Come già accennato in precedenza, il giorno 9 febbraio 1978, presso il Municipio di Teramo, dinanzi all’allora Segretario Generale, Dott. Giuseppe Sorbo, in virtù della deliberazione del Consiglio Comunale del 28 febbraio 1974 n. 13, comparvero il Dott. Gennaro Della Monica, nipote dell’Artista ideatore del Castello, e il Prof. Gennaro Valeri, all’epoca Assessore delegato a sottoscrivere l’atto, essendo il Sindaco assente. In quell’occasione, fu redatto l’atto con il quale il complesso del Castello Della Monica venne trasferito in proprietà al Comune di Teramo, in cambio della concessione di alcune aree edificabili, a vantaggio della famiglia Della Monica, in località Piano Della Lenta.
In particolare, all’interno del Borgo Medioevale, furono interessati al trasferimento di proprietà l’edificio principale, ossia il Castello vero e proprio, le dipendenze del Castello, ossia due piccole strutture che si affacciano sul lato sud, il fabbricato che, sul lato est, si apre su Via Camillo De Lellis e l’intero giardino del complesso. Non fu interessato, invece, un ultimo edificio, che oggi si affaccia direttamente sull’imbocco di Viale Cavour e che costituisce la prima struttura visibile del Borgo Medioevale per chi proviene dalla Piazza Garibaldi: tale fabbricato è ora, diversamente dagli altri, di proprietà privata e, recentemente ristrutturato, è stato destinato a civile abitazione con diverse unità immobiliari.
Al momento della stipulazione dell’atto di permuta, nei diversi edifici del complesso vigevano undici contratti di locazione già stipulati con la famiglia cedente e quindi trasferiti in capo all’Amministrazione Comunale. Lo stesso Gennaro Della Monica ottenne dal Comune di poter utilizzare ancora per qualche anno, a titolo di comodato, una parte del Castello come abitazione.
Di sicuro interesse è l’articolo 9 del suddetto atto di permuta, che prevede espressamente che «il Comune di Teramo acquista l’immobile di cui trattasi per destinarlo esclusivamente ad uso pubblico […], intitolando l’intero complesso al pittore teramano Gennaro Della Monica». La norma in oggetto, dunque, vincola, assieme alle disposizioni legislative in vigore per i beni culturali nazionali, ogni futuro utilizzo delle strutture.
Il successivo articolo 10 recita che «il Comune di Teramo si obbliga alla conservazione e manutenzione dell’immobile secondo le attuali caratteristiche costruttive ed ambientali», fungendo da disposizione generale di tutela dell’intero complesso.
Contestualmente alla permuta e al trasferimento del Castello nelle proprietà municipali, veniva redatta una dettagliata relazione tecnica da parte dell’allora Ingegnere Capo del Comune, Angeloni, nella quale erano descritte le planimetrie di tutte le aree del complesso appena acquisite, lo stato giuridico degli eventuali locatari e lo stato di conservazione delle strutture stesse. Nella fattispecie, si legge nella relazione medesima che «complessivamente l’immobile consta […] di tre corpi di fabbrica ed un’area libera, per una superficie totale di mq. 2900 circa». I tre corpi cui si riferiva la relazione, in effetti, non erano altro che quelli che oggi si affacciano su Viale Cavour, su Via Giovanna D’Arco e su Via Camillo De Lellis. In particolare, inoltre, il giardino, della superficie di mq. 1525, era stato sistemato all’epoca con terrazzamenti, peraltro presenti ancora oggi, e coltivato a seminativo arborato.
Una parte del Castello principale, e precisamente il settore interrato, era adibita all’epoca a «locale notturno da ballo», come precisa la relazione, essendo costituita da quattro ampi vani e relativi accessori.
Nel corso dell’anno 1980, lo stesso Ing. Angeloni (prot. n. 41469) invitava l’allora Assessore al Patrimonio ad incaricare la Sezione Urbanistica della redazione del progetto di restauro, al fine di poter passare alla realizzazione concreta degli interventi a partire dal marzo 1982. Sfortunatamente, però, non si pervenne a questo risultato.
