I minatori dell'Alaska/XXXII - L'attacco del «bushranger»

XXXII — L'attacco del «bushranger»

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XXXII — L'attacco del «bushranger»
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XXXII — L'ATTACCO DEL «BUSHRANGER»


Malgrado i loro timori, la notte fu calma. Soltanto alcuni lupi, spinti dalla fame, osarono mostrarsi in vicinanza dell'accampamento, assordando gli uomini di guardia con i loro ululati. Un colpo di fucile, che abbattè il più ardito, bastò però a ricacciarli sulle montagne dalle quali erano scesi. Dopo un'abbondante colazione, il drappello riprendeva il cammino inoltrandosi in mezzo a una gigantesca foresta che pareva dovesse estendersi, senza interruzione, fino sulle rive del Bonanza. Essendo il terreno meno accidentato del giorno precedente, la marcia dapprima fu rapida, però ben presto fu rallentata a causa dei boschi, che crescevano fra gli enormi tronchi dei pini bianchi e neri, degli abeti, e dei cedri selvatici. Sospettando che la selvaggina abbondasse in mezzo a quelle piante gigantesche e a quei cespugli, Bennie e Armando nominati provveditori della carovana, si erano messi all'avanguardia, tenendo i fucili in mano. Le orme non mancavano sul terreno umido. Di tratto in tratto si vedevano delle tracce di alci, di lupi, di raccoon, di carcajou e anche di ovibus, specie di buoi selvatici, di statura piuttosto bassa e con corna formidabili. Già avevano percorso una diecina di miglia, sempre inoltrandosi in quella grande foresta, quando Bennie mostrò ad Armando numerosissime impronte. Pareva che un grosso branco di animali forniti di zoccoli, si fosse fermato là poco prima.

— Sì — disse il canadese, osservando i muschi. — Quegli animali hanno pascolato di recente, forse da qualche ora.

— Che cosa sono? — chiese Armando.

— Saranno degli ovibus.

— Valgono un colpo di fucile?

— Anche due, Armando.

— Cerchiamo di scovarli, Bennie.

— Non domando di meglio, amico. Lasciamo che i nostri compagni continuino la marcia, e noi scostiamoci un po' e seguiamo queste tracce.

— Non ci smarriremo?

— Bah!... Un vecchio cacciatore!...

— Allora andiamo.

Avvertirono i compagni, promettendo loro di raggiungerli al più presto, e si cacciarono sotto gli alberi giganteschi, seguendo le orme lasciate dal branco. Percorsi cinque o seicento metri, il canadese rallentò il passo invitando il compagno a fare altrettanto. Sapendo quanto quei ruminanti siano difficili ad avvicinarsi, non voleva allarmarli. Sarebbe bastato il più lieve rumore a metterli in guardia o a farli fuggire, ed essendo agilissimi, un inseguimento non avrebbe dato alcun risultato. Le orme, continuamente esaminate da Bennie, diventavano sempre più distinte, poiché il suolo della foresta diventava sempre più umido. Ormai si scoprivano chiaramente i luoghi dove gli animali si erano fermati.

— Adagio, Armando, — disse a un tratto Bennie, fermandosi dietro al tronco di un cedro colossale. — Non udite nulla?

— Sì, dei lontani muggiti.

— Sono i nostri buoi muschiati.

— Devono essere nascosti in mezzo a quelle macchie, Bennie.

— Sì, certo. Avanti, senza far rumore.

Passando da un tronco all'altro, con gli occhi bene aperti, e il dito sul grilletto dei fucili, i due cacciatori s'inoltrarono per circa duecento metri, camminando sulla punta dei piedi per non far smuovere le foglie secche. Stavano per aggirare un vecchio pino, quando a sessanta od ottanta metri videro sbucare, da un fitto cespuglio, due animali. A prima vista sembravano due grossissimi montoni; infatti i buoi muschiati, ricordano con la loro conformazione, le pecore e i bovini. Sono di statura piccola, hanno le zampe corte, il muso peloso, con la bocca stretta, simile a quella dei montoni, la testa però è armata di due corna formidabili che s'incurvano in avanti, e alla base formano due masse ossee di grande spessore e molto rialzate. Il loro pelame è bellissimo, lungo, sottile, con i riflessi della seta, bruno, e scende fin quasi a coprire tutte le zampe. Un tempo questi animali erano numerosi nell'Alaska e sulle coste dell'America Polare, dove si vedevano galoppare in branchi numerosissimi di settanta od ottanta capi. Gli esquimesi li hanno ora quasi totalmente distrutti, e non si trovano ormai che nelle isole più settentrionali, specialmente nella Terra del Re Guglielmo, di Wollaskon e di Vittoria. Alcuni si vedono ancora nelle foreste più fitte dell'Alaska e delle terre dell'Innui occidentale, però si prevede che non tarderanno a scomparire, essendo cacciati accanitamente. I due buoi muschiati, forse gli ultimi del branco, avevano subito scorto i due cacciatori. Prima che Bennie e Armando avessero avuto il tempo d'imbracciare i fucili e di mirare, avevano fatto un fulmineo giro attorno alla macchia, fuggendo a precipizio.

