Il Baretti - Anno II, n. 14/Lirica inglese odierna

Elio Gianturco

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Il pio Renan Joan Maragall

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LIRICA INGLESE ODIERNA

Un evo tumultuoso e grande è spirato, come il messaggero di Maratona, esausto per la sua corsa frenetica di annunziatore, sulle soglie del secolo. Come entro le spire della conca marina, noi ne percepiamo ancora, molteplice e remoto, il rombo persistente.

Per la poesia esso fu, quanto altri mai ferace di incomparabili rigogli: come vano appare il lamento dell’antico che si lagnava non rimanessero più jugeri da mietere!

Meteore turbinose solcarono i cieli della lirica, descrivendo parabole fiammee: e disgregatesi al tramonto, si frammentarono e moltiplicarono dissipandosi.

Un cielo, per vero, in preda a travagliose geniture appare l’era victoriana in Inghilterra. Dalle profondità dello spazio si lanciano in vermiglia furia ascendente immensi astri chiomati. L'ultimo, Swinrburne, si spegne all'alba dell’età nuova.

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Tra gli arbusti del novo orto delle Eliconidi novecentesche, Rupert Brooke rendeva imagine del più promettente. Splendevano in lui i presagi delle fruttuosità future: sarebbe stato egli senza dubbio l’albero esperio, cui il produrre frutte di oro granito non avrebbe tolto di murmurar tuttavia al più tenue blandimento dell’aria. Possedeva una visione netta, e la facoltà di fermar l'imagine sigillandola: una emotività profonda, per cui la sensazione continuava a vibrargli dentro, pur dopo d’aver ricevuto il crisma espressivo. Ascoltate quale suprema pacatezza tremante:

I MORTI


Codesti umani cuori
furon detersi prodigiosamente
dal duolo, esaltati dal giubilo.
Gli anni li avean politi :
possedevano l’alba,
e l’occaso, e i colori terrestri.
Avean goduto il moto,
ed ascoltate musiche: cògnito il sonno e la (vigilia:

amato; contratto amistà:
provato il sùbito
rinascimento della meraviglia,
la dejezione della solitudine:
toccato corolle, e manevoli
stoffe, e labbra.
Or tutto ciò è finito.
Codeste son acque, che i Vènti
mutevoli còncitano a riso,
che i cieli opulenti
illuminano tutto giorno. Ed ecco,
il Gelo, con un cenno,
ghermisce il flotto
che danza,
arresta ogni sua leggiadria
vagabonda. E non lascia
che un fulgore non franto,
una raccolta radianza,
una largura, una pace che brilla —
al cader della notte.

La guerra ha reciso lo stame della vita al bardo giovine che a se stesso, innanzi tratto, ha cantato l'epicedio: «The Soldier»: una delle poche cose degne di sopravvivere alle improvvisazioni suscitate dal carnaggio spaventoso.

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Walter de la Mare riprende la vecchia ballata, la ballata di Perey tutta profusa di leggenda, e vi infonde uno spirito nuovo, oltre misura diverso, per esempio, da quello di Scott o di Burns. Tenta anzi una inversione di parti nel breve quadro di tal forma antica: «The listeners», l’effetto non è postulato traverso una narrazione lugubre, il racconto d'una gualdana, ma con lo sfruttare tutto il tragico di un misterioso silenzio, il cui cerchio allucinante il Viatore soffermato è incapace ad infrangere.

Walter da la Mare eccelle nel monotonalismo, nel trarre ogni conseguenza dall'interesse specialmente voluto d’un solo colore, d’una tonalità unica: per modo da melodiare in àmbito e limiti inflessibilmente prefissi. Un tale processo egli spinge sino alla ossessione:

ARGENTO

Lenta, silenziosa, ora la luna
vaga, imminendo, su la notturna
cimba, e, birciando illumina le frutta
d'argento sovra gli alberi d’argento.
Le casipole bevono la luce
sua d'argento fra gli embrici d'argento:
dorme il mastino, steso come un ciocco
nel caviglio, su stipule d’argento:
dal colombaio albeggiano le piume
delle colombe, cui raccoglie un sonno
dalle piume d'argento: ed il lepratto
che fugge, presso, ha argentee zampe ed occhi
pure d'argento: e dentro le peschiere
scintillano, tra càlami d’argento,
nel gorgo argenteo, scàrdove d’argento.

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Aldous Huxley è un puro descrittivo: e nella nuda trascrizione del passaggio, mirabile. « Ove tu sei, sii tutto: per tal modo sarai invincibile», esorta la «Elegia di Marienbad», Huxley purtroppo non obbedisce al consiglio salutevole: un notevole principio:

O pastori, s'accordi il vostro sufolo
a quei lontani gàttici eccelsi:
tragiungon essi, sottilmente aguzzi,
il ceruleo murmure del colle
frusci l'erba rorida nell’oro dei vespri,
sien taciturni i cieli.
Ascoltate ora l'àlbaro che èsplica
le sue umide gemme,
come palpebre : :
tra l’aereo fogliame:
l'àlbaro che stormisce in furtivi susurri,
con le gemine squame
perenni.


egli sciupa senza indugio con inopportune considerazioni, pochissimo personale, circa gli indefiniti desiderii che gli sembra s'esprimano nel balzo verticale dei pioppi e degli arcipressi.

Il suo « Song of poplars » si riscatta tuttavia in fine per una strofe perfetta.

«So, I have tuned my music to the trees,
and there were voices, dim below
their shrillness, voices of the hills, and a golden cry
and then wast silences ».

Noi non possiamo in nostro cuore che augurargli di spogliar al più presto la cosparsa «sensiblerie» che stabilisce tra lui e la poesia dell’ottocento primo, relazioni cosi manifestamente illegittime,

Elio Gianturco.