Il 7 dicembre 1987 (prot. n. 35881), l’allora Soprintendente ai Beni A.A.A.S. di L’Aquila, Arch. Renzo Mancini, inviava al Comune di Teramo una richiesta di precisazione della proprietà del complesso del Castello, al fine di apporre il vincolo previsto dalla legge Bottai sui beni culturali, allora vigente, ossia la legge 1 giugno 1939 n. 1089. L’Amministrazione Comunale rispondeva alle richieste, trasmettendo i relativi atti il successivo 18 dicembre (prot. n. 59946).
Da allora il Castello Della Monica non ha più visto nessun intervento di una certa rilevanza: vi è stato un lunghissimo periodo di silenzio che è stato interrotto solo di recente. Nel frattempo, in ogni modo, le strutture gli affreschi e le decorazioni varie, i giardini, gli impianti subivano gli effetti corrosivi del tempo. L’intero complesso, chiuso e abbandonato ormai da diversi decenni, ad eccezione di alcuni settori ancora occupati da nuclei familiari e dagli eredi di Gennaro Della Monica, stava sempre più cadendo in rovina.
Le conseguenze di quel lungo periodo di incuria hanno dato luogo a saccheggi, atti di vandalismo, occupazioni abusive e trasformazione di taluni locali in ritrovo di tossicodipendenti. Gli effetti di ciò, purtroppo, sono stati in parte visibili sino a qualche tempo fa.
Il 31 gennaio 1996, Gennaro Della Monica inviò una comunicazione all’allora Sindaco di Teramo, Prof. Angelo Sperandio, con la quale annunciava di riconsegnare definitivamente all’Amministrazione le chiavi del settore del Castello ancora occupato dalla sua famiglia e, cogliendo l’occasione, dichiarava: «[…] al fine di evitare divisioni della mia ex proprietà […], che frazionata tra i vari eredi non avrebbe potuto essere destinata ad un uso logico ed utile, decisi […] di cedere al Comune la casa opera dell’ingegno di mio nonno […]. Come è facile immaginare, sono rimasto e rimarrò legato con il cuore, fino alla fine dei miei giorni, a quelle pietre che cedetti […]. Ci sono state segnalazioni mie e di cittadini davvero incresciose. Tutto questo mi rattrista e mi spinge, al di là degli impegni contrattuali, a chiedere a Lei […] di voler prendere queste chiavi che da oltre un anno non utilizzo, sperando che risorse comunali, nazionali e/o comunitarie possano restituire il Borgo Medioevale, pensato e realizzato dal mio antenato, all’antico splendore e valore che anche personaggi del mondo dell’arte in visita alla nostra città gli hanno riconosciuto».
Negli anni successivi, l’Associazione di Quartiere «Il Castello», appena costituitasi nella zona, iniziava una campagna di sensibilizzazione della pubblica opinione e delle autorità al problema del complesso, sottolineandone l’urgenza assoluta. In una comunicazione pubblica datata 10 giugno 1998, l’Associazione stessa annuncia di voler interessare dell’argomento anche gli organi di informazione, dichiarando che, qualche mese prima, la Soprintendenza aquilana era intervenuta per una semplice riparazione dei solai esterni grazie all’interessamento della medesima Associazione.
In precedenza, comunque, la Giunta Municipale, nella seduta del 30 agosto 1996, aveva deliberato la costituzione di un gruppo di progettazione avente l’incarico di redigere un programma dettagliato degli interventi da realizzare per il recupero del Castello, in vista del decreto legge 1 luglio 1996 n. 344, che prevedeva lo stanziamento di somme da parte del CIPE. Quest’ultimo, così, aveva emanato norme specifiche tramite una propria delibera pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 27 luglio 1996. Il Comune approvava, poco tempo dopo, una proposta progettuale (n. 1736) avente ad oggetto il «recupero del Castello Della Monica per la realizzazione di un centro di arte visiva ed annessa ludoteca» e la inviava al Settore Turismo della Regione Abruzzo, il quale, in base alla suddetta delibera del CIPE, avrebbe provveduto ad istruire il progetto e a trasmetterlo al Servizio Programmazione della Regione stessa. Quest’ultimo avrebbe quindi assemblato le varie proposte pervenute, disegnando un programma regionale che sarebbe stato trasmesso, entro il 14 settembre 1996, al CIPE. Tuttavia, con comunicazione del 13 ottobre 1999 (prot. n. 1618), il Servizio Programmazione, nella persona del Dirigente, Dott. Franco Madama, informa l’Associazione di Quartiere interessata che l’intervento in oggetto non risultava fra quelli ritenuti ammissibili.
