I bagni d'Abano/Nota storica
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NOTA STORICA
Dopo i Portentosi effetti della Madre Natura e dopo la Calamita de’ cuori, si rappresentarono nel teatro di S. Samuele i Bagni d’Abano, ricordati ne’ Notatorj del Gradenigo in data 10 febbraio 1753. L’impresario Codognato dedicò il libretto allo stesso marchese Luigi Enrico di Pons, a cui erano state dedicate nel precedente anno comico le Pescatrici (vol. XXVIII, pp. 429-430):
Eccellenza, Io mi fò gloria di dedicare a V. E. questa Terza Operetta, poichè la protezione vostra è costantissima inverso quelli che al pubblico divertimento contribuiscono. Un Cavaliere per sangue, per virtù, per genio, ammirabile come voi siete, meriterebbe altre offerte, altri doni, ma questi non mancheranno da penne più illustri, da soggetti più colti, e intanto da me vi compiacerete ricevere quel poco che offrir vi può la bassezza mia, accompagnato dall9 umile mio rispetto, con cui profondamente inchinandomi mi rassegno.
Di V. E.
Venezia, li 10 Febraro 1753.
Umilissim. Divot. Osseq. Servitore |
I bagni d’Abano, (le famose Thermae aponenses, celebrate da Lucano, da Marziale, da Claudiano, ricordate da Plinio, descritte da Cassiodoro) furono celebri in ogni secolo. Li visitò Montaigne nel 1580 (v. D’Ancona, L’Italia alla fine del secolo XVI ecc. Città di Castello, 1895, pp. 138139. - V. poi Della Felicità di Padova di Angelo Portenari agost.o, Padova, 1613, pp. 54-55). Decaduti alquanto, nella seconda metà del Settecento tornarono in onore: nel 1772 vi fu per una breve cura Caterina Dolfin, poco prima di sposare il Tron (G. Damerini, C. Dolfin Tron, Milano, 1929, pp. 94 sgg. e Appendice).
A turbare gli idilli d’amore dei bagnanti, il Goldoni immagina che un forestiero, Monsieur la Flour, scopra per caso un libro meraviglioso del filosofo Pietro d’Abano (1250 1315?), processato, com’è noto, in vita e dopo la morte quale mago; e che, ammaestrato da quello, si diverta a creare buffissimi incanti. - Già nel Paese di Cuccagna (v. voi. preced.) e in altri libretti per musica (per es. nel Mondo della Luna) il Goldoni si era giovato dell’elemento soprannaturale, vero o finto, famigliarissimo alla Commedia dell’Arte (F. Neri, Scenari delle Maschere in Arcadia, Città di Castello, 1913) e trionfante più tardi nelle Fiabe di Carlo Gozzi. In grazia di queste magie (quanti maghi nella storia del teatro!) la fedele Violante tradisce il suo Riccardo, che invano si dispera, e tutti gli altri personaggi impazziscono con odi e amori improvvisi e con varie trasformazioni. Invenzione certamente piacevole per una farsetta di carnovale, anche se il Goldoni non ebbe il tempo di maturarla in una viva opera d’arte. Pure a Parigi, nei teatri della Fiera e nel Teatro Italiano e qualche volta in quello stesso della Commedia Francese, si sbizzarrì con le fate e con gl’incanti la fantasia di Regnard, di Le Sage, di Le Grand, di Marivaux e di molti più oscuri. Il Settecento poi, benchè sia il secolo degli Enciclopedisti, è pur quello di Swedenborg e quello della Magia bianca e dei geniali ciarlatani, come il conte di Saint-Germain, Mesmer, Cazotte, Casanova, Cagliostro. (Al fanatismo del pubblico parigino per il medico Mesmer nel 1778 dovette assistere il Goldoni stesso: Mémoires, P. III, ch. 32). - Il Riccardo goldoniano toma a credere alla fedeltà di Violante, in grazia d’uno specchio magico: specchio pericoloso per la pace degli uomini, pensa il dottor veneziano, ai quali deve bastare la buona fede (e così pensava pure l’Ariosto, ricordato nel voi. preced., p. 431).
A rinforzare il riso comico, quasi ve ne fosse bisogno, l’autore aggiunse agli altri personaggi l’ipocondriaco Luciano, che Rosina chiama Ranocchio, cioè pien di rane, come il protagonista del povero Intermezzo composto nel ’35 (L’ippocondriaco, vol. XXVI: v. Nota storica). Anche Luciano discende in dritta linea dall’Ammalato immaginario di Molière, ma, a dispetto de’ suoi malanni, conserva un debole per le belle ragazze e finisce per sposare la Rosina, innamorata de’ suoi denari. — Nè migliore questa farsetta, nè peggiore di tante altre del Goldoni: qualche alito del Settecento vi spira qua e là, e qualche arguzia buona ci fa sorridere ancora: per es. il tócco di bacchetta, nella se. 6, a. Ili, che riconcilia Lisetta e Pirotto. Graziose sempre e inesauribili queste servette goldoniane!
