I funghi mangerecci e velenosi dell'Europa media/Parte generale

Parte generale

../Prefazione alla prima edizione ../Parte speciale IncludiIntestazione 12 gennaio 2024 100% Da definire

Prefazione alla prima edizione Parte speciale
[p. 21 modifica]

PARTE GENERALE


[p. 23 modifica]

NATURA E FORMA DEI FUNGHI


I funghi costituiscono la classe più estesa e più importante del regno vegetale. Quantunque lo studio dei medesimi si sia convenientemente sviluppato soltanto negli ultimi decennii, dopochè il perfezionamento del microscopio permise di esaminare i fungilli più minuti, detti perciò microscopici, pure il prof. P. A. Saccardo potè già dare nella sua ponderosa opera Sylloge fungorum omnium la diagnosi di 39663 specie; ed è da ritenere che quando ne sarà esplorato l’intiero campo supererano le cento mila. Nell’economia della natura poi disimpegnano una parte oltre modo considerevole. Essi sono i principali agenti della fermentazione e della decomposizione dei corpi organici, riuscendo talora di suprema utilità e talora cagionando gravissimi danni, come all’agricoltura, dando origine alle malattie delle piante, e all’uomo producendo le più terribili ed insanabili infermità. — Essi riescono qualche volta di vantaggio alle arti, pel tessuto, pel colore ecc., e all’uomo per l’alimento sano, nutritivo, di buonissimo gusto e delicato che gli offrono. L’analisi chimica ha comprovato che, in vista della quantità considerevole di materie azotate che contengono, il loro valore nutritivo supera quello del pane, dei legumi, e si avvicina alla carne; e l’esperienza dimostrò che l’uomo potè nutrirsi convenientemente con soli funghi per mesi interi.

I funghi che servono di nutrimento sono i più grandi, conosciuti anche volgarmente col nome di funghi; di questi soltanto ci occuperemo. Essi appartengono per la maggior parte al gruppo delle Imenomicetee (Agaricacee, Poliporacee, Idnacee, Clavariacee, più raramente alle Gasteromicetee (Vescie), alle Discomicetee (Spugnole) e alle Tuberacee (Tartufi). — A qualunque di questi gruppi appartengano si possono considerare composti di due parti, [p. 24 modifica] cioè della parte vegetativa, che si nasconde sotto terra o nel corpo organico su cui il fungo vegeta, la quale si chiama Micelio, e della parte riproduttiva, che è visibile esteriormente, ad eccezione delle Tuberacee, e che costituisce il fungo propriamente detto, che si chiama il Ricettacolo.

Del Micelio

I nostri buoni antenati favoleggiarono anche sopra l’origine dei funghi, come di tutte le cose naturali, ma ora ognuno che abbia un po’ di coltura sa che i funghi hanno origine dal seme che essi stessi poi riproducono. Questo seme piccolissimo, da non potersi vedere che al microscopio sotto forte ingrandimento, si chiama con termine tecnico spora. Essa cade dal fungo sulla terra o sovra i corpi che servono a nutrirlo, come radici e tronchi di alberi, steli di erbe ecc., ed ivi, quando le condizioni atmosferiche sono favorevoli, germina e produce il micelio, il quale a completo sviluppo si presenta o sotto forma di una reticolazione di filamenti bianchi e bambagiosi che involgono la terra, o sotto forma di una membrana bianca che si introduce tra la corteccia degli alberi, o anche sotto forma di un corpo solido, rotondo, della grandezza d’un grano o di un tubero, vegetante sotto terra o sui vegetali in decomposizione. Il micelio presso i funghi equivale alle radici presso le altre piante; esso produce il ricettacolo o fungo propriamente detto.

Del Ricettacolo.

Dicesi ricettacolo quella parte del fungo che contiene gli organi della riproduzione. Esso varia significativamente nella forma.

Nelle Agaricacee (vedi Tav. I.) si genera da filamenti del micelio sotto forma di gemma o sovente di uovo (Tav. I, fig. 1) e crescendo a perfetto sviluppo presenta le seguenti parti: cappello, lamelle, gambo, anello e volva.

