I racconti della Bibliotechina Aurea Illustrata/Nelle foreste vergini

Nelle foreste vergini

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Perduta fra le solitudini dell'Amazzoni Il vampiro della foresta

NELLE FORESTE VERGINI


Nel Brasile, che è uno dei più grandi stati dell'America del Sud, e precisamente nel Matto Grosso, si estendono, per centinaia e centinaia di miglia, delle immense foreste che vengono chiamate vergini, perché in molte di esse l'uomo non si è mai inoltrato.

Sotto quei giganteschi vegetali, sotto quelle foglie che hanno per lo più dimensioni esagerate ed in mezzo a quelle liane che serpeggiano in tutte le direzioni, formando delle vere reti, si celano un numero infinito di animali feroci e non feroci.

Vi sono i giaguari, chiamati le tigri dell'America perché non sono meno sanguinari, né meno audaci delle tigri dell'India; vi sono i coguari, un po' più piccoli dei primi e che hanno qualche rassomiglianza colle leonesse, e sono del pari feroci; orsi formichieri, così chiamati perché si nutrono esclusivamente di formiche, non avendo denti; gatti selvatici di grandi dimensioni, serpenti giganteschi che hanno tanta forza da stritolare un bue ed altri animali e rettili più o meno pericolosi.

Se vi sono tante fiere, in mezzo a quelle foreste si trovano pure delle piante preziose che tentano l'avidità dei brasiliani e che li inducono a sfidare i mille pericoli delle foreste vergini. Una delle più ricercate è quella che produce la gomma, della cui materia si fa una grande esportazione, guadagnando annualmente grosse somme.

Ciò premesso, voglio raccontarvi ora una storia interessante, toccata ad una famiglia di cercatori di gomma, che si era stabilita nel mezzo di una di quelle gigantesche foreste.

Certo Antao Cordero, un bravo colono brasiliano, avendo saputo che in una foresta erano stati scoperti moltissimi di quegli alberi preziosi, non aveva esitato a stabilirsi in mezzo a quei giganti della vegetazione, colla speranza di fare una rapida fortuna.

Quell'uomo aveva moglie e due fanciulli, un bello e vigoroso ragazzo di quattordici anni ed una ragazzetta di dieci, i quali avevano voluto seguirlo nella foresta per dividere con lui i pericoli.

Costruita una capanna sulle rive di uno di quei grandi fiumi che solcano quegl'immensi territori, il bravo colono si era messo subito all'opera.

Gli alberi della gomma abbondavano in quella foresta e per raccogliere il succo che contenevano, non occorreva altro che fare delle profonde incisioni sui tronchi, raccoglierlo e poi solidificarlo al fuoco.

Già Antao Cordero aveva fatto un'abbondante raccolta, quando una catastrofe improvvisa, venne a distruggere tante fatiche e mettere in grave pericolo l'intera famiglia.

In quelle regioni non piove quasi mai; quando però scoppia un uragano, sono vere trombe d'acqua che si rovesciano su quelle foreste, gonfiando enormemente i fiumi, i quali straripano, tutto allagando.

Un brutto giorno, adunque, dopo un'afa soffocante, un diluvio d'acqua accompagnato da lampi e tuoni orrendi, si rovescia sulla foresta. I grandi vegetali, percossi dalle folgori, cadono con immenso fracasso, aprendo dei vuoti immensi fra quel caos di liane e di palme di ogni specie.

Antao e sua moglie si trovavano allora nella capanna. I due ragazzi erano stati sorpresi dall'uragano mentre perlustravano le rive del fiume.

Sapendo a quali pericoli andavano incontro inoltrandosi nella foresta, che pareva dovesse venire abbattuta tutta dai furiosi colpi di vento, i due piccini avevano cercato rifugio sotto una roccia che bene o male li riparava dalla pioggia.

Il piccolo Pedro, come ben si può immaginare, era angosciato. Il suo istinto lo avvertiva che una catastrofe non era lontana.

