I quattro libri dell'architettura (1790)/Libro I - XXVII

Libro I - Capitolo XXVII

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CAPITOLO XXVII.

De’ Cammini.


USarono gli Antichi di scaldare le loro stanze in questo modo. Facevano i camini nel mezzo con colonne, o modiglioni, che sostenevano gli Architravi: sopra i quali era la Piramide del camino, d’onde usciva il fumo, come se ne vedeva uno a Baie appresso la Piscina di Nerone; e uno non molto lontano da Civita Vecchia. E quando non vi volevano camini; facevano nella grossezza del muro alcune canne, o trombe per le quali il calor del fuoco, ch’era sotto quelle stanze saliva e usciva fuori per certi spiragli, o bocche fatte nella sommità di quelle canne. Quasi nell’istesso modo i Trenti, Gentiluomini Vicentini, a Costoza lor Villa rinfrescano l’Estate le stanze: perciocchè essendo nei monti di detta Villa, alcune cave grandissime, che gli abitatori di quei luoghi chiamano covali, ed erano anticamente Petraie, delle quali credo che intenda Vitruvio, quando nel secondo libro, ove tratta delle pietre, dice, che nella Marca Trivigiana si cava una sorte di pietra, che si taglia con la sega, come il legno, Nelle quali nascono alcuni venti freschissimi; questi Gentiluomini per certi volti sotterranei, ch’essi dimandano Ventidotti, gli conducono alle loro case e con canne simili alle sopradette conducono poi quel vento fresco per tutte le stanze, otturandole, ed aprendole a lor piacere per pigliare più e manco fresco, secondo le stagioni. E benchè per questa grandissima comodità sia questo luogo maraviglioso; nondimeno molto più degno di esser goduto e visto lo rende il carcere de’ Venti, che è una stanza sotterra fatta dall’Eccellentissimo Signor Francesco Trento e da lui chiamata EOLIA: ove molti di detti Ventidotti sboccano: nella quale per fare che sia ornata e bella e conforme al nome egli non ha sparagnato nè a diligenza, nè a spesa alcuna. Ma ritornando a i camini; noi li facciamo nella grossezza dei muri, ed alziamo le loro canne fin fuori del tetto: acciocchè portino il fumo nell’Aria. dove si deve avvertire che le canne non si facciano nè troppo larghe, nè troppo strette: perchè se si faranno larghe, vagando per quelle l’Aria; caccerà il fumo all’ingiù e non lo lascerà ascendere, ed uscir fuori liberamente: e nelle troppo strette il fumo non avendo libera la uscita, s’ingorgherà e tornerà indietro: però ne’ camini per le stanze non si faranno le canne nè meno larghe di mezzo piede, nè più di nove once e lunghe due piedi e mezzo: e la bocca della Piramide dove si congiunge con la canna si farà alquanto più stretta: acciocchè ritornando il fumo in giù; trovi quell’impedimento e non possa venir nella stanza. Fanno alcuni le canne torte, acciocchè per quella tortuosità e per lo fuoco che lo spinge in sù; non possa, il fumo tornare indietro. I fumaroli, cioè i buchi per dove ha da uscire il fumo; deono essere larghi e lontani da ogni materia atta ad abbruciarsi. Le Nappe, sopra le quali si fa la Piramide del camino; deono esser lavorate delicatissimamente, ed in tutto lontane dal Rustico: perciocchè l’opera rustica non si conviene, se non a molto grandi edifizj per le ragioni già dette.