Il cappello è la parte superiore del fungo, ha forma orbicolare disposta ad ombrello (Tav. I, fig. 3, a) ed è munito inferiormente di fogliette o lamine che lo vestono a guisa di raggi, le quali si chiamano lamelle (Tav. I, fig. 3-4 b). Queste costituiscono il così detto Imenio o membrana contenente gli organi della riproduzione. Per poter osservare cotesti organi conviene fare dei tagli [p. 25 modifica] finissimi attraverso alle lamelle e sottoporli all’osservazione microscopica. Allora si scorge che la superficie d’ambidue i lati delle lamelle è formata da cellule claviformi verticali all’asse longitudinale, che si chiamano basidii (Tav. I, fig. 5). Essi contengono un succo granuloso detto protoplasma, che uscendo alla sommità dei basidii maturi per i tubetti (sterimmi) che si formano in cima agli stessi genera le spore (Tav. I, fig. 6) in numero eguale agli sterimmi, cioè una per sterimma. Il cappello si appoggia ad un sostegno verticale, che lo congiunge col luogo dove nasce e che si chiama gambo (Tav. I, fìg. 3, c). Alla sommità del gambo si trova l’anello (Tav. I, fig. 3-4, d), specie d’invoglio parziale per proteggere gli organi della riproduzione, e che quando il fungo è maturo riesce d’ornamento al gambo. Alla base del gambo poi si trova la volva (Tav. I. fig. 3-4 e) che è l’invoglio generale e che serve a difendere il fungo nel primo sviluppo. Crescendo poi il fungo rompe la volva, rimanendo essa in parte aderente al cappello sotto forma di verruche o brandelli (Tav. V, VI, VII ecc.) e in parte investendo la base del gambo in forma di sacco col margine lacerato o regolarmente disposto a lobi (Tav. I, fig. 3, e). — Nella maggior parte dei funghi però tanto l’anello che la volva sono assai tenui e spariscono affatto appena incominciano a svilupparsi le parti del ricettacolo, e perciò si dicono essere senza anello e senza volva.

Le Poliporacee e le Idnacee hanno il medesimo sviluppo e la medesima forma di ricettacolo delle Agaricacee, manca però quasi sempre la volva, e l’anello si trova soltanto in qualche specie. Differiscono però nell’imenio, che nelle Poliporacee è formato da tubetti saldati insieme, formanti alla estremità inferiore una superficie porosa (Tav. LXXXV, fig. c), e nelle Idnacee è costituito da aculei che coprono la parte inferiore del cappello (Tav. XCIX). Gli organi della riproduzione, cioè i basidii e le spore, si formano nella cavità dei tubi e alla superficie degli aculei.

Le Clavariacee hanno un ricettacolo affatto diverso (Tav. C-CII). Non vi è cappello, ma soltanto una specie di gambo che si chiama tronco, dal quale si sviluppano dei rami cilindrici o compressi che si biforcano una o più volte e danno al fungo l’aspetto d’un cespuglio in miniatura. Tutta la superficie dei rami è coperta dalla membrana imenifera, che porta gli organi della fruttificazione identici ai già indicati. [p. 26 modifica]

Le Vescie (Gasteromicetee) hanno il ricettacolo globoso o ovato, che si chiama utero, il quale è raramente fornito di gambo (Tav. CX-CXI). L’utero è esteriormente coperto da una o due membrane che si chiamano peridio, il quale racchiude una sostanza bianca, compatta, detta la gleba, che nel fungo maturo diventa gialla o verdastra e si riduce in polvere. Gli organi della riproduzione, eguali a quelli delle Imenomicetee, stanno nella gleba, e la polvere interna è tutta formata dalle spore mature.

Le Spugnole (Discomicetee) hanno pure un ricettacolo speciale che si chiama mitra, costituito da una specie di cappello ovato piramidale tutto coperto da fossette o alveoli, nei quali si trovano gli organi della riproduzione (Tav. CIV-CVIII). In questa classe di funghi le spore non si generano all’apice, ma nell’interno delle cellule claviformi, le quali sono generalmente più allungate che presso le Imenomicetae e si distinguono col nome di teche o aschi. In ogni teca si trovano generalmente otto spore (Tav. CVI, fig. c). Quando la spora è matura esce dalle teche che si aprono alla sommità per uno opercolo.

I Tartufi (Tuberacee) hanno il ricettacolo della forma d’un tubero (Tav. CXII), che nasce e si sviluppa sotto terra. La sostanza interna è carnosa, costituita da una polpa compatta percorsa da venature di diverso colore. La superficie è composta da una pellicula per lo più bitorzolata o anche liscia, che racchiude la polpa. Gli organi della riproduzione stanno nell’interno, e sono simili a quelli delle Spugnole, cioè le spore si generano nelle teche (Tav. CXII, fig. II c).

Norme per la raccolta, preparazione e conservazione dei funghi.

I mezzi empirici che si usano generalmente per distinguere i funghi buoni dai cattivi o non sono efficaci, come p. es. il prezzemolo, il cucchiaio d’argento ecc., o non sono sempre sicuri. Così il sapore amaro, piperato, acre, il cangiamento di colore della carne del fungo al taglio, per giudicare il fungo venefico; o viceversa il sapore dolce, l’odore grato di farina fresca o di frutta, il colore bianco, immutabile, per ritenere il fungo mangereccio. Sonvi dei funghi velenosi che hanno buon odore e sapore, a cagion [p. 27 modifica] d’esempio il Moscario, e funghi mangerecci con sapore acre e piperato, come il Lapacendro (fungo del Pin, del sangue) ecc. Conviene dunque conoscere bene le specie basati sui caratteri che vengono esposti per ogni fungo, e scegliere soltanto quegli individui sui quali non si ha alcun dubbio, dietro le seguenti precauzioni:

1. I funghi si devono raccogliere sempre a tempo asciutto e dopo scomparsa la rugiada, specialmente se si vogliono disseccare e conservare per l’inverno. A tempo umido o subito dopo la pioggia sono viscosi, acquosi, insipidi, meno nutrienti e perciò meno digeribili. Non sono da raccogliere che individui giovani o non ancora intieramente sviluppati. Quando il fungo è vecchio diventa sempre pericoloso pel motivo che la carne si fa molle ed incomincia a putrefarsi, ed allora si sviluppano i veleni che si riscontrano nelle sostanze in decomposizione e che si conoscono sotto il nome di formazioni tomainiche. Anche gli individui corrosi dagli insetti sono da rigettare. Non si devono strappare dalla terra, ma tagliare il gambo alla base, altrimenti la terra penetra nelle lamelle o nei pori ecc., ed è sempre difficile purgarli completamente.