— Corna di bisonte!... — urlò il canadese.

I due cacciatori si lanciarono di comune accordo dietro ai fuggiaschi, urlando a piena gola per far accorrere i compagni, i quali non dovevano trovarsi molto discosti. Per sette od otto minuti tennero dietro ai due buoi, poi li perdettero di vista. Malgrado le loro forme pesanti, quegli animali avevano preso un galoppo più rapido di quello dei cavalli.

— Al diavolo!... — esclamò Bennie, arrestandosi — Le nostre gambe non possono competere con le loro. Non mi sarei mai immaginato che corressero tanto.

— Abbiamo sprecato inutilmente il nostro tempo — disse Armando.

— Ci rifaremo un'altra volta.

— Raggiungiamo i compagni?

— Sì, Armando.

Si gettarono i fucili in spalla e piegarono verso sud per incrociare il drappello che aveva continuato la sua marcia verso est. Già cominciavano a sentire il nitrito dei cavalli quando, mentre stavano girando attorno a un pino caduto per decrepitezza, udirono una voce gridare:

— Ehi!... Gentlemen!... Stop!...

Bennie e Armando, sorpresi per quell'improvvisa intimazione, girarono intorno lo sguardo per vedere con chi avevano a che fare. Quella parte della foresta era molto fitta e selvaggia. All'intorno s'alzavano enormi pini e cedri, che certo contavano parecchi secoli e sotto quei colossi crescevano in gran numero dei cespugli, coronando i margini di alcune rocce, che formavano una lunga barriera serpeggiante in mezzo alla foresta.

Non vedendo chi aveva fatto quella intimazione, fecero alcuni passi innanzi per scostarsi da quel pino che impediva loro di vedere interamente le rocce. La voce di prima, più secca, più imperiosa, si fece nuovamente udire.

Stop, gentlemen o faccio fuoco.

— Il diavolo vi porti!... — esclamò Bennie che cominciava a perdere la pazienza. — Dove siete? Abbiate la compiacenza di mostrare un pezzetto del vostro naso.

— Sono qui, al sicuro.

— Non vi vedo.

— Non importa.

— A noi invece preme di vedervi per sapere chi siete e che cosa desiderate.

— Non domando che una cosa sola.

— Dite.

— Che deponiate il vostro oro sul tronco di quel pino.

Bennie e Armando scoppiarono in una risata.

— Il nostro oro! —— esclamò il canadese. — Siete pazzo, ladrone?

— Ladrone!... — gridò lo sconosciuto.

— Corna di bisonte!... Se ci intimate di consegnarvi la borsa, vuol dire che non siete un galantuomo. Vi prevengo, però, che oro non ne avrete per il semplice motivo che non abbiamo ancora visitato i placers.

— Allora depositate le vostre armi.

— Con tutto il piacere, purché veniate a prendervele.

Poi rivolgendosi verso Armando, gli disse rapidamente:

— In guardia, giovanotto; abbiamo incontrato un bushranger.

— Sono pronto, Bennie.

— Gettiamoci dietro questo tronco che può servirci di barricata.

Intanto il bandito aveva ripetuta l'intimazione di deporre le armi, minacciando, in caso di rifiuto, di far fuoco. I due cacciatori, invece di obbedire, con una mossa simultanea si gettarono dietro l'enorme tronco del pino, impugnando i fucili.

Si erano appena nascosti, quando uno sparo rintronò, e una palla ben diretta passò fischiando sopra le loro teste. Bennie, a rischio di riceverne un'altra nel cranio, si rizzò in piedi e scorse una nuvoletta di fumo ondeggiare sul margine di quella specie di barriera rocciosa, dietro a un fitto cespuglio.

— Il bandito è nascosto là — disse.

Alzò rapidamente il fucile e lo scaricò in mezzo a quelle piante, senza però colpire il bushranger, non avendo udito alcun grido.

— Corna di bisonte, — mormorò — Che si tenga nascosto dietro le rocce?

— L'avete veduto, Bennie? — chiese Armando.

— No.

— Che cosa facciamo?

— Tacete!...

Si volse rapidamente e vide dei cespugli che si agitavano a breve distanza, dietro le loro spalle. Contemporaneamente udì delle voci che partivano dalla barriera rocciosa.

— Stiamo per venire circondati? — si chiese, con inquietudine.

— Abbiamo dei bushrangers anche alle spalle? — domandò Armando.

— Lo temo e..

— Che cosa avete?

— Guardate.

Armando si volse, e vide uscire dai cespugli che si trovavano dietro al tronco, don Pablo e Back. I due cercatori d'oro, avanzavano strisciando silenziosamente, tenendo in mano le rivoltelle. In pochi istanti raggiunsero i due cacciatori, nascondendosi rapidamente dietro il pino.

— I bushrangers? — chiese il giovane messicano.

— Sì, — rispose il canadese.

— Lo avevo sospettato. Quanti sono?

