Il Canzoniere (Bandello)/Alcuni Fragmenti delle Rime/LXXVIII - Rupi arenose, grotte alpestri e oscure

LXXVIII - Rupi arenose, grotte alpestri e oscure

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LXXVIII - Rupi arenose, grotte alpestri e oscure
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LXXVIII.

Va oltre Roma, scontento di allontanarsi sempre più dalla Mencia.


Rupi arenose, grotte alpestri e oscure,
     Annose quercie, cerri duri e vivi,
     Ove convien che lagrimando arrivi,

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     4Fur mai querele a par delle mie dure?
Acque correnti, cristalline e pure,
     Che spargon questi fonti in mille rivi,
     Selvaggi augelli, crudi, fieri e schivi,
     8Chi fia da morte omai che m’assicure?
Erbetta al lagrimar, ch’io faccio molle,
     E più dell’altra verde; quando fia
     11Che cesse il duol, ch’ogni piacer mi tolle?
Febo, ch’allumi il mondo, e questa mia
     Vita contempli, ond’io son fatto folle,
     14Quando vedrai che senza doglia i’ sia?

Note

V. 3. Convien, m’è d’uopo. Il Bandello, come molti letterati del suo tempo, vive prestando i suoi servigi a questo o a quel signore ed è, per ciò, costretto a compiere questi viaggi, di cui ignoriamo l’epoca e lo scopo, ricavandone di qui, solo in modo impreciso, l’itinerario.

V. 9. Erbetta, fatta molle e fatta più verde dalle sue lagrime. Imagine che sa di flaccido romanticismo; ed anticipa taluni atteggiamenti proprii alla Musa moderna dello Stecchetti.

V. 11. Fia che cesse, avverrà che cessi.