I cantanti che interpretarono I bagni d’Abano ci sono ormai noti, perchè comparvero tutti negli Effetti portentosi della Madre Natura (v. vol. preced.). Nel libretto è taciuto il nome del compositore. Il Saivioli e il Musatti attribuirono la musica al Galuppi e al Bertoni: il Wiel al solo Galuppi, ma con incertezza (I Teatri Musicali Venez., Ven., 1897, p. 193). Probabilmente si fece un pasticcio con arie tolte a più autori; e v’ebbe forse mano il Buranello. L’Eitner addita la partitura manoscritta presso la Biblioteca Reale di Berlino, segnata col n. 6961 (Biographisch - Bibliographisches Quellen - Lexicon der Musiker ecc., alla voce Galuppi) e così pure il Piovano (B. Galuppi, in Rivista Music. Ital., 1907, p. 340). Certo non per colpa del Goldoni, nè dei cantanti, l’opera cadde malamente e si dovette rimettere in scena poche sere dopo, cioè il 17 febbraio, il Mondo alla roversa con decorazioni e illuminazione straordinaria del teatro, per attirare il pubblico (v. la dedica del nuovo libretto e le scuse dell’impresario nel voli. preced., p. 183).
Anche gli altri teatri a Venezia languivano in quella stagione: a S. Cassiano vediamo due vecchi drammi del Metastasio, Alessandro nelle Indie e la Semiramide; a S. Moisè un altro dramma del Metastasio, Il Re Pastore, e giochi di saltimbanchi con pantomime. La compagnia famosa del teatro di S. Gio. Crisostomo era in partenza per il Portogallo. Il Goldoni si preparava ad abbandonare il capocomico Girolamo Medebach, e passava al servizio del N. U. Vendramin, proprietario del teatro di S. Luca: ma prima, in quel lungo carnevale, lanciò sul palcoscenico di Sant’Angelo l’irresistibile Mirandolina (l’immortale Locandiera) mentre a S. Samuele trionfava con le note del Galuppi l’astuta Bellarosa, Calamita de’ cuori.
L’opera dei Bagni d’Abano, naturalmente, non fu ripetuta altrove. Il Goldoni stesso, non si sa perchè, nell’elenco dei suoi drammi giocosi, stampato in fine delle Memorie francesi, la ripudiò: “Pièce desavouée par l’Auteur”. Eppure fra le composizioni giovanili del Paisiello si ricordano i Bagni d’Abano, rappresentati a Parma nel 1764 (v. P. E. Ferrari, Spettacoli Drammatico-Musicali ecc. Parma, 1884): solo non conosco il libretto, nè so quali modificazioni possa aver subito il dramma originale. Molti anni dopo, anche Antonio Sografi, commediografo padovano, scrisse una commedia per musica intitolata I bagni d’Abano o sia la Forza delle prime impressioni, cantata nel teatro di S. Benedetto a Venezia il 26 die. 1793 (Sonneck, Catalogue ecc., vol. I, p. 194). Nella lettera di dedica ai nobili Presidenti del teatro il Sografi dice che il soggetto della commedia “tratto dall’immortale Goldoni... fu ancora ai tempi nostri maneggiato felicemente dalla penna d’uno scrittore di Commedie, la di cui modestia non permette di palesarne il nome” (parole riferite dal Wiel, op. cit., p. 452). Il Salvioli poi ricorda nella sua Bibliografia universale del teatro dramm. it. (Venezia, 1894-1901) una commedia di Ferdinando Meneghezzi di Mantova, grande ammiratore e biografo di Goldoni, intitolata appunto I Bagni d’Abano (Milano, 1834).
I Bagni d’Abano, editi la prima volta dal Fenzo (Venezia, 1753, pp. 56, in-16: v. frontespizio), furono ristampati nelle varie raccolte dei melodrammi goldoniani, cioè del Tevemin (Venezia, 1753, t. III, pp. 159-216), dell’Olzati (Torino, 1757, t. Ili), del Savioli (Venezia, 1770, t. III), di Guibert e Orgeas (Torino, 1777, t III, pp. 1-47) e finalmente dello Zatta (Venezia, 1795, t 44, ossia t. X, cl. 4, pp. 339-394).
⁂
Mi sembra qui necessario aggiungere come al Goldoni sia stato falsamente attribuito dal Wotquenne e da altri Il Mondo alla moda, insulso dramma-giocoso per musica, rappresentato nel Regio Ducal teatro di Milano nell’autunno del 1752 e stampato, pure a Milano, in quell’anno stesso, da Richino Malatesta. Un esemplare esiste nella Biblioteca del Liceo Musicale si Bologna: fra i cantanti ritioviamo Filippo Laschi e Anna Querzoli Laschi e Agata Ricci e una Vittoria Querzoli; e fra i personaggi un “finto bacchettone” (don Valerio) e un vecchio tutore (Aniceto) deluso dalla pupilla. La lettera poi di dedica al conte Gian-Luca Pallavicini reca in fine il nome dell’autore, che è il dottor Carlo Gandini, scambiato col commediografo veneziano più facilmente per questo che il titolo stesso dell’opera faceva ricordare, come osserva il Piovano (Riv. Mus. It., 1908, p. 253), il Mondo della Luna e il Mondo alla roversa. Il Piovano non avvertì il nome del Gandini, che nel 1747 aveva scritto un dramma serio, la Caduta d’Amulio (attribuito pure dal Wiel al Goldoni, per isbaglio), ma ben si accorse che il Mondo alla moda corrisponde all’opera buffa gli Impostori, musicata dal Latilla e recitata a Venezia nell’autunno del ’51. Nel noioso libretto del Gandini, privo di spirito comico e di novità, manca perfino la satira del costume che il titolo farebbe prevedere.
G. O.