo romano è sempre suta tanta, che giammai niuno ha domandato da loro ajuto indarno, e che ricevuto non l’abbia.

Note

  1. nè per fare pericoli a niuna persona) Far pericolo ad alcuno vale fare che egli incorra in pericolo, recargli danno, ingiuria.
  2. per difendere e sicurar noi medesimi) Sicurare è lo stesso che assicurare.
  3. avendo misericordia del popolo minuto) Minuto, oltre del proprio suo significato di piccolissimo, bellamente si usa eziandio, come in questo luogo, aggiunto ad uomo, e vale plebeo, di bassa condizione, che anche si direbbe minuale. Onde il Boccaccio nella introduzione al suo Decamerone disse: Della minuta gente, e forse in parte della mezzana, era il ragguardamento di molto maggior miseria pieno.
  4. Manca: argentum aere solutum est.
  5. o per la grande soperchianza de’ signori) Si noti la voce soperchianza, che propriamente vale superfluità, soprabbondanza, ma qui sta per ingiuria fatta altrui con vantaggio, vantaggio oltraggioso, soperchieria nel qual sentimento oggi più volentieri si userebbe.
  6. e per le quali,sono tutte le guerre e le battaglie fra gli uomini) Si noti bell’uso del verbo essere, che è qui adoperato alla latina, per avvenire, accadere: ed ecco le parole del testo: At nos non imperium neque divitias petimus, quorum rerum caussa bella atque certamina omnia inter mortalis sunt. Potrebbesi questo esempio aggiungere al vocabolario, il quale non ne ha di prosa,che uno solo di Franco Sacchetti, ma non così chiaro e spiccato.
  7. (cioè colla vita sua).
  8. che voi diate consiglio a’ miseri cittadini) Dar consiglio in sentimento di provvedere, sovvenire, non si trova nel vocabolario; ma consiglio in sentimento di provvedimento, compenso, riparo, è registrato con un esempio dell’Ariosto. Qui a prima giunta taluno potrebbe credere che il traduttore non avesse bene inteso la forza delle parole consulatis miseris civibus; ma noi avvisiamo che frate Bartolommeo avesse voluto far toscana la maniera latina: e nondimeno non sapremmo consigliare a’ giovani di volerlo in questo imitare, dappoichè, così facendo, si potrebbe ingenerare equivoco nella mente di chi legge.