I suicidi di Parigi/Episodio primo/XVI
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XVI.
Una visita notturna.
Sergio era restato nel suo letto, immerso in una meditazione profonda, che si traduceva sul suo sembiante, seguendo fasi diverse: ora, con un rapido rossore; ora, con crispazioni delle labbra e dei muscoli del viso; ora, con la fissità della pupilla che gli dava la maschera del catalettico. E’ sollevavasi di balzo su i suoi origlieri, si avvolgeva sotto le coltri, come per sottrarsi alla presenza ed alla pressione di un fantasima. Poi ridiveniva freddo, come se ghiaccio fuso e non più sangue riempisse le sue vene.
In questo parossismo di quietitudine e’ si levò, all’una del mattino. Bassò il lucignolo della lampada, ed, i piedi nudi, imbacuccato nella sua veste da camera, traversò il suo gabinetto e recossi all’altra estremità dell’appartamento, fino alla camera da letto di Regina. Quivi fermossi ed ascoltò.
Egli udì il rumore cadenzato cui faceva Nick, rimovendo la coda sul tappeto, ed il diapason eguale, lento, leggiero della respirazione di Regina.
Ella dormiva placidamente, profondamente!
Sergio restò qualche minuto ad udire quella musica santa del sonno dell’innocenza, poi ritornò nella sua camera.
Vi era ancora della bracia nel focolare.
Sergio prese il manoscritto, cui aveva dettato a Regina; ne tolse la lettera che questa aveva scritto a nome della Regina del romanzo, e cacciò il resto sotto i carboni ardenti. Ratto, la fiamma vi sorse e l’ultima scena dei Sixièmes étages de Paris disparve.
Sergio assistè perfino alla trasformazione, alla scomparsa delle ceneri nere della carta, cui respinse sotto la brace. Prese in seguito la lettera, e cavò di sotto il guanciale la piccola fiala, cui suo fratello gli aveva portato il mattino.
La camera di Regina era rischiarata da una veilleuse posta sul mobile vicino al capezzale. Il fondo di essa era immerso nell’ombra. Ma la fioca luce, che sprigionavasi di sotto ad un abat-jour di alabastro, cadeva in pieno sul sembiante della giovane.
Regina dormiva supino, la faccia volta al cielo.
I suoi lineamenti erano calmi. Le sue palpebre erano socchiuse, di guisa che scorgevasi, tra le due ciglia, come un orlo degli occhi — banda di perla incastonando una linea di nero smalto. Le sue labbra erano semi aperte, e le ai vedeva sempre sul labbro superiore la scottatura ancor viva — cui Sergio vi aveva impressa — come una foglia di rosa pizzicata da un bruco.
Ella era bella.
Ella avrebbe data la vertigine a tutt’altro uomo, che ad un marito oltraggiato e dominato dal demone della vendetta. Le mani di lei pendevano fuori dei lembi del letto, ed il suo peignoir, sbottonato sul seno, offriva allo sguardo delle delizie che avrebbero messo la disperazione nel cuore di un artista. — Imperciocchè alcuno non idealizza come dama natura, quando la si da questo compito!
Sergio, egli stesso, restò tocco, abbarbagliato. Un brivido terribile gli corse lungo la spina. Ebbe la tentazione di gettarsi su quella divina creatura, svegliarla di un bacio, e sottrarsi all’incubo che lo possedeva.
Egli sentì che l’inebbriamento guadagnavalo. Fece un passo per retrocedere ed urtò in Nick, dietro ai suoi talloni.
L’aspetto di quest’essere vivente, altro che la fata la quale lo ammaliava e lo attirava, operò in lui una reazione rapida. Il mondo reale lo riacciuffò. Egli mise allora la lettera, cui Regina aveva scritta sotto la sua dettatura e firmata, sul piccolo secretaire ove ella scriveva, e tornò innanzi al letto.
Egli era ancora a dimandarsi se assassinava o se eseguiva una sentenza!
Se Regina avesse aperto gli occhi, ella era salva. Se avesse potuto dire una parola, il boia sarebbe forse ridivenuto l’innamorato... Regina dormiva. La morte apparente rizzavasi tra suo marito e lei ed intercettava le correnti fra i due cuori.
Sergio cavò allora freddamente l’albarello del suo viluppo; sbirciò a traverso la luce il colore del liquido che vi si conteneva; lo sturò; e lasciò distillare una gocciola di quell’essenza d’inferno sulla piccola piaga che le aveva fatta col suo sigaretto.
La flittene erasi rotta e l’escara non ancora formata. La piaga era dunque viva.
Seguì un minuto secondo, che fu un’eternità.
E’ lasciò cadere una seconda stilla.
Fu dessa una sensazione? fu una rivolta dell’istinto? Regina aprì gli occhi.
L’aspetto di Sergio doveva essere talmente scomposto e livido, che dessa, per intuizione fulminea, comprese tutto.
— Innocente ancora! — gridò ella tendendo le braccia al marito.
Era già troppo tardi di un secondo.
Regina ricadde sulle piume, la testa rovesciata fuori del letto...
Era morta.
Sergio gettò via per terra la fiala e fuggì.
Trovò alla porta Nick, che gli ringhiò orribilmente, e sordamente gemè.
Chiuse l’uscio ed andò a rificcarsi sotto le coperte.
Avrebbe voluto che quel giaciglio fosse l’abisso! Se non fosse piombato in deliquio, e’ si sarebbe per fermo ucciso.
L’indomani, furono i gridi di Lisa ed i gemiti di Nick che lo tirarono di letargia.
Comprendendo allora tutta la portata dell’opera sua, ei si sarebbe infallibilmente denunziato, se suo fratello non si fosse trovato opportuno al suo capezzale per sorvegliarlo, per salvarlo.
Sergio corse alla camera di Regina, l’infraperse.... e fuggì.
Il dottore di Nubo, istruito dell’avvenimento, arrivò quindi a poco. Egli entrò nella camera dove era il cadavere, innanzi al commissario di polizia.
Il commissario leggeva la lettera di Regina.
Il dottore indovinò tutto, di un sol tratto, di un solo sguardo, ed uscì.
Egli entrò nell’appartamento di Sergio e rimase impiedi avanti ai due fratelli, ed in silenzio.
— Ella non era l’amante del principe di Lavandall — diss’egli infine, di una voce fioca e lenta. Ella non era che un agente diplomatico dell’ambasciata.
— Come? — gridò Sergio.
— Signor Sergio di Linsac — continuò il dottore — ecco due volte già che vi gettate a traverso della mia via. Guai a voi, se v’incontro una terza volta.
Il dottore uscì.
Sergio svenne.
La sera, i giornali di Parigi annunziavano, nei Fatti diversi:
«Una sventura orribile à colpito uno degli uomini i più distinti della stampa parigina. La signora contessa Sergio di Linsac si è suicidata col curare, in seguito all’infame calunnia sparsa sul conto di lei.
«Suo marito è pazzo di dolore.»
Il principe di Lavandall partì in congedo per un viaggio in Italia.
Ora, che era desso il principe di Lavandall?
Uditelo.
FINE DELL'EPISODIO PRIMO.