I bambini delle diverse nazioni/I bimbi di Spagna e Portogallo
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I BIMBI DI SPAGNA E PORTOGALLO
Uno dei primi doni che riceve un piccolo spagnuolo dai suoi genitori appena si regge in gambe, è un cercine, specie di berretto di paglia circondato da una imbottitura, e molto somigliante al turbante dei turchi. Quel cercine diversi anni fa era usato anche in Italia, e serviva a proteggere la testa degli incerti camminatori dal duro contatto dei mattoni.
Ora qui da noi è raro di vedere un cercine in testa ad un bambino, ma in Ispagna è l’ornamento abituale del capo, e quella precauzione non è inutile, poichè i bambini stanno quasi sempre nel patio, che è un vasto cortile interno della casa, sulla porta di strada, e le loro testine delicate, senza il cercine, sarebbero troppo spesso a contatto col pavimento o col lastrico delle strade.
Non crediate però che tutte le strade sieno lastricate. Anzi, nei villaggi sono in uno stato compassionevole, e gli asini ed i bambini si rotolano nel fango soffice con un gusto unico. I secondi regali che riceve il bambino spagnuolo sono la zambomba e le nacchere. La zambomba è una specie di tamburo con un tubo nel mezzo. Quando il bambino corre, agita il tubo e produce dei suoni molto strani, se non molto armoniosi.
Fra la zambomba e le nacchere, la chitarra e il mandolino, le grida e le risa, non c’è molta tranquillità nelle case spagnuole, ma la gente in quel paese ama il rumore e il chiasso, ed i ragazzi sono poco sgridati per non star zitti.
Le nacchere tutti le conoscono in Italia e molti hanno veduto le donne di Amalfi o di Capri ballare la tarantella al suono di quei pezzetti di legno concavi che agitano fra le mani.
Il ballo è uno dei divertimenti principali del popolo spagnuolo e lo associano, come in antico, anche alle cerimonie religiose. Ogni anno nella celebre cattedrale di Siviglia c’è una funzione religiosa accompagnata dalla danza de los Seises.
Il giorno del Corpus Domini e durante tutto l’ottavario, ogni sera al tramonto un gran numero di fedeli s’inginocchia dai due lati della cupola. Molti preti circondano l’altare e dinanzi ad essi vi sono due lunghe file di ragazzi dagli otto ai dieci anni, vestiti da cavalieri spagnuoli del medio evo, col cappello piumato. A un certo punto il silenzio che regna nella chiesa è interrotto da una musica dolce, che parte da un punto lontano della cattedrale. Allora le due file di ragazzi incominciano a muoversi con grazia, accompagnando la musica con le nacchere.
Ma ora debbo lasciar da parte la musica, e descrivervi la casa delle bambine e dei bambini spagnuoli, chiamati ninas e ninos. Le case dei villaggi sono molto misere. Hanno un piano solo, sono imbiancate all’esterno, e le finestre non sono chiuse con cristalli, ma con rozze imposte di legno. Un grande cancello che sta aperto tutto il giorno dà adito a una stanza che serve di cucina, di stanza comune e di bottega durante il giorno, e di camera per il padre e per i figli maschi.
Una due stuoie o la manta (mantello) formano il loro letto. In una cameretta interna dorme la madre insieme con le figlie, su un piccolo strapunto posato per terra, oppure appoggiato sopra assi di legno sorrette da due capre.
Qualche volta nella stanza che serve anche di cucina vi è un focolare, ma più spesso il fuoco è acceso per terra, e il fumo esce, come può, dalla porta.
Due o tre sedie di giunco, alcuni ganci conficcati nella parete per appenderci la manta, l’afarza, (sacco delle provvigioni), e la bota (sacchetta di cuoio che serve di bicchiere), senza la quale è difficile che lo spagnuolo si allontani da casa, un’asse sulla quale sono collocati i pochi utensili di cucina, e la brocca alla quale tutti bevono; ecco in che consistono tutte le suppellettili di una povera casa spagnuola.
In Catalogna la brocca è munita di un beccuccio, e ognuno beve senza accostarselo alla bocca. Sollevano la brocca e si lasciano scorrere in bocca l’acqua o il vino.
Ci sono poi delle case di due piani, con terrazzi, tende e anche con portico coperto di viti che mette nella grande stanza d’ingresso, la quale è fornita di tutto quello che si usa in una casa spagnuola. Su una panca sollevata dal suolo c’è una fila di giare e di boccali di terra di diverse grandezze, e un otre da olio. Da una catena pende la caldaia o il paiuolo nel quale si cuoce il pulchero. Le pareti sono ornate di un orologio, di padelle, di coperchi, di pentole e di tegami, di mestoli di legno e di scaffali con pignatte di ogni specie.
La rozza tavola di abete è coperta di giare, vasi da caffè, bottiglie, pane e uova. Nel mezzo della stanza è stesa una stuoia sulla quale è collocato il cestino del piccolo Pedro. Juanita, la sorella a cui è affidato, gli dà da bere del latte con una curiosa bottiglia. La bambina indossa il costume spagnuolo col pettine alto, le treccie avvoltolate a ciambelle sopra gli orecchi, il grembiule ricamato, le calze traforate e le scarpe adorne di nastri e di fibbie. Juanita sa far poco, ma crede di rendersi più che utile in famiglia divertendo il fratellino, e facendo un po’ di calza, che ha buttato per terra accanto ai balocchi di Pedro; ma non è la sola oziosa; c’è pure Caro, il brutto cane, che mangia tranquillamente la minestra, e a vederlo pare che nulla debba farlo sbrigare.
