Ifigenia in Tauride (Euripide - Romagnoli)/Terzo episodio
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Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1929)
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Entra Toante.
toante
Dov’è la donna d’Ellade, preposta
a questo tempio? Uccisi ha gli stranieri?
Nei penetrali sacri ardono i corpi?
coro
Eccola. Tutto, o re, ti spiegherà.
Dal tempio esce Ifigenia, portando tra le braccia il simulacro di Artèmide.
toante
Ehi! Perché tolta
dai plinti immoti, o figlia d’Agamènnone,
hai fra le braccia della Dea la statua?
ifigenia
Su questa soglia ferma il piede, o re.
toante
Che c’è di nuovo, Ifigenia, nel tempio?
ifigenia
Sputo! — E pietà questo mio detto ispira.
toante
Strano preludio! Chiaramente esprimiti.
ifigenia
Per me cacciaste, o Sire, impure vittime.
toante
Come n’hai conoscenza? O forse immagini?
ifigenia
Sovra il suo plinto si voltò la statua.
toante
Di per sé stessa? O fu qualche tremuoto?
ifigenia
Di per sé stessa; e sigillò le palpebre.
toante
Perché mai? Per orror degli stranieri?
ifigenia
Per questo appunto: rei son d’un misfatto.
toante
Ucciso han sulla spiaggia alcun dei barbari?
ifigenia
D’un patrio scempio qui macchiati giunsero.
toante
Quale? M’invade brama di conoscerlo.
ifigenia
Con un sol ferro uccisero la madre.
toante
Febo! E chi l’oserebbe, anche fra i barbari?
ifigenia
Scacciati fûr da tutta quanta l’Ellade.
toante
Fuori per questo rechi tu la statua?
ifigenia
Per purgarla dal sangue, all’aria pura.
toante
Come scopristi ch’essi erano impuri?
ifigenia
L’interrogai quando la Dea si volse.
toante
Scaltra tu fosti. Tal ti rese l’Ellade.
ifigenia
Essi un’esca soave al cuor mio porsero.
toante
D’un’imboscata d’Argo il dolce filtro.
ifigenia
Felice è Oreste, il mio fratello, dissero.
toante
Salvezza dalla tua gioia speravano?
ifigenia
Che mio padre anche vive, e anch’egli prospera.
toante
Ma della Dea tu difendesti i dritti?
ifigenia
Certo! Gli Elleni ond’io fui spenta, aborro.
toante
Or che faremo, dimmi, degli estranei?
ifigenia
Rispettare convien le nostre leggi.
toante
L’acqua lustrale è pronta? E la tua spada?
ifigenia
Purgar prima li vo’ di pii lavacri.
toante
Con acque di sorgiva, oppur di mare?
ifigenia
Ogni umana lordura il mar purifica.
toante
Saranno per la Dea piú degne vittime.
ifigenia
E sarà molto meglio anche per me.
toante
Non giunge forse il mar qui, sino al tempio?
ifigenia
Cerco un luogo deserto, ad altro rito.
toante
Quello che vuoi. Spiar non voglio arcani.
ifigenia
Devo purgare della Dea l’effigie.
toante
Del matricidio la insozzò la macchia?
ifigenia
Tolta, se no, mai non l’avrei dal plinto.
toante
Giusta la tua pietà, la previggenza:
tutta ammirarti deve la città.
ifigenia
Sai che cosa ancor m’occorre?
toante
A te dirlo.
toante
Di catene
gli stranieri avvinci.
toante
E possono fuggir forse?
ifigenia
A genti ellène
non fidarti.
toante
Ite per ceppi, miei famigli.
ifigenia
E a me davanti
sian condotti gli stranieri.
toante
Sarà fatto.
ifigenia
E sotto i manti
sian nascosti i volti loro.
toante
A schermir del sole i rai.
ifigenia
Con me poi manda una scòrta.
toante
Tuoi compagni questi avrai.
ifigenia
E un araldo in città vada, che bandisca...
toante
Quale bando?
ifigenia
Che ognun resti a casa, e schivi...
toante
Il contatto lor nefando.
ifigenia
Chi l’incontra, si contàmina.
toante
ad un famiglio.
Va’ tu, dunque, e il bando fa.
ifigenia
E a veder niuno s’appressi.
toante
Ben provvedi alla città.
ifigenia
E agli amici in cui piú fido.
toante
Tu di certo alludi a me.
ifigenia
Presso il tempio della Diva tu rimani.
toante
A fare che?
ifigenia
A purgar col fuoco gli àditi.
toante
Che al ritorno tuo sian mondi?
ifigenia
E quando escono....
toante
Che cosa devo fare?
ifigenia
Il viso ascondi
sotto il manto.
toante
Ad evitare la sozzura del misfatto.
ifigenia
E se mai tardassi troppo...
toante
Aspettar devo un gran tratto?
ifigenia
non stupire.
toante
Il rito compi della Diva a tuo bell’agio.
ifigenia
Il contagio io vo’ che cessi.
toante
Cosí sia: cessi il contagio.
ifigenia
Gli stranieri escono dal tempio, e gli arredi dell’Iddia
vedo pure, e, gli agnelletti pur mo’ nati, onde la pia
strage purghi l’empia strage: delle faci brilla il lume:
tutto è pronto per mondare dalla Diva ogni bruttume
dei foresti. I cittadini dal contagio stian lontani,
e se alcun, ministro al tempio, dee serbar pure le mani.
E lontani stiano, fuggano pure quei che apprestan nozze,
quante in sen chiudono un parvolo, ché restar non debbon sozze.
O di Giove e Lato vergine figlia, s’ora io ben detergo
questo scempio, avrai dimora, d’ora innanzi, in puro albergo.
E felici noi saremo. Taccio il resto anzi, a te sola
lo confido, e, a quanti intendono degli Dei, senza parola.
Escono tutti.