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10. Lo stile delle sculture dell’arco Traiano a Benevento

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10. Lo stile delle sculture dell’arco Traiano a Benevento
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10. lo stile delle sculture dell’arco traiano
a benevento


In fine del paragrafo settimo1 riportai le opinioni di Quatremére de Quincy e di Selvatico sui pregi delle sculture del nostro Arco, e feci vedere che essi fanno differenza tra quelle degli intercolunnii e quelle dell’attico. Ora, dopo che abbiamo analizzato minutamente ogni singolo quadro, ci riesce più lieve il compito di esaminare se sia esatta la loro affermazione.

Confesso che dinanzi all’autorità di si illustri scrittori io mi son preoccupato per un momento, e quasi mi sarei fatto rimorchiare dalla loro opinione, se non mi fosse venuto a sorreggere il pensiero che l’autorità, per somma che sia, non possa imporsi a segno da farci ritenere come assioma ciò che in ogni tempo può presentarsi al libero esame spoglio di qualsiasi preconcetto.

Tanto più che nè Quatremére, nè Selvatico hanno visto il nostro monumento, devo ritenere che il loro giudizio non sia stato neppur vergine delle altrui impressioni. Ma chi per loro ha scorto diferenza di stile tra un quadro e l’altro non ha dovuto soffermarsi innanzi il nostro monumento tutto quel tempo che sarebbe stato necessario a fermare bene i criterii artistici; e ha dovuto emettere il suo giudizio più per impressione che per convincimento. Di vero, se egli avesse posto mente che le due vittorie nei due timpani della facciata rivolta alla città (tav. X e XI) e quelle dei misteri mitriaci in tutti e quattro gli intercolunnii (fig. 2. intercalata nel testo) sono di una bellezza e di una perfezione quasi insuperabili, sarebbe entrato in un ordine di idee più complesso, che gli avrebbe richiamate alla mente altre considerazioni, e gli avrebbe fatto escludere la primiera opinione, figlia della prima impressione.

Ingegniamoci adesso noi di fare qualche analisi, e di poter pervenire ad un giudizio men subiettivo.

Pria di tutto io stimo non si possa ritenere seriamente che il nostro Arco sia stato costruito a riprese, e debbasi ammettere, quasi senza discussione, che esso sia stato completato in [p. 211 modifica]un periodo relativamente breve, e sempre alcun tempo prima, non solo della morte di Traiano, ma ancora che le Partiche azioni egli avesse compiute. Fermato così questo concetto, ne deriva che le sculture che lo adornano debbano ritenersi coeve del monumento. E, se è così, deve ritenersi pure che i medesimi artisti sieno stati impiegati a scolpire tutti i quadri; e che, per tanto, una differenza notevole di stile non siasi mai potuta verificare, ammessa anche la diversità di mano, di perfezione e di diligenza fra un artista e l’altro. Oltre di che, è a considerare che la intonazione di stile non la danno gli esecutori ultimi, ma la imprime il direttore dell’opera, colui che ne ha concepito l’assieme.

Secondo me la erroneità dei riferiti giudizii ha dovuto provvenire dal non essersi posto mente al vario grado di conservazione di ciascun quadro ed alla diversità del soggetto. Per riguardo alla prima quistione notisi che i quadri più bassi hanno sofferto le maggiori ingiurie, non solo degli uomini, ma ben anche del tempo. Trovandosi essi a migliore portata del bersaglio dei monelli, i maggiori rilievi delle loro figure sono stati più scheggiati o rotti, e le vesti e le sinuosità ed i particolari loro più belli o arrotondati o distrutti affatto, più che non sia avvenuto per i quadri più alti. Per convincersene basta portare l’esame sopra i quadri grandi dell’istesso intercolunnio, dal più basso a quello dell’attico; si riconoscerà bentosto che sia esatta la mia osservazione. Così fa mestieri esaminare partitamente in quattro gruppi, primo i quadri delle tavole XIV, XVI e XIX, secondo quelli delle tavole XV, XVII e XVIII, terzo quelli delle tavole XXII, XXIV e XXVI, e finalmente quelli delle tavole XXIII, XXV e XXVII, a parte per quest’ultimo la mancanza di un gran pezzo, portato via da tremuoto2.

