I racconti della Bibliotechina Aurea Illustrata/L'eroe di Karthum (racconto storico)

L'eroe di Karthum (racconto storico)

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L'EROE DI KARTHUM

(racconto storico)


Una sera freddissima del 1884, quando le foltissime nebbie del Tamigi sorgevano a ondate più dense, stendendosi sui fumosi tetti di Londra, una carrozza tirata da due focosi cavalli, si fermava dinanzi ad una modesta palazzina dell'immensa città, ed un signore elegantissimo ne scendeva, suonando violentemente il campanello della cancellata.

Un vecchio servo negro, udendo quella suonata insolita, che aveva un non so che d'imperioso, era accorso ad aprire a quel notturno visitatore.

– Il generale Gordon è in casa? – aveva chiesto l'uomo elegante.

– Sì, signore, ma...

– Ditegli che lord B... della Casa di Sua Maestà la Regina d'Inghilterra, desidera parlargli e che i minuti sono preziosi.

Quell'annunzio aveva messo le ali ai piedi al vecchio negro. Un inviato della potentissima sovrana dell'Inghilterra ed imperatrice delle Indie, dominatrice d'una sesta parte del mondo, non si poteva fare attendere.

Un momento dopo lord B... si trovava nel gabinetto del generale, una stanza modestissima, senza lusso, decorata solamente con drapperie e gingilli cinesi.

Il generale che aveva allora sessant'anni, stava curvo sul suo scrittoio di mogano, leggendo... la Bibbia.

La vita del generale Gordon era stata tutta un'odissea, e forse nessun uomo si era acquistata mai maggior popolarità al mondo.

Era sorto, si può dire, quasi dal nulla, ma quanto genio racchiudeva il cervello di quell'uomo che aveva fatto già, a più riprese, stupire tutte le popolazioni della terra.

Suo primo sogno era stato quello di diventare un discreto ingegnere.

Uscito però dalla scuola di Woolwich, invece di fermarsi a Londra, si sentì prendere da una smania irrefrenabile di correre il mondo. Quell'uomo possedeva d'altronde tutte le qualità invidiabili per diventare un genio e occupare un alto posto: aveva la sagacità del matematico al più alto grado, la temerità di un soldato di ferro, la tenacia d'un profeta.

Eccolo in Oriente ed Occidente, preso da una sete ardente di tutto vedere e di tutto studiare e anche d'insegnare. Visita città e regioni quasi ignote agli europei, con la Bibbia in mano, predicando, lui, futuro uomo di guerra, la religione cristiana, e costruendo contemporaneamente ammirabili fortezze coi dati più precisi della scienza.

Una terribile insurrezione che minaccia di rovesciare l'Impero cinese, è l'occasione per far diventare l'ingegnere e l'apostolo uno dei più ammirabili soldati del mondo.

I taiping cinesi, stanchi della dinastia che governava l'immenso Impero cinese, piombavano dappertutto, sconfiggendo le armate dell'Imperatore, incendiando città, sgombrando a migliaia a migliaia gli abitanti.

Gordon lascia i compassi, le matite e la Bibbia e s'improvvisa condottiero.

Riunisce attorno a sé i soldati più impossibili, già scoraggiati da una lunga serie di rovesci, in pochi giorni l'istruisce, li equipaggia, li ordina e muove sulle innumerevoli orde dei taiping, già padroni di quasi mezzo Impero cinese.

Cosa appena credibile, l'ingegnere, diventato lì per lì generale, in pochi mesi soffoca completamente la ribellione che aveva disperso gl'infiniti eserciti dell'Imperatore e ridona alla Cina insanguinata la sua calma e le sue città.

Gettata la spada, ecco Gordon tornare ingegnere. Si rivede nel 1871 sul Tamigi costruire i forti di Gravesend, poi in Rumania per la regolarizzazione del Danubio, ove costruisce opere imponenti, poi nel Sudan, ove spiega le più brillanti qualità di generale e di governatore assieme al nostro italiano, il compianto Romolo Gessi, poi a Gerusalemme.

