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— Restiamone dunque lì per oggi, allora — disse Sergio. Anch’io ò il cuore gonfio. Sì, fermiamoci. Non è abbastanza per un’appendice; ma dessi aspetteranno fino a domani. Porgimi codesto foglietto ed apparecchiami un’altra tazza di the. Non desino.

Regina dette la lettera ed uscì. I suoi occhi navigavano nelle lagrime.

Sergio raccolse tutta la copia di Regina, la piegò e la mise sulla colonnina a fianco al suo letto.

La sera, e’ si lamentò di un gran mal di capo.

Regina pranzò sola, ed alle dieci, Sergio la rinviò nella camera di lei.

Durante tutta la sera non le aveva volto dieci parole.

Rientrata in camera, Regina pregò e si coricò.

Ella non abbracciò neppur Nick, la sua guardia del corpo, che restava tutta la notte in fazion alla sua porta. Ella pianse pure senza troppo sapere perchè. Ella pianse di quelle lagrime che talvolta colano, subite e mute, e che muovon da Dio, vengono per la via del cuore, e ci sollevano di una tristezza profonda e misteriosa.

Regina si addormentò alla fine; e due lagrime — due ritardatarie, due trainardes — limpide, lente, spuntarono agli angoli degli occhi, solcarono tranquillamente le guance e bagnarono i guanciali. Erano di quelle perle, per le quali il dio dei cristiani avrebbe perdonato ben altre colpe che quelle di Regina!

A mezzanotte, ella dormiva del sonno placido ed eguale dei bambini.


Altra cosa occorreva nel tempo stesso nella camera di Sergio di Linsac.


XVI.

Una visita notturna.

Sergio era restato nel suo letto, immerso in una meditazione profonda, che si traduceva sul suo sembiante, seguendo fasi diverse: ora, con un rapido rossore; ora, con