Idilli (Teocrito - Pagnini)/XXX
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SOPRA ADONE MORTO
Idillio XXX
Allor che Citerea
Vide già spento Adone,
Con rabuffato crine,
E scolorita guancia,
Agli Amoretti impose
D’addurle il reo cinghiale.
Essi leggier volando
E trascorrendo il bosco,
Trovaro, ed a più doppi
Il cattivel legaro.
Chi avvinto con la fune
Lo tragge prigioniero;
E chi l’incalza a tergo
Pungendolo con l’arco.
Egli movea pian piano
Per tema di Ciprigna,
Che a lui sì disse: o belva
Peggior di tutte quante,
Tu quel fianco offendesti?
Tu il mio garzon piagasti?
La fera allor rispose:
Tel giuro; Citerea,
Per te, pel tuo consorte,
Per questi lacci miei,
Per questi cacciatori,
Io già non volli offesa
Fare al tuo vago sposo:
Ma stavalo guatando
Qual dilettoso obbietto;
Nè sofferendo il foco,
Fui da furore insano
Spinto a baciargli il fianco.
Ciò fu la mia sciagura.
Tu questi denti or prendi,
Questi punisci, e tronca.
A che soverchie porto
Innamorate zanne?
Di ciò se non sei paga,
Ecco le labbra ancora.
Pietà Ciprigna n’ebbe,
E di snodargli i lacci
Agli Amorini impose.
Egli d’allora innanzi
Seguace della Dea
Non ritornò più al bosco,
E se n’andò sul foco
Ad abbruciarsi i denti.
FINE DEGLI IDILLI DI TEOCRITO.