I Salmi di David (Diodati)/SALMO VII

SALMO VII.

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SALMO VI SALMO VIII
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SALMO VII.

1          In te, Signor, m’affido,
     Che sei de l’alma mia l’unica speme.

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     Salvami da l’infido
     Nemico stuol, che mi persegue e preme,
     Ch’a guisa di leon, ch’al rapir freme,
     Me non isquarci, e non m’involi ratto,
     Nè per tempo mi venga alcun riscatto.
2          Se mai, Signor Dio mio,
     Ciò, ch’a torto m’appon, a far attesi;
     Se del misfatto rio
     Unque macchiar, fellon, la destra impresi;
     Se mai l’amico a tradimento offesi;
     (Io, ch’a salvar la man sempre ebbi presta,
     Qualunque me senza cagion infesta:)
3          Persegua, no ’l disdico,
     Anzi me ansante, acceso d’ira, colga,
     Implacabil nemico.
     Senza mercè per terra mi convolga,
     Calpesti e triti, e l’alma vita tolga.
     L’eccelsa gloria mia consento atterri,
     E ’n chiostro vil di sozza polve serri.
4          Muovati ira gelosa
     Ad acquistar su ’l nemico furore
     Vittoria gloriosa.
     Fatti or, a mio favor, desto, Signore:
     Che dritto è ben, che giusto difensore
     De la ragion sii tu, che la drittura
     Servar comandi inviolata e pura.
5          De le genti lo stuolo
     Aduna, e fattel comparir attorno.
     Poi, dal terreno suolo,
     Rimonta in solio, d’alta gloria adorno.
     A’ popoli ragion intorno intorno
     Facendo tu, la causa mia difendi,
     E di mia integritade al par mi rendi.
6          Gli empi pensier disperdi:
     E sì de’ giusti il fral stelo sostieni,
     Ch’ognor s’erga e rinverdi.

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     Del dritto in man l’immota norma tieni,
     Sagace provator di cori e reni.
     Del mio schermo lo scudo è ’l sol Signore,
     Che salva e guarda ognun puro di core.
7          Largo egli è di mercede,
     A chi del giust’oprar calca il sentiero.
     Nè meno in cor gli siede
     Contr’al rubello ognor sdegno severo.
     Se ’l nemico non vuol mutar pensiero,
     Trarrà dal fodro il folgorante brando,
     E l’arco teso in man terrà mirando.
8          Già strigne l’alta mano
     L’armi, ch’incontro la caterva fella
     Unque non scote in vano.
     E dal ciel scoccherà folta procella
     De l’infocate sue aspre quadrella.
     E’ petti ad oltraggiar di rabbia caldi
     Farà ’l bersaglio de’ suoi colpi saldi.
9          Nel far scoppiare i parti
     D’iniquitade, ecco ’l nemico stenta:
     E con inganni ed arti,
     Sfogar la conceputa ingiuria tenta.
     Pur andrà vana l’opra al falso intenta.
     Una fossa cavò per altri cupa,
     Egli stesso a la fin vi si dirupa.
10          Così, il travaglio rio
     E lo sforzo, col qual i buoni infesta,
     Cader, per giusto fio,
     Vedrassi addosso, ed ingombrar la testa.
     Al gran Signor sciorrò la lingua presta,
     L’alto Nome facendo, in salmi e canti,
     Chiaro, di sua giustizia al par de’ vanti.