Non temeva pei genitori che sapeva bene riparati nella capanna, la quale era stata costruita su di un poggio e quindi fuori dalla furia del fiume, bensì per la sorellina che avea con sé.

Dobbiamo però dire che quel piccolo uomo dimostrava un coraggio superiore alla sua età; ad ogni domanda della sorellina rispondeva:

– Io non ho paura, Carmencita. Io ti salverò!

Il pericolo temuto dal ragazzo intanto si avanzava rapido. Il fiume, improvvisamente gonfiato, irrompeva lungo i margini della foresta con crescenti muggiti. Flagellava furiosamente le rive, strappava cespugli e tronchi d'albero e accelerava sempre più la corsa.

D'improvviso un'onda giallastra, spumeggiante, una vera muraglia liquida, s'avanza lungo i margini.

Il fiume ha straripato ed invade la foresta.

I due fanciulli hanno appena il tempo di mandare due grida:

– Babbo! Mamma!

L'acqua piomba loro addosso e li travolge nel fiume.

Il piccolo Pedro non s'era però perduto d'animo. Discreto nuotatore, aveva avvinghiata strettamente la sorellina e faceva sforzi inauditi per sorreggerla.

Non era più un ragazzo, era un uomo che lottava tenacemente per salvare se stesso e la compagna.

Un grand'albero, trascinato dalla corrente, gli passa accanto. Lesto, colla mano che ha libera, si aggrappa ai rami di quella pianta e, dopo sforzi prodigiosi, riesce a issarvisi.

La sorellina vinta dallo spavento, era svenuta. Dapprima Pedro la credette morta, ma s'accorse ben presto che il cuore batteva ancora.

– Dio sia ringraziato! – mormorò. – E di mio padre e di mia madre, cosa sarà accaduto? E noi potremo salvarci?

Il fiume correva vertiginosamente, facendo trabalzare disordinatamente l'albero, e l'acqua cadeva ancora a torrenti. Lampi abbaglianti rompevano la semioscurità, mostrando al ragazzo le foreste che si contorcevano sotto i soffi poderosi della bufera.

Quei zampilli d'acqua e lo scroscio orrendo dei tuoni, avevano fatto tornare in sé la sorella. Quando si vide fra le braccia di Pedro, cominciò a gridare:

– Siamo perduti! Stiamo per annegare! Mamma! Babbo! Aiuto!

– Non perderti d'animo, sorellina! – disse il piccolo uomo. – Se l'onda non ci ha annegati, vuol dire che la Provvidenza veglia su di noi. Forse la corrente ci spingerà verso la riva e potremo ancora rivedere il babbo e la mamma.

Intanto il grand'albero continuava la sua pazza corsa. La corrente trascinava altre piante, di cui alcune grandissime, e molti cadaveri d'animali, di tapiri, di coguari, di pecore, di lupi rossi, i quali erano stati sorpresi nei loro covi dall'improvvisa irruzione delle acque.

Dopo quattro ore, che parvero per i poveri ragazzi, lunghe come quattro secoli, il grand'albero, ad una curva del fiume, si arenava su di un banco di sabbia che si prolungava fino ad un'alta riva coperta di piante bellissime e dalle foglie mostruose.

Il piccolo Pedro, comprendendo che la salvezza era prossima, prima che la corrente potesse riprendere l'albero e trasportarlo più lontano, era balzato sul banco, aiutando la sorellina a seguirlo.

Attraversare quella lingua di terra e guadagnare il bosco, fu l'affare di pochi istanti per quei poveretti.

Il tempo s'era rasserenato, ma stava per calare la notte. Dove li aveva trasportati la corrente? Ecco quanto si chiedeva ansiosamente il coraggioso ragazzo.

– È necessario fermarci qui, per ora, sorellina mia – disse.

– In mezzo a questi boschi? – chiese la ragazzina, con terrore – Io voglio ritornare dalla mamma.

