I racconti della Bibliotechina Aurea Illustrata/Nel paese dei diamanti

Nel paese dei diamanti

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Il re degli antropofaghi Nel regno delle tenebre

NEL PAESE DEI DIAMANTI


Un giorno trovandomi alla Valletta, nell'isola di Malta, feci conoscenza con un vecchio capitano olandese il cui bastimento si era ancorato presso il nostro, nelle vicinanze del forte Figne.

Se la memoria non m'inganna, mi parve che m'avesse detto di essere nativo di Rotterdam e che al pari di quasi tutti i suoi compatrioti, si chiamasse un Von... non so se Steller o Blucher.

Vi so dire però con precisione che aveva in quell'epoca circa quarant'anni, che era un uomo di bello e fiero aspetto, con capelli biondi, occhi azzurri, pelle arsiccia pel sole dell'Equatore e pei venti e di statura imponente.

Certo doveva essere dotato d'una forza più che erculea.

Quel lupo di mare, e lo era veramente, aveva cominciato a navigare a sette anni, ed aveva fatto più di quindici volte il giro del mondo, visitando non so quanti paesi.

Era entrato nel porto con un albero spezzato, reduce da un disastroso viaggio dalle Canarie, ond'è che io, vinto dalla curiosità, mi ero subito arrampicato sulla sua nave, per sapere in quale modo aveva subito quel malanno.

L'olandese passeggiava in quel momento sul cassero, fumando una enorme pipa di porcellana. Essendosi accorto della mia presenza, m'invitò gentilmente a vuotare un bicchierino in sua compagnia, come si usa fare fra vicini d'ancoraggio.

Parlando egli abbastanza bene la nostra lingua non ci fu alcuna difficoltà per stringere un po' d'amicizia fra me ed il lupo di mare.

Ogni mattina io saliva sulla sua nave o lui calava sulla mia e si beveva qualche bicchiere o si vuotava qualche bottiglia in compagnia, chiacchierando del tempo, di viaggi o narrandoci avventure.

Un giorno essendo entrato improvvisamente nella sua cabina, lo vidi intento a guardare con una certa compiacenza un diamante d'una grossezza straordinaria.

Era grosso come un piccolo uovo di piccione, d'uno splendore incomparabile, però nel centro aveva una macchia giallastra.

– Dove avete trovato quel diamante? – gli chiesi con stupore.

L'olandese mi guardò sorridendo, poi additandomi la macchia giallastra, mi disse:

– Se questo diamante non avesse il difetto che vedete, avrebbe un valore immenso. Io non lo avrei ceduto per qualche milione, mentre invece non vale nemmeno la metà.

– Una bella cifra in fede mia – risposi. – Anche colla macchia io lo accetterei.

– Ne sono persuaso – mi disse, ridendo.

– E dove lo avete trovato?

– Questo diamante ha una storia curiosissima.

– Me la racconterete?

– Pranzate con me? Fra due bottiglie vi narrerò per quale caso straordinario io sono venuto in possesso di questo diamante.

La proposta era troppo bella per poterla rifiutare, quindi potete immaginarvi se io l'accettassi.

A mezzodì io e l'olandese eravamo comodamente seduti nella cabina della sua nave, dinanzi ad un pranzetto succolento che fu coscenziosamente divorato.

Sturata una vecchia bottiglia del Reno e accese le pipe, il mio olandese si sdraiò su una comoda sedia a bilanciere, simile a quelle usate dagli americani, poi mi disse:

– Sono quattro anni che io possiedo questo diamante e come vedete non ho mai pensato a venderlo, quantunque mi fossero stati offerti da un gioielliere ebreo cinquecentotrentamila lire.

«Nel 1874 certi mari non erano molto sicuri, specialmente quelli dell'Indocina.

«Vi esistevano ancora dei covi di pirati terribili, che bisognava evitare con estrema cura.

«Quegli scorridori del mare, montati su piccole navicelle armate di grosse spingarde, scorrazzavano soprattutto le coste della grande isola del Borneo, ridendosene delle cannoniere olandesi ed inglesi.

«I loro nascondigli si trovavano su certe isole deserte, circondate da scogliere inaccessibili o alle foci dei fiumi, dove i banchi di sabbia impedivano alle cannoniere di penetrare.