Voleva visitare tutti i villaggi e tutte le campagne che furono testimoni dell'opera biblica.

Con l'aiuto dei più rigorosi documenti e della deduzione della scienza esatta, Gordon segna sul mistico monte il luogo ove si era fermata l'arca di Noè, poi, forse soddisfatto si ritira nella sua villetta per riprendere i suoi studi preferiti.

Credeva la sua missione finita nel mondo, ma il destino gli serbava ancora qualche cosa di più grande. Il modesto ingegnere doveva diventare uno dei più grandi eroi del secolo e finire la sua vita tragicamente, fra il compianto del mondo intero.


* * *


Gordon, vedendo entrare il lord, si era alzato, immaginandosi forse il motivo della sua visita.

– Generale – gli disse senza preamboli il messo della Regina d'Inghilterra. – Si ha bisogno di voi.

Gordon si era inchinato senza rispondere, ma fissando sul lord uno di quegli sguardi che discendono fino in fondo all'anima.

– Voi sapete, forse meglio di me, – riprese il lord, – che tutto il Sudan, che voi avete governato per cinque anni con ammirabile energia e sagacia, è in fiamme.

«Il Mahdi, quell'uomo fatale alla civiltà egizia, è uscito novamente dai suoi deserti e ancora una volta ha vinto e sterminato le nostre truppe.

«Il nostro generale Hïks Pascià è stato massacrato a Kasghill assieme ai suoi tredicimila uomini; Dongola è stata presa ed il suo presidio passato a fil di spada ed il Mahdi, il profeta che si dice incaricato di sterminare i cristiani, sta per invadere l'Egitto e metterlo a ferro e a fuoco fino alla foce del Nilo.»

Gordon conservava il suo mutismo. Egli, che per cinque anni aveva tenuto il governo del Sudan, che conosceva a fondo il fanatismo mussulmano di quei popoli, sapeva meglio di tutti quale tremendo uragano aveva scatenato il Mahdi, quell'oscuro romito che con la sua parola, da un momento all'altro, aveva fanatizzato tutti gli abitanti dei deserti nubiani, predicando l'esterminio di tutti coloro che non credevano in Maometto.

– Generale – disse il lord, non ricevendo risposta. – È la Regina che chiede l'aiuto di uno dei suoi più fedeli sudditi.

Gordon ancora una volta tacque.

– È l'Inghilterra che guarda voi e che spera in voi per difendere l'onore della sua bandiera.

Gordon aveva alzato il capo. Una rapida commozione si era diffusa sul viso del vincitore dei taiping cinesi.

– È la patria che vi chiama – ripeté il lord.

Gordon emise un sospiro.

– Dite a Sua Maestà la Regina che Gordon partirà a difesa della bandiera inglese e dei suoi figli. O frenerò i colpi del Mahdi, o Gordon non rivedrà più mai l'Inghilterra.

Pochi giorni dopo il vecchio generale sbarcava ad Alessandria salutato come un salvatore, e partiva senza indugio per Karthum, la capitale del Sudan, l'ultimo baluardo che ancora rimaneva all'Egitto e all'Inghilterra sua protettrice e che le orde dei ribelli già minacciavano.

Gordon sapeva quali difficoltà lo attendevano e forse sapeva pure quale sorte gli era destinata.

Aveva però giurato di mantenere la sua promessa, o di vincere o di non rivedere più mai l'Inghilterra, e quell'uomo di ferro si accingeva serenamente e freddamente all'ardimentosa impresa.

Quasi tutto il Sudan, quell'immensa provincia dell'Africa bagnata dall'Alto Nilo, era in mano delle orde del Mahdi.

Chi era innanzi tutto quel Mahdi, che si faceva chiamare l'inviato di Dio, e che si proponeva di sconvolgere il mondo e d'imporre, con la scimitarra alla mano, la religione maomettana?

Egli, al pari di Gordon, aveva avuto umili natali.