– Il sole sta per tramontare e tu sai che quando fa oscuro le fiere abbandonano le loro tane. Non temere, sorellina, qui nessuno verrà a disturbarci, e poi ti difenderò io!

Avendo scoperto, fra le rocce che fiancheggiavano il fiume, una spaccatura, condusse colà la sorellina e tutti e due si rannicchiarono in quel rifugio, per passare la notte.

La ragazzina non ostante gl'incoraggiamenti del piccolo uomo, piangeva silenziosamente. Egli però, quantunque si sentisse in preda a vive inquietitudini, cercava di mostrarsi tranquillo.

Nondimeno, ad ogni sussurrìo delle frondi, tremava, credendo di veder apparire qualche feroce abitante della foresta.

In mezzo alle folte piante si udivano mille rumori strani, che avrebbero spaventato anche un uomo non pratico di quei paesi.

Di quando in quando salve di fischi acuti che parevano lanciati da dozzine di macchine a vapore rompevano il silenzio della notte, poi si succedevano dei muggiti paurosi; quindi latrati rauchi.

La ragazzina, spaventata, si stringeva addosso al fratello, quantunque sapesse già che quel fracasso era prodotto da legioni di rane affatto inoffensive. In mezzo però a quei muggiti, a quei latrati, a quei fischi, a quelle grida strane, si udivano talvolta le urla acute e malinconiche dei lupi rossi, gli aguara.

– Silenzio, sorellina – mormorava Pedro. – Se ci odono verranno a divorarci.

La notte trascorse in continue ansie, tremando sempre entrambi di veder comparire dinanzi al loro nascondiglio qualche feroce animale.

Coll'apparire del sole tutti quei rumori paurosi cessarono, non amando le belve cacciare alla luce del giorno.

I due ragazzi, che durante la notte non avevano osato chiudere gli occhi, poterono finalmente gustare alcune ore di sonno indisturbato.

Quando si risvegliarono, la prima parola della sorellina fu di andare in cerca della mamma e del babbo.

Pedro ne aveva bene il desiderio, ma come fare? Egli ignorava quanta via avevano percorsa fra le acque turbinanti del fiume. Pure il piccolo uomo non disperò.

– Seguiremo la via – disse alla sorellina che lo interrogava. – Credo però che faremo bene, prima di metterci in cammino, a cercarci la colazione. Hai fame, è vero, sorellina?

– Tanta, Pedro – rispose ingenuamente la piccina. – Io berrei del latte.

– Cerchiamolo, sorellina.

Pedro ormai conosceva bene le foreste brasiliane ed era certo di procurare del latte, quantunque non ci fossero né abitanti, né mucche, né capre in quei dintorni.

Invitò la sorellina a seguirlo e si cacciò in mezzo agli alberi che costeggiavano il fiume, osservandoli attentamente uno ad uno.

Non aveva percorso duecento passi, quando s'arrestò dinanzi ad una bella pianta, dicendo:

– Abbiamo trovato la nostra colazione, sorellina.

– Delle frutta, Pedro?

– No, voglio offrirti del latte che non la cederà a quello che ci fornisce la nostra capretta. Il babbo me lo ha fatto assaggiare l'altro giorno e ti posso assicurare che è buonissimo.

– E da dove vuoi estrarlo? – chiese la ragazzina stupita.

– Da questa pianta – rispose Pedro ridendo.

– Tu vuoi burlarti di me, è vero, fratello?

– Vedrai che non ischerzo, sorellina.

Quell'albero era alto una sessantina di metri, colla cima somigliante ad una cupola di dimensioni immense, formata da foglie oblunghe e molto puntute.

Non aveva nulla di straordinario, eppure Pedro sapeva bene che da quell'albero avrebbe potuto ricavare parecchi litri di latte e senza molta fatica.

Colle foglie d'un banano formò una specie di corno che poteva servire da recipiente, quindi con un coltello, che gli aveva regalato suo padre, incise profondamente il tronco.