Oltre a ciò, notisi eziandio che una veste di licheni ha ricoperto più i quadri inferiori che quelli dell’attico; la qual cosa stimo prodotta dalle grondaie degli edifizii che un tempo si addossavano all’arco e dagli sbattimenti dell’acqua del tetto che un tempo l’ha ricoperto3. [p. 212 modifica]

Queste due osservazioni non sono si lievi, come a prima giunta potrebbesi credere; imperciocchè il nostro occhio, nella prima impressione, è guidato dalla maggiore o minore precisione dei contorni e dalla intensità della luce riflessa delle scolture, apparendo più pregevole ciò che per la precisione dei contorni è più pronunciato, e più vago ciò che è meno annerito dal tempo.

Per riguardo alla seconda quistione osservo che la diversità del soggetto ha consigliato l’artista a far entrare nel quadro un numero diverso di figure, di simboli e di particolari; la qual cosa ha fatto riuscir molto differente la composizione di un quadro dall’altro. Devesi a questa ragione se in taluni quadri abbiamo osservato che le figure sono disposte perfino in quattro piani, degradanti dal rilievo quasi intero al bassorilievo propriamente detto. E vedemmo4 che, dato questo genere di scultura storica, creazione tutta romana, non era possibile evitare il partito delle figure degradanti da piano e piano.

Ciò posto, se può riuscir più vago all’occhio un quadro scultorio nel quale entri minor numero di figure e queste sieno disposte nel minor numero di piani, non puossene, a parer mio, dedurre solo per questo fatto che lo stile sia differente.

Ma v’ha di più. Quando il Selvatico e il Quatremére de Quincy hanno asserito esservi divario tra le sculture dei quadri dell’attico e quelle degli intercolunnii, non hanno fatta osservazione che anche i quadri dell’attico presentino molta diversità fra di loro, e che i due di sinistra (tav. XIX e XXVII), su ambedue le facciate, sieno difformi assai per composizione da quelli di destra (tav. XVIII e XXVI). Ora, ponendo in raffronto i quadri ultimi (tav. XVIII e XXVI) con gli altri degli intercolunnii, e segnatamente con quelli delle tavole XIV, XVI e XVII, vi si deve riconoscere uniformità di stile, insieme a quella di composizione. Anzi il quadro della tavola XIV, il quale è il più basso di uno dei due intercolunnii della facciata interna, se si tien considerazione delle gravi ingiurie sofferte, deve ritenersi come uno dei più belli del nostro monumento. [p. 213 modifica]

Osservisi ancora che nei quadri delle tavole XVII e XVIII l’artista, per lasciare scorgere le figure posteriori, ha usato il medesimo partito, di scolpire cioè più basse quelle anteriori. La quale coincidenza di partito in due quadri, l’uno dell’intercolunnio e l’altro del fondato corrispondente dell’attico, riconferma che unico sia il loro stile. Lo stesso dicasi per il quadro della tav. XVI.

E quale è quest’unico stile?

Dopo quanto dissi nel paragrafo 8.° intorno ai caratteri differenziali delle sculture greche e romana, segnatamente per i bassorilievi, apparisce chiaro, senza bisogno di ulteriore disamina, che le sculture del nostro monumento appartengano alla scuola romana, per il genere storico, sconosciuto affatto ai Greci, per la disposizione delle figure in più piani e per i minuti ornamenti5. Ma non sarebbe completo il giudizio, se si trasandasse di analizzare la figura indipendentemente dalla composizione e dai particolari di ciascun quadro.

Dissi che la figura nelle sculture del nostro Arco, quando è storica, è iconica, e questo è un altro carattere che la fa differenziare dalla greca6. Ma però, anche quando ciò avviene, non le mancano alcune delle caratteristiche della figura greca, come a dire la stupenda e spiccata notomia dei muscoli, gli avvolgimenti più minuti e delicati delle vesti, i quali danno risalto maggiore alle parti nude. Questi pregi riscontransi in tutti i quadri, come ho fatto rilevare nella loro particolareggiata analisi.

Di maniera che devesi ritenere indubitamente che le sculture del nostro Arco conservino le buone tradizioni dell’arte greca. Il che spiega e, ad un tempo, riconferma ciò che dissero il Selvatico e il Commendator Rosa7, che, cioè, la scultura romana verso il declinare dell’impero di Traiano prese un indirizzo affatto Greco. Quindi anche per questo verso devesi ritenere che il nostro monumento appartenga ad uno dei più belli periodi dell’arte romana, e meriti maggiore considerazione da parte degli intelligenti e degli studiosi.

Note

  1. Pag. 53.
  2. Pag. 170.
  3. In una antica incisione del nostro Arco conservata dai signori Colle de Vita di Benevento si vede costruita sull’attico una stanzetta ricoverta da tetto.
  4. Pag. 56 e 57.
  5. Pag. 57.
  6. Pag. 56.
  7. Pag. 57 di quest’opera.