Oltre a queste case appartenenti a gente poco facoltosa, ce ne sono altre nelle antiche città moresche degne di nota per l’eleganza delle loro cancellate, che paiono trine finissime, e attraverso le quali chi passa può vedere la piccola fontana, gli aranci e gli oleandri in fiore, i pilastri di marmo e diversi ragazzi che si baloccano nel patio. Questo patio è il ritrovo favorito dei membri della famiglia spagnuola durante i masi estivi.
È spesso pavimentato di marmo o di maiolica, non è coperto da tetto, ma ha torno torno dei balconi sorretti da pilastri, ai quali sono fermate delle ricche tende, e sotto ad esse si aprono le camere e la cucina. Di tanto in tanto si ode risuonare la zombomba, le nacchere, il mandolino o la chitarra, e mentre don Alfonso, il padre, fuma il sigaro, donna Mercedes, la madre, si fa vento; i ninos e le ninas giuocano a palla, saltano la corda o pescano i pesci rossi nella fontana. Verso sera la bambinaia dà loro il desayuno, che equivale alla nostra cena, e poi vanno a letto. Sulla mula
Le case dei bambini portoghesi non differiscono da quelle degli spagnuoli; soltanto, invece di avere la facciata bianca, l’hanno di mattonelle di maiolica dette azulejos.
Anche la mattina i bambini portoghesi hanno il desayuno che consiste in una ciotola di latte e di cioccolata e biscotti, e dopo vanno a scuola.
Tre o quattro ragazzi sono collocati dai due lati di un asino o di una mula, e il ragazzino che li conduce cammina generalmente da una parte, incitando l’animale.
Tutte le mule hanno un nome, e il conduttore parla loro come se lo capissero.
— Via Antonia, — dice per esempio — che cos’hai nella testa? Non sai che i ragazzi debbono essere a scuola alle nove? Via, sbrigati. —
E la mula affretta per un momento il passo, ma subito riprende l’andatura di prima.
Le mule hanno il piede sicurissimo e camminano sull’orlo dei precipizi con le due ceste attaccate dai lati del basto, senza che ci sia pericolo che cadano. I montanari hanno tanta stima di quelle brave bestie, che collocano i bambini piccoli nei panieri per andare da un villaggio nascosto nelle montagne ad un altro.
Che belle cavalcate che fanno quei bambini! Non si curano di ammirare la bellezza dei monti rivestiti di neve e sono troppo piccini per capire qual pericolo correrebbero se la mula mettesse un piede in fallo. Tutta la loro attenzione è attratta dal cane che corre avanti e dalla mula che affretta il passo quando si sente toccare dalla frusta.
Quei mulattieri hanno una stima illimitata delle loro bestie.
Si dice che un arciduca austriaco viaggiasse nelle montagne della Spagna e avesse gran paura vedendo la sua mula che aveva i piedi sull’orlo del precipizio.
— Amico, — disse alla guida, — se non fate attenzione alla vostra bestia, fra poco saremo tutti in fondo ad un abisso.
— Non si sgomenti, — rispose tranquillamente la guida, seguitando a fumare la pipa, — la mia bestia ha più criterio dì lei. —
La risposta non fu cortese.
Le scuole sono buone, specialmente nel Mezzogiorno, ma poco numerose. Alcuni conventi sono stati convertiti da diversi anni in collegi. Quei conventi sono benissimo costruiti. Per esempio, il convento di Belem in Portogallo Il giuoco del toroha un refettorio e una scuola che può contenere circa cinquecento alunni.
Le ore di scuola durano dalle nove a mezzogiorno; due ore sono destinate alla colazione ed alla ricreazione e dopo ricomincia lo studio fino alle quattro.
Finita la scuola i ragazzi tornano a casa a desinare. Questo consiste in un pollo con arroz (riso), patate di Malaga o pulchero, che è la pietanza nazionale fatta con manzo bollito, un’ala di pollo, del ghorizo (pepe spagnuolo), lardo e legumi, e una o due fette di prosciutto. Una bottiglia di vino serve per i genitori; i bambini bevono limonata od orzata, e per frutta mangiano aranci, fichi, datteri, mandorle e uva.
Finito il pranzo i bambini ballano al suono delle nacchere o della chitarra, oppure vanno a passeggiare.
Uno dei giuochi preferiti dai bambini della penisola iberica è il combattimento dei tori. Uno fa il toro, un altro sale sulle spalle di un compagno ed è la espada. Il resto dei giuocatori fanno i picadors, i chulos, i banderilleros, il cui ufficio consiste nell’incitare il toro, sventolandogli dei fazzoletti colorati davanti agli occhi.
E i ragazzi si appassionano tanto a quel giuoco, al quale forse hanno assistito colle loro madri e coi loro babbi, che qualche volta si feriscono davvero.
La sera, prima di coricarsi, è uso ancora in Ispagna che i bambini bacino la mano ai genitori augurando loro la buona notte, e quindi si addormentano sentendo la monotona voce del sereno (guardia) che grida: Ave Maria! Las diez y serena.