Il Baretti - Anno II, n. 16/Taccuino critico/Un pensiero di Flaubert

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Taccuino critico - Stile e fantasia Evghènij Abràmovich Baratynskij
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un pensiero di flaubert

Quando Taine pubblicò l’Histoire de la littérature anglaise fondata per almeno tre quarti sul pilastro del climat (Un pareil climat preserit l’action, interdit l’oisiveté, développe l’énergie, enscigne la patience), Flaubert non si fece ingannare dalle molte belle pagine sul paesaggio inglese «au style rapide, vif, imaginatif» ma colse, direi quasi d’istinto se non si sapesse quali doti di profonda meditazione egli possedesse, il fondamentale punto debole di quella storia, e della mentalità tainiana. Nella Correspondance si leggono queste esattissime parole, che toccano nell’intimo il nodo della questione: «lo deploro il punto di partenza. Nell’arte c’è altra cosa che il mi-luogo e gli antecedenti fisiologici dell’artista. Con cotesto sistema si spiegano la serie, il gruppo, giammai l’individualità, il fatto speciale...». Cotesto metodo conduce forzatamente a non dare alcuna importanza all’ingegno. Il capolavoro non ha altro significato che quello di documento storico. E’ radicalmente l’opposto della vecchia critica di La Harpe. Una volta si credeva che la letteratura fosse una cosa tutta personale e che le opere cadessero dal cielo come aeroliti. Ora si nega ogni volontà, ogni assoluto. Credo che la verità sia nel mezzo. Questo mezzo, per chi conosce il problema, è tra la critica accademica o impressionistica (qualcuno ricorderà il tentativo di alcuni giovani vociani. De Robertis, Onofri e, per alcuni lati, Serra venuti dalla cosidetta scuola carducciana di rinnovare la vecchia critica accademica con il talismano della sensibilità) e la critica metafisica, filosofica, cioè pseudo-filosofica e naturalistica. Il contrasto è fra Salute Leuve-Lemaître da un lato e Brunetière-Taine dall’altro, per limitarci ai termini francesi del problema.

Nella critica francese, nonostante la Correspondance e le chiarificazioni crociare, la questione non ha fatto gran passi neanche oggi. Albert Thibaudet che per gl’impressionisti è troppo filosofo e per i filosofi troppo impressionista, .. sforza di collocarsi, in una delle sue, spesso sottili, Reflexions sur la littéralure che va pubblicando sulla N. R.F. in cotesta posizione mediana allorché disegna alla stregua di due saggi su Balzac (uno di Bellessort, Balzac et son oeuvre, e l’altro di Curtius) un tipo di critica tedesca di fronte al tipo di critica francese. «Si j’écrivais à mon tour un Balzar — afferma poi il Thibaudet — je lui verrais le même foyer que Curtius, une énergétique, mais je donnerais pour suite à celle énergetique une technique du roman balzatien, liée à une technique, générale et à une histoire du roman, et je terminerais sur le terrain des moeurs et du goùt, où je me rencontrerais avec M. Bollatori».

Un pasticcio, insomma, malgrado questo tentativo di coordinazione dei due termini del problema; e un pasticcio, anzi, appunto perchè questa coordinazione è fatta dall’esterno, astrattisticamente. Così il vecchio cartesianismo risbuca da tutte le parti.

C’è una terza critica, per così dire, tra Bellessort e Curtius; ed è quella proprio che intendeva Flaubert criticando l’Histoire di Taine.

G. Titta Rosa.