Era figlio d'un povero costruttore di barche che abitava a Scendi, sul Nilo.

Dopo aver aiutato il padre per parecchi anni, era fuggito a Karthum per istruirsi e studiare il Corano, che è il libro sacro dei maomettani.

Assunto il titolo di Sceik, ossia di dotto, si era ritirato nel deserto per predicare alle orde quasi selvagge di baggàra, la religione e per farsi credere un inviato di Dio, destinato a proclamare l'eguaglianza fra i popoli e la distruzione del mondo cristiano.

Un giorno il Mahdi lascia il deserto e, seguìto da turbe immense di fanatici, proclama la guerra santa contro l'Egitto e contro l'Inghilterra.

Eccolo d'un tratto diventato un guerriero formidabile. Rovescia le sue orde attraverso il Sudan, disperde le truppe egiziane o meglio le massacra, espugna le città che osano resistergli, passando a fil di spada gli abitanti, spazza via egiziani ed inglesi con una lunga serie di vittorie strepitose.

Tutto il Sudan è in fiamme e milioni di fanatici esaltano la potenza ed il valore dell'inviato di Dio, che è proclamato invincibile.

Tutti fuggono. Egiziani e inglesi non osano più contrastargli il passo e vedono sparire, impotenti, con la morte nel cuore, i loro reggimenti, travolti da quella tremenda insurrezione.

Il Sudan intero è perduto per gli anglo-egiziani e solo Karthum resiste ancora.

Perfino sulle spiagge i seguaci del Mahdi, del pari invincibili, fanno sventolare superbamente la bandiera del profeta e affrontano anche gli italiani di Massaua dove però ricevono, per la prima volta, una severa lezione e più tardi perdono Kassala, espugnata furiosamente dai nostri soldati.

Frenare le orde vittoriose del Mahdi, padrone ormai del Nilo, pareva impresa così difficile da spaventare chiunque.

Ma Gordon non si era perduto d'animo. Eccolo ancora una volta tornare generale e prepararsi, con grande animo, ad affrontare la bufera di fuoco che pareva dovesse travolgere anche tutto l'Egitto, e spiegare la verde bandiera del profeta perfino sulle rive del Mediterraneo a sfida della cristianità intera.

Giungeva a Karthum, quando già il tradimento si era infiltrato nella popolazione, composta per la maggior parte di fanatici parteggianti per il Mahdi, ormai ritenuto da tutti come un figlio di Maometto e protetto da Dio.

Nondimeno, la sua fama aveva già preceduto il suo arrivo e l'accoglienza fattagli dalla popolazione fu, contrariamente alle previsioni, entusiastica.

Tutti ricordavano ancora i cinque anni di governatorato del generale, durante i quali molte ingiustizie aveva riparate, guadagnandosi la stima e la simpatia di quelle popolazioni.

Uomo energico, riorganizza subito le truppe egiziane, demoralizzate completamente da tante sconfitte, arma i piroscafi incaricati di percorrere il Nilo, improvvisa fortificazioni e promette a tutti giustizia contro le vessazioni rapaci dei governatori delle varie province.

Non soddisfatto, manda messi al Mahdi, offrendogli il governo del Kordofan e regali, pur di guadagnare tempo e prepararsi a difendere la capitale e la bandiera inglese ed egiziana.

Vani sforzi. Il Mahdi, sicuro di poter conquistare presto o tardi la capitale del Sudan, rifiuta sdegnosamente l'offerta ed i regali e lo invita, se vuol salva la vita, ad abbracciare la religione mussulmana, e le truppe si mostrano sempre più turbate dall'avvicinarsi delle orde ormai invincibili del profeta.

Un altro uomo, scoraggiato, avrebbe abbandonato l'impresa; Gordon no. Egli aveva una cieca fiducia nel suo destino e d'altronde quell'eroico uomo aveva ormai fatto il sacrifizio della propria vita.

Vincere o morire: tale era la sua divisa, e più nessuna cosa lo spaventava, nemmeno il tradimento che sentiva aggirarglisi d'intorno, aspettando il momento opportuno per abbatterlo.

