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arco traiano 213


Osservisi ancora che nei quadri delle tavole XVII e XVIII l’artista, per lasciare scorgere le figure posteriori, ha usato il medesimo partito, di scolpire cioè più basse quelle anteriori. La quale coincidenza di partito in due quadri, l’uno dell’intercolunnio e l’altro del fondato corrispondente dell’attico, riconferma che unico sia il loro stile. Lo stesso dicasi per il quadro della tav. XVI.

E quale è quest’unico stile?

Dopo quanto dissi nel paragrafo 8.° intorno ai caratteri differenziali delle sculture greche e romana, segnatamente per i bassorilievi, apparisce chiaro, senza bisogno di ulteriore disamina, che le sculture del nostro monumento appartengano alla scuola romana, per il genere storico, sconosciuto affatto ai Greci, per la disposizione delle figure in più piani e per i minuti ornamenti1. Ma non sarebbe completo il giudizio, se si trasandasse di analizzare la figura indipendentemente dalla composizione e dai particolari di ciascun quadro.

Dissi che la figura nelle sculture del nostro Arco, quando è storica, è iconica, e questo è un altro carattere che la fa differenziare dalla greca2. Ma però, anche quando ciò avviene, non le mancano alcune delle caratteristiche della figura greca, come a dire la stupenda e spiccata notomia dei muscoli, gli avvolgimenti più minuti e delicati delle vesti, i quali danno risalto maggiore alle parti nude. Questi pregi riscontransi in tutti i quadri, come ho fatto rilevare nella loro particolareggiata analisi.

Di maniera che devesi ritenere indubitamente che le sculture del nostro Arco conservino le buone tradizioni dell’arte greca. Il che spiega e, ad un tempo, riconferma ciò che dissero il Selvatico e il Commendator Rosa3, che, cioè, la scultura romana verso il declinare dell’impero di Traiano prese un indirizzo affatto Greco. Quindi anche per questo verso devesi ritenere che il nostro monumento appartenga ad uno dei più belli periodi dell’arte romana, e meriti maggiore considerazione da parte degli intelligenti e degli studiosi.

  1. Pag. 57.
  2. Pag. 56.
  3. Pag. 57 di quest’opera.