I quattro libri dell'architettura (1790)/Libro II - II
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Libro II - II
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CAPITOLO II.
Del Compartimento delle stanze ed altri luoghi.
A
Cciochè le case siano comode all’uso della famiglia senza la qual comodità sarebbero degne di grandissimo biasimo, tanto sarebbe lontano che fossero da essere lodate; si dovrà aver molta cura non solo circa le parti principali, come sono logge, sale, cortili, stanze magnifiche, e scale ampie lucide e facili a salire, ma ancora che le più piccole e brutte parti siano in luoghi accomodati per servizio delle maggiori e più degne. Perciocchè siccome nel corpo umano sono alcune parti nobili e belle, ed alcune piuttosto ignobili e brutte che altrimenti, e vediamo nondimeno che quelle hanno di queste grandissimo bisogno, nè senza loro potrebbero stare, così ancora nelle fabbriche devono essere alcune parti riguardevoli e onorate, ed alcune meno eleganti, senza le quali però le suddette non potrebbero restar libere e così perderebbero in parte della loro dignità e bellezza. Ma siccome Iddio Benedetto ha ordinato questi membri nostri, che i più belli siano in luoghi più esposti ad esser veduti, ed i meno onesti in luoghi nascosti; così ancor noi nel fabbricare collocheremo le parti principali e riguardevoli in luoghi scoperti, e le men belle in luoghi più ascosi agli occhi nostri che sia possibile, perchè in quelle si riporranno tutte le bruttezze della casa, e tutte quelle cose che potessero dare impaccio ed in parte render brutte le parti più belle. Però lodo, che nella parte più bassa della fabbrica, la quale io faccio alquanto sotterra, siano disposte le cantine, i magazzini da legne, le dispense, le cucine, i tinelli, i luoghi da liscia, o bucata, i forni, e gli altri simili che all’uso quotidiano sono necessarj; dal che si cavano due comodità, l’una che la parte di sopra resta tutta libera, e l’altra, che non meno importa, è, che detto ordine di sopra divien sano per abitarvi essendo il suo pavimento lontano dall’umido della terra, oltre che alzandosi ha più bella grazia ad esser veduto e al veder fuori. Si avvertirà poi nel resto della fabbrica che vi siano stanze grandi, mediocri, e piccole, e tutte l’una accanto all’altra, onde possano scambievolmente servirsi. Le piccole si ammezzeranno per cavarne camerini, ove si ripongano gli studioli o le librarie, gli arnesi da cavalcare, ed altri invogli de’ quali ogni giorno abbiamo di bisogno, e non sta bene che stiano nelle camere dove si dorme, mangiasi, e si ricevono i forestieri. Appartiene ancora alla comodità, che le stanze per l’estate siano ampie e spaziose e rivolte a settentrione, e quelle per l’inverno a meriggio e ponente, e siano piuttosto piccole che altrimenti; perciocchè nell’estate noi cerchiamo l’ombre ed i venti, e nell’inverno i Soli, e le piccole stanze si scalderanno più facilmente che le grandi. Ma quelle, delle quali vorremo servirci la primavera e l’autunno, saranno volte all’oriente, e riguarderanno sopra giardini e verdure. A questa medesima parte saranno anche gli studj o librarie, perchè la mattina, più che d’altro tempo, si adoprano. Ma le stanze grandi con le mediocri, e queste con le piccole devono essere in maniera compartite, che (come ho detto altrove) una parte della fabbrica corrisponda all’altra, e così tutto il corpo dell’edificio abbia in se una certa convenienza di membri, che lo renda tutto bello e grazioso. Ma perchè nelle città quasi sempre, o i muri dei vicini, o le strade e le piazze pubbliche assegnano certi termini, oltre i quali non si può l’Architetto estendere, fa di bisogno accomodarsi secondo l’occasione de’ siti, al che daranno gran lume (se non m’inganno) le piante e gli alzati che seguono, i quali serviranno per esempio delle cose dette ancora nel passato Libro.