«Appena certi di poter tentare un buon colpo, uscivano dai loro covi, si spingevano rapidamente al largo, piombavano sulle povere navi mercantili, le saccheggiavano malmenando gli equipaggi che tentavano di resistere, poi tornavano a raggiungere i fiumi o le isole.

«Talvolta non si accontentavano di vuotare le navi; facevano prigionieri anche i marinai, vendendoli come schiavi ai capi del Borneo.

«Avendo io fatto un carico per Ternate ed avendo lasciato Colombo, la capitale di Ceylan, io ero adunque costretto a passare presso le coste del Borneo col pericolo d'incontrare quei fieri corsari.

«Eravamo già giunti felicemente nelle acque della grande isola quando un mattino un marinaio venne ad avvertirmi che una nave dall'aspetto niente affatto pacifico, ci seguiva a breve distanza.

«Salito subito in coperta, non tardai a scoprire il veliero in questione.

«Era uno di quei pesanti e grossi bastimenti che i cinesi chiamano giunche, colla prora quadrata, adorna d'un drago mostruoso, cogli alberi muniti di vele grossolane ed a poppa un timone enorme.

«Con un cannocchiale scorsi sul ponte un equipaggio assai numeroso composto di malesi e di bornesi e quattro cannoncini di ottone e vidi spiegata sull'albero maestro, una bandiera gialla, segno di pericolo.

«"Capitano," mi disse il mastro dell'equipaggio, "quella giunca pare che stia affondando. Non vedete come è immersa?"

«"E ci segnala che ha bisogno d'aiuti" aggiunse un gabbiere.

«Sapendo quanto siano pessimamente costruite le navi dei cinesi, non dubitai un solo istante che quella giunca avesse realmente sofferta una grave avaria e senz'altro diedi ordine al timoniere di dirigere la mia goletta verso i pericolanti.

Questi continuavano a far segnali e quando giunsi a portata di voce, il comandante della giunca mi disse che realmente la sua nave faceva acqua e mi pregava di recarmi da lui con alcuni marinai, onde lo aiutassi a chiudere la fessura apertasi sotto la poppa.

«Voi già sapete che fra marinai, si cerca di esserci reciprocamente utili nelle gravi circostanze.

«Feci mettere in mare una scialuppa e m'imbarcai assieme a quattro marinai, ordinando al mio secondo ufficiale di mettere la nostra nave attraverso il vento e di attendere il nostro ritorno.

«Giunti senza sospetto sulla giunca, prima ancora che io avessi aperto bocca, mi vidi circondato da uomini armati e subito venni atterrato ed imbavagliato.

«I miei uomini avevano subìto eguale trattamento, prima ancora che avessero pensato a difendersi.

«Subito dopo la giunca spiegava le vele e si dava alla fuga in direzione della costa bornese dalla quale non distavamo, in quel momento, più di sei miglia.

«Quel rapimento si era compiuto così lestamente, che quando la mia nave poté rimettersi alla vela, la giunca era ormai a parecchie centinaia di metri di distanza.

«Il mio equipaggio, accortosi troppo tardi del tradimento, si era messo animosamente in caccia sparando fucilate e facendo tuonare il piccolo cannone da segnali, non avendo la mia nave dei veri pezzi d'artiglieria.

«La giunca che era una buona veliera, si cacciò ben presto entro un fiume interrotto da molti banchi di sabbia e dove l'acqua non avrebbe permesso ad una nave grossa come la mia, d'inoltrarvisi.

«Risalimmo quel corso d'acqua per alcune ore, evitando con cura i banchi ed i bassifondi, poi la giunca si arrestò dinanzi ad un gruppo di capanne situate su delle palafitte.

«Quasi tutti gli abitanti del Borneo amano innalzare le loro abitazioni su dei pali piantati presso le rive del fiume, per non venir sorpresi dai nemici e anche per evitare gli assalti delle fiere, molto numerose in quella regione.

«Infatti vi abbondano le tigri, le pantere nere, le scimmie giganti ed i serpenti pitoni i quali se non sono velenosi, possiedono una tale forza da stritolare fra le loro spire perfino un bove.

