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dell’Arte (F. Neri, Scenari delle Maschere in Arcadia, Città di Castello, 1913) e trionfante più tardi nelle Fiabe di Carlo Gozzi. In grazia di queste magie (quanti maghi nella storia del teatro!) la fedele Violante tradisce il suo Riccardo, che invano si dispera, e tutti gli altri personaggi impazziscono con odi e amori improvvisi e con varie trasformazioni. Invenzione certamente piacevole per una farsetta di carnovale, anche se il Goldoni non ebbe il tempo di maturarla in una viva opera d’arte. Pure a Parigi, nei teatri della Fiera e nel Teatro Italiano e qualche volta in quello stesso della Commedia Francese, si sbizzarrì con le fate e con gl’incanti la fantasia di Regnard, di Le Sage, di Le Grand, di Marivaux e di molti più oscuri. Il Settecento poi, benchè sia il secolo degli Enciclopedisti, è pur quello di Swedenborg e quello della Magia bianca e dei geniali ciarlatani, come il conte di Saint-Germain, Mesmer, Cazotte, Casanova, Cagliostro. (Al fanatismo del pubblico parigino per il medico Mesmer nel 1778 dovette assistere il Goldoni stesso: Mémoires, P. III, ch. 32). - Il Riccardo goldoniano toma a credere alla fedeltà di Violante, in grazia d’uno specchio magico: specchio pericoloso per la pace degli uomini, pensa il dottor veneziano, ai quali deve bastare la buona fede (e così pensava pure l’Ariosto, ricordato nel voi. preced., p. 431).

A rinforzare il riso comico, quasi ve ne fosse bisogno, l’autore aggiunse agli altri personaggi l’ipocondriaco Luciano, che Rosina chiama Ranocchio, cioè pien di rane, come il protagonista del povero Intermezzo composto nel ’35 (L’ippocondriaco, vol. XXVI: v. Nota storica). Anche Luciano discende in dritta linea dall’Ammalato immaginario di Molière, ma, a dispetto de’ suoi malanni, conserva un debole per le belle ragazze e finisce per sposare la Rosina, innamorata de’ suoi denari. — Nè migliore questa farsetta, nè peggiore di tante altre del Goldoni: qualche alito del Settecento vi spira qua e là, e qualche arguzia buona ci fa sorridere ancora: per es. il tócco di bacchetta, nella se. 6, a. Ili, che riconcilia Lisetta e Pirotto. Graziose sempre e inesauribili queste servette goldoniane!

I cantanti che interpretarono I bagni d’Abano ci sono ormai noti, perchè comparvero tutti negli Effetti portentosi della Madre Natura (v. vol. preced.). Nel libretto è taciuto il nome del compositore. Il Saivioli e il Musatti attribuirono la musica al Galuppi e al Bertoni: il Wiel al solo Galuppi, ma con incertezza (I Teatri Musicali Venez., Ven., 1897, p. 193). Probabilmente si fece un pasticcio con arie tolte a più autori; e v’ebbe forse mano il Buranello. L’Eitner addita la partitura manoscritta presso la Biblioteca Reale di Berlino, segnata col n. 6961 (Biographisch - Bibliographisches Quellen - Lexicon der Musiker ecc., alla voce Galuppi) e così pure il Piovano (B. Galuppi, in Rivista Music. Ital., 1907, p. 340). Certo non per colpa del Goldoni, nè dei cantanti, l’opera cadde malamente e si dovette rimettere in scena poche sere dopo, cioè il 17 febbraio, il Mondo alla roversa con decorazioni e illuminazione straordinaria del teatro, per attirare il pubblico (v. la dedica del nuovo libretto e le scuse dell’impresario nel voli. preced., p. 183).

Anche gli altri teatri a Venezia languivano in quella stagione: a S. Cassiano vediamo due vecchi drammi del Metastasio, Alessandro nelle Indie e