Oh, meraviglia! Da quella ferita ecco uscire un bel getto bianco che ha tutta l'apparenza del latte!

Pedro riempie il suo cornetto e lo presenta alla sorellina stupita, dicendole:

– Prova ad assaggiarlo.

– Ma questo è vero latte! – esclamò la ragazzina.

– Me lo ha detto anche il babbo – rispose Pedro. – Bevine pure, non fa male.

Quella pianta era il famoso arbol de la leche, uno dei più preziosi che crescono nelle foreste dell'America del Sud.

Questi alberi non hanno bisogno di coltura alcuna, ma hanno abitudini solitarie, poiché anche nelle foreste più folte non se ne trovano quasi mai più di dieci o dodici per miglio quadrato.

Basta fare delle incisioni sul loro tronco e subito, specialmente al mattino, esce un succo bianchissimo, denso, gradevole, che ha il gusto del latte.

Se ne possono ricavare parecchi litri ogni mattina, per un periodo di tempo abbastanza lungo. Si può unirlo col thè e col caffè e si può anche ottenere una specie di formaggio assai gustoso, lasciando questo liquido all'aria per qualche giorno.

Oltre al latte dà anche delle frutta saporose, grosse come le nostre pesche, molto succose e che gl'indiani mangiano come pane!

Pedro e sua sorella, dopo essersi abbondantemente dissetati e di aver mangiato parecchie frutta, che avevano trovato a terra, si misero animosamente in cammino per cercare di giungere alla loro capanna.

La cosa non era tanto facile. Le rive del fiume presentavano di quando in quando degli ostacoli insuperabili, essendo rotte da pantani che potevano coprire delle sabbie mobili.

I due ragazzi si vedevano costretti sovente ad allontanarsi dal corso d'acqua ed a cacciarsi sotto la foresta, col pericolo di smarrirsi o di venire sorpresi da qualche belva feroce.

La ricchezza che presentano le foreste brasiliane è incredibile. Il suolo, d'una fertilità prodigiosa, dà alle piante degli sviluppi straordinari.

I cespugli diventano boschetti, le erbe raggiungono altezze incredibili, gli alberi diventano giganti. E un vero caos di tronchi, di rami, di liane, di radici mostruose. Ad ogni passo si è costretti ad arrestarsi per cercare un passaggio che il più delle volte manca.

Un numero infinito di scimmie si agita fra quella lussureggiante vegetazione, facendo un baccano assordante, mentre sulle più alte cime delle piante strillano e chiacchierano bande di volatili dalle penne variopinte.

Volteggiano fra i rami le splendide arà tutte rosse; volano via a drappelli i canindé che hanno le ali turchine ed il petto giallo, in mezzo ai cespugli rumoreggiano i tucani che hanno il becco grosso quanto l'intero corpo, mentre i graziosi uccelli mosca svolazzano fra le alte erbe, facendo scintillare al sole le loro penne verdi, turchine e nere-porporine a riflessi dorati.

Il piccolo Pedro e sua sorella, quantunque fossero affranti dalla stanchezza e dal calore intenso che regnava sotto la foresta, non si arrestavano. La paura di dover passare un'altra notte lontani dai genitori, li spronava a raddoppiare il passo.

Di quando in quando piegavano verso il fiume per esser certi di non smarrirsi, poi, costretti dagli ostacoli, rientravano nel bosco.

Calava la sera e non avevano ancora ritrovato i luoghi che ormai già sconoscevano. Erano ancora molto lontani dalla capanna? Era probabile.

– Pedro, dove siamo noi? – chiese la sorella, che cominciava a tremare. – Io voglio andare dalla mamma.

– Ci andremo, non dubitare – rispose il ragazzo, cercando di mostrarsi tranquillo.

– Quando? – insistette la fanciulla.

– Domani vi saremo e rivedremo il babbo e la mamma.

– E dormiremo qui?