«Appena gettata l'àncora, vidi salire un capo di selvaggi quasi nudo ma viceversa adorno di molti braccialetti e di penne e armato d'uno di quegli sciaboloni chiamati bolos, armi terribili perché basta un solo colpo per decapitare un uomo.

«Si avvicinò a noi guardandoci con particolare attenzione, poi ci fece togliere il bavaglio e slegare le gambe, dicendoci in un pessimo olandese:

«"Io sono da questo momento il vostro padrone. Seguitemi e badate di non tentare la fuga o vi ucciderò col mio bolos".

«Ci condusse a terra, ci diede da mangiare, poi chiamati dieci guerrieri, ci condusse nella foresta intimandoci di seguirlo.

«Eravamo molto inquieti perché sapevamo che i selvaggi delle parti centrali dell'isola sovente mangiano i loro prigionieri.

«Camminammo fino al tramonto, attraversando ora foreste superbe ed ora paludi riboccanti di serpenti d'acqua dalla pelle nera e viscida come quella delle anguille, finché giungemmo in un altro villaggio molto più popoloso del primo.

«Quella notte fummo lasciati riposare in una capanna.

«L'indomani il capo venne a riprenderci e ci disse:

«"Mi hanno detto che gli uomini bianchi sanno trovare i diamanti molto meglio di noi. Voi lavorerete quindi le nostre miniere".

«Nonostante le nostre proteste, fummo condotti su una montagna, dove si vedeva il suolo traforato in mille guise.

«Molti selvaggi, probabilmente dei poveri schiavi o dei prigionieri di guerra, lavoravano con accanimento, scavando pozzi e gallerie per cercare i preziosi diamanti.

«Spaccavano le rupi a gran colpi di piccone, portavano via la terra, si cacciavano nelle spaccature e rimescolavano le ghiaie sotto la sorveglianza d'uomini armati di fruste di pelle di rinoceronte.

«Di quando in quando s'alzavano urla di dolore e qualche schiavo cadeva colla schiena rigata di sangue. I feroci guardiani non risparmiavano i colpi, ve lo assicuro.

«L'isola del Borneo è ricca di diamanti quanto l'India, il Brasile ed il capo di Buona Speranza, anzi le sue miniere vanno annoverate fra le più ricche.

«Se ne sono trovati di splendidi, anzi si dice che il diamante più grosso lo possieda il Sultano di Brunei e sarebbe grosso quanto un uovo di gallina.

«Le preziose pietre si trovano per lo più nei terreni aridi ma non sono così belle come voi le vedete nelle vetrine dei gioiellieri, né così regolari.

«Per renderle così brillanti bisogna farle lavorare da abili artefici ed è necessario sacrificare una parte della loro grossezza.

«Già saprete che nel mio paese si trovano i più valenti lavoratori di diamanti.

«La miniera del capo selvaggio era d'una ricchezza inverosimile. Si può dire che ad ogni colpo di vanga si raccoglieva un diamantino e qualche volta anche uno più grosso.

«I sorveglianti, come usansi in tutte le miniere diamantifere, non perdevano di vista i lavoratori e quando ne vedevano uno ad accostare una mano alla bocca, gli piombavano addosso costringendolo ad aprire le mascelle ed alzare la lingua.

«Precauzione necessaria perché sovente i lavoranti inghiottono la pietra per raccoglierla poi più tardi, dopo che ha attraversato il corpo.

«Noi, sotto la minaccia di prenderci delle frustate, lavoravamo con accanimento, essendoci ormai rassegnati alla nostra triste sorte di schiavi.

«Però l'idea di riguadagnare la perduta libertà, mi tormentava incessantemente. Ne avevo perfino di troppo del paese dei diamanti e anche delle fatiche eccessive che quel brutale selvaggio c'imponeva.

«Erano trascorse tre settimane, quando una sera vidi entrare nella capanna che occupavo assieme ai miei marinai, una giovane selvaggia di bellezza straordinaria.

«Non aveva più di quindici anni e mi pareva d'alta condizione.

«Aveva le braccia e le caviglie dei piedi coperte di anelli d'oro e indossava una camicia di seta bianca.

«Stupito da quella visita inaspettata, chiesi alla giovane cosa desiderasse.

«"Sono qui venuta per salvarti" mi disse.

«"Chi sei tu?" le domandai.