Tristi notizie giungevano da tutte le parti: le truppe anglo-indiane, impotenti ad affrontare le orde vittoriose del Mahdi, o capitolavano o fuggivano e le sue navi, scaglionate lungo il Nilo, battevano dovunque in ritirata dopo i primi colpi di cannone.

Il tradimento lo avvolgeva sempre più. Le sole truppe sulle quali poteva calcolare, erano poche compagnie di egiziani di razza bianca che, nella loro qualità di cristiani, detestavano i mussulmani.

I turchi assoldati ed i battaglioni negri non nascondevano le loro simpatie per l'inviato di Dio, e gli arabi delle tribù vicine propagavano ai quattro venti l'imminente caduta della capitale del Sudan.

E poi gli agenti del Mahdi, che erano già riusciti ad entrare nella capitale, spargevano segretamente fra la popolazione e anche fra le truppe dei manifesti, redatti con prodigiosa abilità, che dovevano produrre una profonda impressione sui negri ignoranti e superstiziosi.

L'inviato di Dio sviluppava a modo suo le principali circostanze della sua vita e spiegava come la sua venuta era il compimento delle predizioni degli antichi profeti. Gordon avvertito, si decide di dare un terribile esempio per fare impressione sulle truppe poco sicure della loro fedeltà.

Era pronto ormai a tutto, pur di conservare all'Egitto la capitale del Sudan.

Un giorno entra improvvisamente in una caserma, dove sapeva che si leggevano e si discutevano quei pericolosi proclami e sorprende un sergente maggiore della cavalleria turca che stava spiegando ad alcuni soldati negri, non meno fanatici di lui, ciò che diceva il Mahdi, e chi era quel terribile vincitore di venti e più battaglie.

Il generale piomba come una bomba sul sergente, lo afferra pel colletto e, punto spaventato dell'atteggiamento minaccioso dei negri, lo trascina fino al picchetto di guardia, dicendo:

– Arrestate questo traditore!

Il domani all'alba il sergente era fucilato davanti al reggimento a cui apparteneva.

Quell'esempio aveva causato un salutare terrore. Si sapeva che Gordon non era uomo da scherzare e che era tale da far rispettare la disciplina militare a tutti, anche ai più alti ufficiali.

Due giorni dopo, però, si spargeva l'annunzio che le orde del Mahdi s'avanzavano in masse enormi verso la capitale, costeggiando le due rive del fiume e che gli anglo-egiziani preparavano, invece, una spedizione per soccorrere la città. Gordon si prepara arditamente alla resistenza, per lasciar tempo a lord Wolseley, comandante la spedizione anglo-egiziana, di giungere.

Fa incettare tutti i viveri, si assicura grano per due mesi, biscotto per quattro, una certa quantità di bestiame e fa armare tutti i piroscafi disponibili affinché cerchino di rallentare la marcia dei mahdisti.

Sperava che quei maestosi piroscafi producessero un buon effetto sui selvaggi che l'inviato di Dio spingeva verso Karthum.

Fu una ben amara delusione.

Qualche giorno dopo tutte le navi rientravano in porto più o meno avariate, quantunque Gordon avesse preso la precauzione di farle proteggere da buone artiglierie e barricare di grosse tavole di legno.

I mahdisti le avevano accolte con furiosi colpi di cannone, foracchiando i fianchi di parecchie, e disalberando le altre.

Tuttavia Gordon s'illudeva sempre di poter conservare la capitale del Sudan, la cui caduta non avrebbe mancato di produrre una immensa impressione in tutto l'Egitto, e rinforzare poderosamente la potenza già così enorme di quel nemico acerrimo della cristianità.

Sapeva che il generale Wolseley s'avanzava a marce forzate a traverso il deserto di Korosko, per aiutarlo a resistere. L'Inghilterra troppo tardi si era accorta di aver mandato quell'eroico Gordon incontro ad una morte più che certa ed ora tentava ogni sforzo per salvarlo.