– È necessario, di notte le belve feroci escono dai loro nascondigli e vanno in cerca di preda. Se ci trovano in questo bosco ci mangeranno. Fatti coraggio e andiamo a cercare qualche rifugio.

Piegarono un'ultima volta verso il fiume, non osando fermarsi sotto quelle grandi piante e furono tanto fortunati da trovare un altro crepaccio, il quale formava una piccola caverna.

Pedro perlustrò prima l'antro per paura che servisse d'asilo a qualche animale od a qualche serpente e, trovatolo vuoto, invitò la sorellina a rientrarvi.

– Ora, – disse – vado a cercare la cena per te, preparerò un letto freschissimo dove potrai riposare tranquilla.

Avendo osservato parecchie piante fruttifere, approfittò degli ultimi bagliori del crepuscolo per far ritorno nella foresta.

Dopo pochi passi riuscì a scoprire una pinha, pianta che produce certe specie di pigne, le quali sotto le squame nascondono una polpa delicatissima che somiglia molto alla crema.

Avendo trovato al suolo parecchie di quelle frutta ne fece un'ampia provvista, poi tagliò delle foglie e fece ritorno alla caverna.

Cenarono alla lesta, poi si stesero sulle foglie colla speranza di passare una notte tranquilla.

Avevano appena chiuso gli occhi, quando nel bosco ricominciarono i rumori della notte precedente. I rospi, le rane ed i lupi rossi facevano un baccano assordante.

I due fanciulli, rannicchiati in fondo all'antro, non osavano muoversi e tremavano per la paura.

Cosa sarebbe successo di loro se qualche fiera li avesse scoperti?

– Fratello, – mormorava la ragazzina, battendo i denti – ho paura.

– Siamo bene nascosti – rispondeva Pedro. – E poi non ci sono io per difenderti?

Tutto d'un tratto, fra quei diversi clamori, i due ragazzi odono un urlo ben più potente degli altri, che fa subito tacere le rane ed i lupi rossi.

– Un giaguaro! – aveva esclamato Pedro impallidendo. – Sorellina, non muoverti!

La tigre americana non doveva essere molto distante. Forse in quel momento perlustrava le rive del fiume per cercare qualche cadavere respinto dalla corrente.

I due ragazzi, rannicchiati in fondo al loro buco, non osavano fiatare. Anche Pedro aveva sentito svanire tutto il suo coraggio.

La sanguinaria fiera s'avanzava, poiché l'urlo diventava sempre più distinto.

Si udivano le foglie secche a scrosciare sotto le zampe della bestiaccia ed i rami ad agitarsi. Certo si era accorta della vicinanza delle prede umane.

Infatti non erano trascorsi due minuti, quando Pedro udì dei sassi a rotolare.

Il giaguaro aveva scoperto il loro rifugio e s'arrampicava sulla roccia per agguantare i due ragazzi e trascinarli nella sua tana.

Il terrore aveva fatto perdere la testa alla fanciulla. Invece di starsene quieta aveva mandato un grido:

– Fratello, salvami!

Il giaguaro era comparso dinanzi al cavo. Era uno dei più grossi e probabilmente affamato.

Vedendo la ragazzina, aveva allungata una zampa verso di lei.

– Fratello, salvami – ripeté la misera, pazza di terrore.

Quel ragazzo, appena tredicenne, ebbe, in quel momento, il coraggio d'un vero uomo. Alzatosi rapidamente si era gettato dinanzi al giaguaro, gridando:

– Fuggi sorella!

Già la fiera aveva agguantato quel piccolo eroe, quando un lampo ruppe le tenebre, seguìto da uno sparo.

Il giaguaro era precipitato giù dalla rupe, col cranio fracassato da una palla.

Un istante dopo il cercatore di gomma si stringeva al petto i suoi due figli che aveva già pianto per morti.

Li cercava da trenta ore, vagando fra le foreste come un pazzo e li aveva ritrovati nel momento in cui stava per perderli per sempre.