Pagina:Petruccelli della Gattina - I suicidi di Parigi, Milano, Sonzogno, 1876.djvu/98

L’aspetto di Sergio doveva essere talmente scomposto e livido, che dessa, per intuizione fulminea, comprese tutto.

— Innocente ancora! — gridò ella tendendo le braccia al marito.

Era già troppo tardi di un secondo.

Regina ricadde sulle piume, la testa rovesciata fuori del letto...

Era morta.

Sergio gettò via per terra la fiala e fuggì.

Trovò alla porta Nick, che gli ringhiò orribilmente, e sordamente gemè.

Chiuse l’uscio ed andò a rificcarsi sotto le coperte.

Avrebbe voluto che quel giaciglio fosse l’abisso! Se non fosse piombato in deliquio, e’ si sarebbe per fermo ucciso.


L’indomani, furono i gridi di Lisa ed i gemiti di Nick che lo tirarono di letargia.

Comprendendo allora tutta la portata dell’opera sua, ei si sarebbe infallibilmente denunziato, se suo fratello non si fosse trovato opportuno al suo capezzale per sorvegliarlo, per salvarlo.

Sergio corse alla camera di Regina, l’infraperse.... e fuggì.


Il dottore di Nubo, istruito dell’avvenimento, arrivò quindi a poco. Egli entrò nella camera dove era il cadavere, innanzi al commissario di polizia.

Il commissario leggeva la lettera di Regina.

Il dottore indovinò tutto, di un sol tratto, di un solo sguardo, ed uscì.

Egli entrò nell’appartamento di Sergio e rimase impiedi avanti ai due fratelli, ed in silenzio.

— Ella non era l’amante del principe di Lavandall — diss’egli infine, di una voce fioca e lenta. Ella non era che un agente diplomatico dell’ambasciata.

— Come? — gridò Sergio.

— Signor Sergio di Linsac — continuò il dottore — ecco due volte già che vi gettate a traverso della mia via. Guai a voi, se v’incontro una terza volta.