I funghi mangerecci e velenosi dell'Europa media/Parte speciale/Descrizione delle specie/Tuberacee
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IV. TUBEROIDEE
Famiglia delle Tuberacee.
Genere Tuber
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Funghi sotterranei, carnoso-ceracei, di forma globosa, più o meno irregolare, con peridio tubercolato o liscio; gleba (interno) compatta, di diverso colore giusta l’età, marmorata da vene bianche formate da un tessuto a cellule allungate; spazio tra le vene costituito dall’imenio con aschi otricolari, contenenti da 1-8 spore; spore globose, quasi globose o ellittiche, giallastre, con episporio, aculeato reticolato.
Tuber melanosporum Vittad. — Tav. CXII. fig. 2.
Ital. Tartufo nero. Trifola nera. Volg. Tartufole, tartrifole (Trentino), Asteng (Milanese). Franc. Truffe noire. Ted. Gemeine Trüffel, Schwarze Trüffel.
Ha forma globosa o reniforme, sovente lobata o gibbosa, con superficie coperta di verruche poligonali, quasi nere a macchie ferruginose; la sostanza interna è carnosa, da prima bianca, poi rosseggiante, finalmente brunastra o nero-rossastra, marmorata da vene bianche, ramificate, tramandante un odore forte, piccante, abbastanza grato, che aumenta colla maturità e che persiste anche nel fungo disseccato. Detta sostanza è costituita da ife alle cui estremità si sviluppano delle teche o aschi di forma otricolare, della dimensione di 60-75 × 60-63 /μ, le quali contengono da 1-4 spore ellittiche, aculeate, gialle, poi brune, 27-52 × 23-33 μ.
Cresce a famiglie nei boschi di quercia sotto terra a profondità variabile, e viene scavato dall’autunno alla primavera.
È il Tartufo più frequente nel Trentino e uno dei più prelibati.
Molte sono le specie mangerecce di tartufo e nessuna ve n’ha che sia veramente comprovata venefica. Sul mercato di Trento ne vidi portate soltanto cinque, cioè il Tuber aestivum. Tuber brumale, Tub. mesentericum, Tub. melanosporum e Tub. uncinatum. Ho dato la figura di una sola specie ritenendola più che sufficiente ad offrirci una idea di codesti distinti miceti che giustamente furono chiamati il diamante della cucina, percliè hanno aroma perfetto, inimitabile, sapore squisito, riescono di digestione facile ed offrono una nutrizione più completa che qualunque altro vegetale. La composizione chimica ci dà nel Tartufo nero: azoto 1.350, carbonio, 9.450, grasso 0.560, acqua 72.000. Per coteste loro qualità furono in pregio già dall’antichità. Gli Ateniesi li stimarono al punto di conferire il diritto di cittadinanza, onore altissimo, ai figli di Cherippo per avere costui inventato una nuova maniera di cucinare questi preziosi commestibili. I Romani li ritiravano in gran copia dalla Libia, e Celio Apicio nel suo trattato De obsoniis et condimentis ci insegna come venivano conservati e preparati per le mense luculliane dei dominatori del mondo.
Ora i metodi di cucinatura furono in parte modificati conforme i gusti e le usanze nazionali. Ne accenneremo qui alcuni dei più pratici.
Ragout di Tartufi. Si lavano bene i Tartufi con spazzolino per poter estrarre la terra che c’è tra le verruche, (non si devono mai mondare, perchè perdono molto di sapore che è specialmente prodotto dalla corteccia), poi si collocano nell’olio e si lasciano finché ne sono imbevuti, indi si tagliano a fette della grossezza d’una schiena di coltello e si pongono in una cazzeruola con olio o burro, sale, pepe, un poco di vino bianco e si mettono al fuoco. Alcuni vi aggiungono anche sardella e cipolla. Dopo un’ora circa di cottura vi si aggiunge del sugo di limone e si servono.
Tartufi cotti sotto la cenere. I Tartufi ben lavati e spazzolati si cospergono di sale e pepe, poi si involgono in fette di lardo, indi in fogli di carta duplicati e un po’ bagnati e si fanno cuocere per un’ora sotto la cenere ben calda. Quando si prendono fuori, si leva loro la carta, si nettano e si servono in tavola sopra una salvietta piegata.
Tartufi all'italiana. Puliti i Tartufi si tagliano a fette e si pongono in una casseruola con olio, sale, pepe, prezzemolo, porro o aglio. Si lasciano un po’ sopra della cenere calda indi si cuociono a lento fuoco e prima di servirli si cospergono con sugo di limone. Alcuni vi aggiungono del vino bianco e del brodo, a cui sia levato il grasso.
Tartufi alla piemontese. Si pongono i Tartufi nell’olio e vi si lasciano finche ne sono imbevuti, indi si tagliano a fette e si collocano a strati in un piatto d’argento; ogni strato si cosperge d’olio, sale, pepe e formaggio parmigiano grattuggiato, indi si mette il piatto sopra cenere molto calda. Un quarto d’ora basta per la cottura.
Tartufi alla parmigiana. Si pongono i Tartufi affettati in teglia con olio e burro in parti eguali e si lasciano soffriggere cinque minuti; vi si aggiunge sale, pepe e parmigiano grattuggiato, e si fan cuocere altri cinque minuti e si servono all’istante.
Tartufi alla Rossini. Si mette in una insalatiera dell’olio fino, senape, aceto, sale, pepe e un po’ di sugo di limone e si sbatte il tutto bene fino alla perfetta combinazione, indi vi si aggiungono i Tartufi finamente tagliati che si mescolano insieme e si servono. Quest’insalata riesce a preferenza col Tartufo bianco (Tuber magnatum Pico), il quale non fu finora ritrovato nel Trentino, ma invece è comune in Lombardia e Piemonte. Spiegazione delle figure: a Fungo di grandezza naturale, perfettamente sviluppato. b Fungo sezionato verticalmente, c Aschi o teche, d Spore libere.