Il Mahdi però vegliava e mentre si preparava ad assediare la capitale, con ogni sforzo poneva ostacoli alla marcia degli anglo-egiziani, moltiplicando la resistenza delle sue orde.

Tre mesi erano così trascorsi, durante i quali i mahdisti lentamente avevano circondato Karthum, occupando le due rive del Nilo, senza arrischiare una battaglia, tanto erano sicuri d'impossessarsene, sia per tradimento, sia affamando la guarnigione. Le prime inquietitudini cominciavano ad infiltrarsi nel cuore di ferro dell'eroico generale.

Ogni sera e ogni mattina, dall'alto della terrazza del palazzo del Governo, spingeva lontano gli sguardi dal maestoso Nilo, sperando di scorgere i piroscafi della spedizione di soccorso e non scorgeva null'altro che i bianchi ibis, quegli uccelli sacri agli antichi egiziani, volteggiare sulle acque rese fiammeggianti dai riflessi del tramonto o dall'aurora nascente.

Ed intanto, intorno a lui s'acuivano le diffidenze e lo scoramento. La folla, già fanatizzata dai proclami del Mahdi, rumoreggiava minacciosamente e le truppe turche non nascondevano più le loro simpatie per gli assedianti.

Solo le poche compagnie egiziane ed i pochi ufficiali inglesi che lo avevano seguìto, restavano fedeli e vegliavano attentamente alle porte, affinché gli abitanti non approfittassero delle tenebre per fare entrare gli avversari.

Una sera, un po' prima del tramonto, una notizia che rallegra i cuori fedeli si sparge come un fulmine per la città.

Una colonna di fumo è stata scorta verso il nord, alzarsi fra le acque del Nilo.

Gordon si precipita sulla terrazza che domina tutto il basso corso del fiume.

Sì, egli scorge fra le prime brume dell'orizzonte un sottile pennacchio di fumo che saliva a grande altezza.

– Stewart, – disse al suo aiutante di campo, – Dio è con noi: ecco il primo piroscafo che lord Wolseley manda in nostro soccorso. Domani la flottiglia egiziana sarà qui e ricacceremo nel deserto le orde del Mahdi.

Il maggiore, uomo che non era facile ad illudersi e che forse meglio del generale sapeva che il tradimento ormai li circondava, scrollò il capo.

– Dubitate? – chiese Gordon.

– Temo, mio generale. Se questa notte il Mahdi entrasse nella città?

– Si veglia a tutte le porte. Potete andare ad assicurarvi.

Aveva appena pronunziato quelle parole quando verso le caserme che fronteggiavano le rive occupate dai ribelli, si udirono improvvisamente rintronare alcune scariche.

Gordon s'era fatto un po' pallido.

– Maggiore – disse. – Andate ad informarvi che cosa succede. Io, intanto, farò radunare qui quanti europei vi sono in Karthum e organizzerò la difesa per potere resistere, nel caso che i nemici riuscissero a forzare le porte.

Chiamò i suoi ufficiali, impartì con voce tranquilla parecchi ordini, raccomandando di salvare prima di tutto le donne europee, poi risalì sulla terrazza, aprendo la Bibbia.

Le fucilate erano cessate e le tenebre avevano avvolto la città ed il Nilo, ma si vedeva in lontananza un branco minaccioso, che s'avanzava verso il centro della città.

Gordon, calmo, tranquillissimo, ascoltava.

Erano trascorsi pochi minuti quando si udirono colpi di fuoco isolati, poi altre scariche, poi si levò un urlo immenso.

Turbe di gente atterrita passavano a corsa sfrenata per le vie della città, e non erano formate da cittadini. Vi erano mescolati soldati turchi, negri ed indigeni, i quali, per essere più lesti nella corsa, gittavano via le armi.

Gordon pallido, ma risoluto, cinse la sciabola, impugnò la rivoltella e scese nelle stanze inferiori gridando con voce poderosa:

– Barricate le porte!

