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Teocrito - Idilli (III secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Luca Antonio Pagnini
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XXIX

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SOPRA ADONE MORTO

Idillio XXX

Allor che Citerea
     Vide già spento Adone,
     Con rabuffato crine,
     E scolorita guancia,
     Agli Amoretti impose
     D’addurle il reo cinghiale.
     Essi leggier volando
     E trascorrendo il bosco,
     Trovaro, ed a più doppi
     Il cattivel legaro.
     Chi avvinto con la fune
     Lo tragge prigioniero;
     E chi l’incalza a tergo
     Pungendolo con l’arco.
     Egli movea pian piano
     Per tema di Ciprigna,

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     Che a lui sì disse: o belva
     Peggior di tutte quante,
     Tu quel fianco offendesti?
     Tu il mio garzon piagasti?
     La fera allor rispose:
     Tel giuro; Citerea,
     Per te, pel tuo consorte,
     Per questi lacci miei,
     Per questi cacciatori,
     Io già non volli offesa
     Fare al tuo vago sposo:
     Ma stavalo guatando
     Qual dilettoso obbietto;
     Nè sofferendo il foco,
     Fui da furore insano
     Spinto a baciargli il fianco.
     Ciò fu la mia sciagura.
     Tu questi denti or prendi,
     Questi punisci, e tronca.
     A che soverchie porto
     Innamorate zanne?
     Di ciò se non sei paga,
     Ecco le labbra ancora.
Pietà Ciprigna n’ebbe,
     E di snodargli i lacci
     Agli Amorini impose.
     Egli d’allora innanzi
     Seguace della Dea
     Non ritornò più al bosco,
     E se n’andò sul foco
     Ad abbruciarsi i denti.


FINE DEGLI IDILLI DI TEOCRITO.