«"Sono la nipote più giovane del capo. Ti ho veduto a lavorare, mi sono accorta che tu soffri e ho deciso di sottrarti alla schiavitù."

«"Tuo padre ti ucciderà" le osservai.

«"No, perché io fuggirò con te" mi disse. "Vuoi la libertà?"

«Esitai prima di risponderle, temendo che fosse qualche tranello e di compromettere quella giovane.

«Se il capo ci avesse sorpresi prima di giungere al fiume, ci avrebbe indubbiamente uccisi.

«"Parla" mi disse la fanciulla. "Io amo gli uomini bianchi e ti ho detto che voglio salvare te ed i tuoi compagni."

«"Lasciami prima interrogare i miei marinai" le dissi.

«"Domani sera verrò ancora qui."

«Ciò detto la giovane scomparve, senza far rumore.

«Svegliai i miei compagni e li informai di quanto era avvenuto. La risposta fu una sola:

«"Meglio rischiare la vita per la libertà piuttosto che continuare a lavorare le miniere".

«Fu dunque deciso di accettare la proposta della giovane e di tentare la sorte.

«Confesso che io dubitavo assai della buona riuscita del progetto. Il capo era un uomo assai sospettoso che ci faceva sorvegliare rigorosamente e poteva essersi accorto delle buone intenzioni della giovane.

«Non volli nondimeno contrariare i miei compagni di sventura e lo stesso giorno feci il mio piano per condurre il più rapidamente possibile il drappello sulle rive del fiume.

«Avevo conservato gelosamente una piccola bussola ed avevo notato la direzione tenuta da noi, durante la nostra marcia attraverso le foreste.

«Cessato il duro lavoro della giornata, fummo ricondotti alla solita capanna, dove ci venne portata la solita cena consistente in pochi pani di sagù ed in un po' di pesce affumicato.

«Avevamo appena finito di mangiare, quando nel rimuovere le foglie che ci servivano da letto, trovammo nascosti alcuni fucili e dei bolos.

«Come potete immaginare, la nostra gioia fu immensa. La giovane selvaggia non aveva mancato alle sue promesse.

«In quale modo poi avesse fatto portare quelle armi senza che nessuno se ne accorgesse, per noi era un mistero.

«Certamente aveva dovuto corrompere qualche guardiano.

«Ci dividemmo le armi ed attendemmo ansiosamente l'istante di andarcene.

«Verso la mezzanotte vedemmo entrare la nipote del capo.

«Era tutta avvolta in un lungo mantello di stoffa oscura e teneva in mano una piccola carabina.

«"È pronto l'uomo bianco?" mi chiese.

«"Sì" le risposi.

«"Ed i suoi amici?"

«"Anche loro."

«"Il momento è propizio" mi disse la giovane. "Tutti dormono e la via è libera."

«"Ed i sorveglianti?" chiesi. "Non daranno l'allarme?"

«"Dormono tutti" mi rispose la giovane con un sorriso. "E poi non vedranno nulla e non udranno nulla."

«"Allora tu devi averli comperati."

«"È probabile" mi disse. "Venite perché prima che spunti l'alba dovremo giungere al fiume."

«Uscimmo tutti con infinita cautela, e le armi in pugno, temendo sempre una brutta sorpresa.

«Qualche sorvegliante poteva aver tradito la giovane ed avvertito il terribile capo della nostra fuga.

«Invece nel villaggio e anche verso le miniere regnava un silenzio profondo e non si scorgeva alcuna sentinella.

«Scendemmo subito la montagna guidati dall'intrepida giovane e ci cacciammo in mezzo ai folti boschi di palmizi e di durion, marciando più rapidamente che ci era possibile.

«Eravamo già lontani una mezza dozzina di miglia, quando la giovane si arrestò, dicendomi:

«"Noi siamo inseguiti; qualcuno mi ha tradito".

«"Da che cosa lo arguisci?" le chiesi. "Io non ho veduto nessuno e non ho udito alcun rumore."

«"Eppure sono certa di non ingannarmi" mi rispose.

«"Se il capo ci raggiungesse e riuscisse a riprenderci, non ci risparmierebbe, è vero?"

«La giovane invece di rispondermi mi fece segno di seguirla.