Nessuno aveva risposto. Mentre nelle vie i clamori aumentavano, nel suo palazzo regnava un silenzio di tomba.

Ufficiali e soldati erano fuggiti come un branco di cervi, spaventati all'annunzio che i mahdisti erano entrati in città, abbandonando al suo destino l'eroico generale.

I pochi ufficiali inglesi, incaricati di condurre in salvo le donne europee, non erano ancora tornati.

Probabilmente erano stati sorpresi prima che potessero giungere al palazzo del Governo, trucidati, forse, dai loro stessi soldati.

Gordon comprese che tutto era finito e che la sua vita stava per venire brutalmente spenta, eppure, fidando ancora nel proprio prestigio e nella propria energia, volle tentare un ultimo colpo.

Stava per scendere dallo scalone, risoluto a frenare la fuga dei soldati e costringerli a far fronte al nemico, almeno fino all'arrivo dei piroscafi inglesi che non dovevano essere lontani, quando comparve il suo aiutante di campo con gli abiti a brandelli e la sciabola sanguinante.

– Mio generale! – gridò il maggiore. – Fuggite se volete salva la vita.

Un pallido sorriso sfiorò le labbra di Gordon.

– Fuggire! – esclamò. – Sono già vecchio!

Poi chiese:

– Chi ci ha traditi?

– I soldati negri che erano a guardia delle porte sul Nilo: quei miserabili erano stati comprati dagli emissari del Mahdi.

– Credete possibile una resistenza?

– Tutti fuggono, generale! – rispose il maggiore. – I reggimenti non sussistono più e gli ufficiali sono stati uccisi dai loro stessi soldati.

– E gli egiziani?

– Sbandati dopo una resistenza di pochi minuti. Venite, generale, o fra pochi minuti sarà troppo tardi. I mahdisti invadono la città.

Invece di scendere, Gordon salì sulla terrazza, incrociò le braccia e guardò lungamente il Nilo.

Dei punti luminosi brillavano sulle cupe acque dell'immenso fiume e pareva che si accostassero alla città.

– Ecco le avanguardie di Wolseley. Peccato che siano giunte troppo tardi. Venite, sir Stewart, forse potremo ancora tentare qualche cosa.

Ridiscese lo scalone con passo fermo e tranquillo, guardando tristamente le sale ormai deserte e uscì sulla via con la sciabola in pugno.

Passavano in quel momento, a corsa sfrenata, alcuni drappelli di soldati mescolati a diversi europei.

– Vili! – gridò. – Fermatevi! Wolseley sta per giungere.

– I mahdisti! I mahdisti! – urlavano i fuggenti, raddoppiando la corsa.

Nessuno più poteva trattenerli. Gordon ringuainò la sciabola e disse a Stewart:

– Maggiore, salvatevi.

– E voi?

– Gordon non fugge mai. Rimango qui. Voi potete ancora salvare delle donne a bordo dei piroscafi. Andate, ve lo comando!

Il maggiore esitava, ma un gesto imperioso del generale lo costrinse ad ubbidire.

Si era appena allontanato di pochi passi, che una banda di baggàra, i più feroci guerrieri del Mahdi, piombava sul generale, che li aveva aspettati a piè fermo, con le braccia incrociate sul petto.

Pochi istanti dopo, la testa dell'eroico difensore di Karthum, piantata su una picca, veniva portata all'inviato di Dio.

All'alba i piroscafi di Wolseley giungevano sotto le mura della capitale del Sudan, ma allora le bandiere anglo-egiziane non sventolavano più sui merli della vecchia città!

Ebbero appena il tempo di raccogliere i pochi europei sfuggiti al massacro, fra cui il maggiore, e di prendere il largo sotto una tempesta di proiettili.

Tre anni dopo, però, morto il Mahdi, di cholera, la potenza mahdista veniva finalmente fiaccata per sempre dalle truppe inglesi da una parte e dall'Italia dall'altra.

Gordon era vendicato.