— Non lo sappiamo.

— Sono dinanzi a noi?

— Sì, don Pablo. E dov'è il signor Falcone?

— È a poche diecine di passi da noi con i cavalli.

In quel momento si udì il bushranger gridare:

— Dunque, gentleman?

— Desiderate?... — chiese Bennie.

— Vi arrendete sì o no?

— Non ne ho proprio voglia.

— Allora vi spareremo.

— Quando vorrete cominciare, sono pronto.

— Siamo in sette.

— Me ne infischio, gentleman ladrone.

Non aveva ancora terminate quelle parole, che un'improvvisa scarica partì dalle rocce. Cinque o sei fucili avevano fatto fuoco simultaneamente, però le palle non avevano avuto altro risultato che quello di cacciarsi nel legno del vecchio tronco.

Bennie si era nuovamente alzato, pronto a rispondere. Il giovane messicano che si trovava accanto al canadese, fu pronto a tirarlo indietro, dicendogli:

— Lasciate che si mostrino.

Dopo quella scarica, assolutamente inoffensiva, i banditi non si erano più fatti vivi. Sia che si fossero allontanati, o che aspettassero che i cercatori d'oro si muovessero per aprire il fuoco, non si udivano più. Bennie e il messicano, temendo che si avvicinassero strisciando, o tentassero di aggirare la trincea costituita dall'enorme tronco del pino, si alzarono guardando all'intorno, ma senza alcun risultato. Una vaga inquietudine cominciò ad impadronirsi di loro. Che cosa stavano per tentare quei furfanti? Non era da credere che avessero abbandonata così presto la partita.

— Non possiamo rimanere qui una settimana — disse Bennie, il quale perdeva la pazienza. — Se cercassimo di attaccarli?

Il giovane messicano, invece di rispondere, si levò l'ampio sombrero, lo mise sulla canna del fucile e l'alzò al livello del tronco di pini. Quasi subito quattro spari, tirati uno dietro l'altro rintronarono, e il cappello colpito da una palla, volò a terra.

Gentleman, ne avete abbastanza? — chiese il bandito.

Bennie stava per rispondere, ma don Pablo gli chiuse la bocca, mormorando all'orecchio:

— Costringiamolo a farsi vedere.

Trascorsero alcuni istanti, poi il bushranger riprese:

— Siete morto, dunque, che non rispondete più? In tal caso vi prenderò il fucile, i vestiti e quanto avrete nelle tasche.

Verso la cresta rocciosa si udirono i cespugli agitarsi. Il canadese, Armando e don Pablo, trascinatisi all'estremità del tronco, si nascosero dietro le radici del colosso, mentre Back vegliava dalla parte della foresta. Un uomo sulla quarantina, stracciato, magro come un merluzzo, con una lunga barba incolta, e i capelli arruffati che gli piovevano sulle spalle, balzò giù dalla cresta rocciosa, tenendo in mano un fucile a ripetizione, uno splendido winchester a dodici colpi. Sia che in quel momento, attraverso le radici del pino avesse scorto i tre cercatori d'oro, o che un dubbio repentino lo avesse assalito, invece di farsi innanzi girò rapidamente sui talloni, cercando di precipitarsi in mezzo a una macchia vicina. Bennie si era lanciato all'aperto con un salto da far invidia ad un capriolo. Uno sparo rimbombò, seguito da un urlo.

— Ti ho colto, canaglia!... — urlò il canadese.

Senza attendere i compagni si gettò verso la macchia impugnando la rivoltella, ma quando giunse là il bushranger era scomparso.

— Corna di bisonte!... — esclamò. — Dov'è fuggito quel furfante?

— Là!... Là!... — gridò Armando.

— Fuoco!... — comandò don Pablo.

Il bushranger, strisciando attraverso i cespugli, aveva raggiunta la barriera di rocce, e stava per rintanarsi nella foresta. Armando e il giovane messicano avevano scaricato precipitosamente i loro fucili. Il bandito vacillò, come se fosse stato nuovamente colpito, poi, appostatosi dietro il tronco d'un cedro, scaricò, uno dietro l'altro, i dodici colpi del suo winchester, spazzando il terreno dinanzi a sè. Fortunatamente Bennie e i suoi compagni avevano avuto il tempo di ripararsi dietro al tronco del pino. Quando s'alzarono, il bushranger era scomparso nel folto della foresta, oltre la barriera formata dalle rocce.

— Lasciate che vada a farsi appiccare altrove — disse don Pablo, fermando il canadese, il quale stava per lanciarsi alla ricerca del briccone. — Forse non è solo, e i suoi compagni possono piombarci addosso.

— Il diavolo se lo porti!... Se avessi saputo che non aveva compagnia, a quest'ora non sarebbe più vivo — rispose Bennie. — Quella canaglia parlava a destra e a sinistra come se avesse avuto una banda presso di sè. Credevo veramente che avesse dei compagni dietro a sè.

— Vecchie astuzie dei bushrangers — disse il giovane messicano. — Andiamo, signori: è giunto il momento di ripartire.