Il 7 novembre 1998 viene organizzato un convegno pubblico sul tema, promosso dall’Associazione di Quartiere, presso il Municipio di Teramo, al quale ha partecipato lo scrivente, in qualità di relatore, ed anche l’allora Sindaco, Prof. Angelo Sperandio.
Il 22 ottobre 1998, diversi Consiglieri Comunali presentano una mozione consiliare relativa al Castello, chiedendo, nello specifico, che l’Amministrazione provveda allo sgombero dei locali ancora occupati e si adoperi per il reperimento dei finanziamenti necessari all’avvio dei lavori di recupero e restauro conservativo delle strutture. La mozione, largamente condivisa, viene approvata dal Consiglio Comunale nella seduta del 30 novembre successivo.
Nell’ambito di una serie di iniziative denominate «Progetto Arte Contemporanea», l’Associazione culturale «Il Poliorama» ha realizzato, presso il Giardino del Castello, una mostra di arte contemporanea, visitata anche dagli amministratori municipali. La mostra si è svolta dal 18 al 30 settembre 1999.
Pochi mesi dopo, in Consiglio Comunale approdava e veniva quindi approvata una seconda mozione relativa al complesso, redatta dal Consigliere Pettinaro.
Un progetto sommario per la riutilizzazione degli edifici del Borgo Medioevale è stato predisposto, nell’ottobre del 1999, dall’Associazione di Quartiere interessata: si proponeva, in particolare, di destinare i locali delle dipendenze a sede dell’Associazione stessa e il giardino a verde pubblico aperto alla cittadinanza. Si evidenziava, poi, l’opportunità di identificare, nell’ambito degli immobili recuperati, un’area destinata alla ricostituzione del museo di Gennaro Della Monica, un’area dedicata alla produzione e alla sperimentazione artistica, un’area riservata, ad eccezione della funzione didattica, all’Università degli Studi di Teramo, che avrebbe potuto sostenere anche una parte delle spese per il recupero e, infine, un settore destinato ad accogliere riunioni e convegni.
Nei mesi successivi, in seguito al trasferimento dell’Arch. Bulian, già alla guida della Soprintendenza ai Beni A.A.A.S. di L’Aquila, quest’ultima veniva smembrata in due distinti enti: nascevano così la Soprintendenza ai Beni Storici, Artistici e Demoetnoantropologici (B.S.A.D.), oggi guidata dall’Arch. Anna Imponente, e la Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici (B.A.P.), oggi guidata dall’Arch. Anna Maria Affanni. La questione del complesso del Castello Della Monica è stata affidata a quest’ultimo ente.
Tenuto conto delle ripetute richieste e in virtù di quanto prevede e consente il nuovo testo unico sui beni culturali, ossia il decreto legislativo 29 ottobre 1999 n. 490, che ha abrogato anche la precedente legge 1089/1939, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, nel corso dell’anno 2000, ha previsto finalmente un finanziamento pari a 1.549.370 euro per consentire i lavori di consolidamento strutturale, recupero e restauro conservativo del solo nucleo centrale del complesso.
Immediatamente dopo, nel novembre del 2001, il Comune di Teramo ha provveduto allo sgombero definitivo dei locali del Castello principale e ha installato delle recinzioni per consentire l’avvio dei lavori.
Senza dubbio alcuno, questa sarà la strada che restituirà alla sua dignità originaria il complesso. Attualmente i lavori di restauro del Castello Della Monica sono in corso e presto volgeranno al termine. La città di Teramo potrà dunque finalmente assistere alla prossima riapertura del Castello restaurato. È certo che si dovranno prevedere altri strumenti per recuperare integralmente tutto il Borgo Medioevale di Teramo, come, in particolar modo, il fabbricato che si affaccia sul lato est, in Via Camillo De Lellis, interessato, il 10 settembre 2003, dal crollo inaspettato di una parte di un muro perimetrale esterno.
In ogni modo, all’inarrestabile decorso del tempo che sinora ha degradato questo complesso, complice spesso l’incuria dell’uomo, si è davvero iniziato a porre rimedio.