«Si era cacciata in mezzo a delle macchie spinose e foltissime ed accelerava il passo.

«Mi pareva che fosse in preda a gravi inquietudini. Si voltava di frequente, poi si fermava ad ascoltare, quindi ripartiva quasi di corsa.

«Noi, ad ogni buon conto, avevamo caricati i fucili per essere pronti a rispondere.

«Spuntava l'alba quando ci trovammo improvvisamente sulla riva del fiume, in un luogo ove non si vedevano né capanne, né barche.

«"Bisogna costruire una zattera e scendere il fiume fino alla foce" mi disse la giovane. "Fate presto perché sono certa che il capo ed i suoi uomini non sono lontani."

«Sulla riva crescevano delle macchie gigantesche di bambù. Essendo noi armati di bolos, in pochi minuti ne atterrammo molti, scegliendo i più grossi, poi li unimmo con delle liane formando una grande zattera capace di portarci tutti.

«"Presto, presto!" disse la giovane. "Essi vengono!"

«Ci eravamo appena imbarcati, quando vedemmo degli uomini slanciarsi verso la riva.

«Erano quindici o venti selvaggi, guidati dal capo.

«"Katy!" gridò quest'ultimo. "Riconduci a terra gli uomini bianchi o ti uccido!"

«La giovane fece un gesto negativo e si slanciò verso di me, come per chiedermi di proteggerla.

«Era troppo tardi! Il capo aveva scaricato il suo fucile e la giovane era caduta ai miei piedi, col petto trapassato da una palla.

«Comandai una scarica. I selvaggi, vedendo che noi possedevamo delle armi, non attesero nuovi colpi e scomparvero nella foresta seguiti dal capo.

«Io aveva raccolto la giovane per curarle la ferita, ma mi accorsi subito che tutto sarebbe stato inutile.

«La vita sfuggiva rapidamente dal buco aperto dalla palla e la valorosa fanciulla impallidiva a vista d'occhio.

«"Uomo bianco" mi disse, con un singhiozzo "io muoio. Ti avevo amato fino dal primo giorno che ti avevo veduto ed avevo sognato di diventare la compagna della tua vita... il destino non l'ha voluto. Addio uomo bianco... muoio... nella mia cintura... un ricordo... tuo... tuo..."

«Cosa voleva dire? Ero tanto addolorato che subito non compresi.

«La poverina moriva, tenendo i suoi sguardi fissi nei miei e le sue mani strette nelle mie.

«Ad un tratto lo sguardo si spense e la bella testa si abbandonò sulle mie braccia.

«Katy era morta!

«Feci spingere la zattera sulla riva opposta per dare sepoltura all'infelice fanciulla e feci scavare una fossa assai profonda, onde le fiere non divorassero quel giovane corpo.

«Fu solamente nel momento di calarla nella fossa che mi rammentai delle ultime parole di Katy.

«"Nella cintura... un ricordo... tuo... tuo..."

«Le sollevai la cintura che le stringeva la camicia di seta e trovai il diamante che voi avete veduto.»

– Che istoria singolare! – esclamai. – E voi come vi siete salvato?

L'olandese vuotò un bicchiere pieno di vino del Reno come se volesse dimenticare quel triste ricordo, poi riprese dopo una lunga pausa:

– Non fu cosa facile scendere il fiume.

«I selvaggi che abitano le rive, probabilmente sobillati dal capo, ci diedero lungamente la caccia, lanciandoci contro frecce avvelenate e giavellotti.

«Nondimeno dopo due giorni noi giungevamo felicemente alla foce del fiume. Con nostra grande gioia vi trovammo una cannoniera olandese.

«Il mio equipaggio aveva condotto la nave a Bargiarmassing e colà aveva informato le autorità coloniali del nostro rapimento.

«La cannoniera era stata mandata per rintracciarci o per lo meno vendicarci e da tre settimane si trovava ancorata alla foce del fiume, in attesa della giunca che ci aveva fatti prigionieri.

«Fummo subito condotti a Bargiarmassing dove trovammo la nostra nave pronta a riprendere la navigazione.

«Ecco l'istoria di questo diamante.»


Quattro giorni dopo l'olandese lasciava Malta e da quell'epoca non udii più mai parlare di lui né del suo diamante.