2. Nella preparazione ad uso di cucina alle qualità viscose o squamose si devono levare la pelle e le squame del cappello; se hanno le lamelle o i tubi troppo sviluppati si tagliano via; inoltre a quelli che hanno il gambo tenace esso deve togliersi, come pure l’anello e la volva. Tutte queste parti, benchè innocue, siccome sono membranacee, diminuiscono il gusto dei funghi e li rendono meno digeribili. In regola generale si deve ritenere soltanto la parte carnosa del fungo per uso culinario.

3. Per la conservazione i funghi preparati come al n. 2 si tagliano a pezzetti, si distendono sopra delle assi o dei graticci, e si espongono in luogo asciutto all’aria fino a che sono perfettamente disseccati, indi si pongono in sacchetti ermeticamente chiusi e si appendono in luoghi asciutti ed arieggiati. In questa maniera si conservano anche per un anno. Avanti di cuocerli devono essere posti per alcune ore nell’acqua tiepida.

Se i funghi vengono usati come semplice condimento allora appena disseccati si pestano in un mortaio e si riducono in polvere. Si pone la polvere in vasi ben otturati e si usa specialmente a profumare le salse. Anche i cibi trattati con questa polvere prendono un gusto speciale e molto delicato. [p. 28 modifica]

Cucinatura dei funghi.

Molti funghi si possono mangiare anche crudi, come sarebbe il Prataiuolo, la Mazza di Tamburo, le Ditole (Ciatte d’orso), il Porcino (Brisa), il Poliporo ovino, il Poliporo confluente ecc. I boscaiuoli della Selva nera, a stagione favorevole, si cibano quasi esclusivamente di funghi crudi, che mangiano col pane e raramente condiscono con un po’ d’olio e di pepe.

La maggior parte però dei funghi devono essere cotti per potersene cibare. In generale non si devono lasciar cuocere lungamente. Per le specie più tenere, come l’Uovolo, l’Amanita vaginata, l’Amanita solitaria, il Prugnolo ecc. è più che sufficiente una mezz’ora; per le specie che si preparano disfritte, come le Vescie, l’Amanita vaginata ecc. bastano dieci minuti o un quarto d’ora; per le specie poi più tenaci occorre un’ora circa.

Diverse sono le maniere di cucinare i funghi; ne accennerò solamente qualcheduna delle più pratiche ed economiche, rimandando per più estese notizie ai libri di cucina.

1. La più semplice e comune maniera si è di prepararli ad uso intingolo. Tagliati i funghi a pezzetti e ben lavati si pongono nella casseruola a freddo con metà olio d’ulivo e metà burro, prezzemolo, aglio o cipolla, pepe e sale, e si lasciano bollire finchè sia svaporata l’acqua che essi formano e rimanga il solo condimento, indi se non sono ancora cotti vi si aggiunge di frequente un po’ d’acqua calda o meglio del brodo di carne, però poco alla volta in modo che i funghi rimangano sempre nel condimento; a cottura perfetta si unisce del formaggio grattuggiato e si servono.

2. Alla graticola. Si prende il cappello del fungo senza gambo, si dispone sulla graticola in modo che la parte concava rimanga rivolta all’in su, e vi si pone sopra un ripieno col gambo finamente triturato, prezzemolo, sale, pepe e olio. In breve tempo sono cotti. Col medesimo trattamento si possono cuocere, invece che sulla graticola, in uno stampo da torta.

3. A uso frittura. Si prende il cappello dei funghi più teneri, se è sottile, intiero, se molto carnoso tagliato a fette; le vescie si tagliano pure a fette traversali, indi si tingono i pezzi nell’uovo sbattuto, si ripiegano nella farina di frumento e si friggono. [p. 29 modifica]Bastano 10-15 minuti per la cottura. Devono essere serviti caldi, onde riescano gustosi.

4. Al pasticcio di maccheroni. Si preparano i funghi e si cuociono come al n.° 1, poi si uniscono ai maccheroni, si involgono nella sfogliata e si pongono nello stampo come si usa col solito pasticcio di maccheroni.

5. A uso bodino o torta. I funghi si tagliano fini, si fa loro perdere l’acqua naturale in una casseruola, indi si mescolano, proporzionatamente alla grandezza dello stampo, con pane bagnato nel latte, uova, sale, burro o lardo, e la pasta così formata si pone nello stampo di bodino o torta spalmato col burro.