Dopo due giorni all’ora convenuta in sul tardi Callicle e Doro furono in casa d’Innide, la quale li accolse con festa e baciò in bocca all’uno ed all’altro. Era Innide una donnetta vezzosa, su i venti anni: aveva occhi parlanti, bocca rosata e sorridente, manine delicate, piedi piccoletti, e tale un candore nelle carni che pareva nata dagli Erettei (nobili antichi ateniesi). Ella era uscita allora dal bagno, ed era fresca e lucente, e ricoperta d’una finissima veste listata di porpora. Con un bell’atto fanciullesco ella sedè su le ginocchia di Doro, e con le mani gli ravvivava i capelli su la fronte, e lo mirava con un sorriso di compiacenza; e gli gettava le braccia al collo, e gli baciava gli occhi: Callicle si sedé vicino, ed ella pose un piedino nudo e poi l’altro su le ginocchia di Callicle, il quale li prese tutti e due, e li baciò, che parevano due pezzi di cristallo. Poi Innide gli prese il mento con una mano, e gli baciò la bocca: ella non sapeva dividersi fra i due, ma si teneva più stretta a Doro. Intanto Doro le metteva in dito un anello d’oro lavorato in Rodi, e Callicle le metteva al braccio un’armilla anche d’oro figurata di due serpenti fatti con molta arte. Ed ella guardando il dono che le facevano i giovanetti, disse: Ma quale anello, quale armilla, quali collane, quali cioccaglie sono belli e prezisi come Callicle e Doro, i più belli e leggiadri giovani di Atene, che sono miei, che li ho avuti io la prima volta, ho colto io il bel fiore della loro verginità? Nessuna donna, e neppure la figlia dell’Arconte l’avrà questa fortuna in vita sua. Voi mi avete dato voi, e voi siete per me più preziosi che tutto il tesoro di Delfo. Io d’anelli ne ho quattro, sapete? Ed un’armilla e due paia di cioccaglie, uno a tre mandorle, ed uno a cerchietto da cui pende una mezza luna, e due cicale d’oro, e due api per tenere i capelli, e sono lavori di Siria. Oh ve li voglio far vedere! Andò nella camera vicina, prese uno scrignetto, e postoleinnanzi ai giovani ne cantava quei suoi gioielli, ed ora di uno ora di un altro si adornava, e diceva: che vi pare? mi stanno bene? A la prima festa metterò l’anello e l’armilla vostra, e la bella comparita che voglio fare! Callicle domandò: Chi ti ha dati questi gioielli? la mamma? Innide si rabbuiò nel volto, e rispose: Oh, la mamma mia era una povera donna moglie d’un marinaio, il quale le morì quand’io avevo cinque anni, ed ella con le sue fatiche mi dava a campare, e mi tirava su, ed io fatta grandicella divenni danzatrice, ed ebbi qualche amante: ma perdei la mamma mia diletta, e piansi tanto, e quando me ne ricordo non posso tenere le lagrime. - Povera Innide, disse Doro. E Callicle: Dunque gli amanti ti han fatto ricca? - Ricca me! vivo senza angosce, ed ho una servetta. Ma a voi voglio dire ogni cosa. Padron Cleonimo, quel vecchio ricco che ha tante navi nel Pireo, e che voleva gran bene a mio padre che navigava con lui, egli me le ha portate queste cosette, e mi dà ancora come sostenere la vita. Chi? quel vecchio tutto bianco? disse Doro. Ed Innide: Sì, quello che come l’aglio ha il capo bianco e la coda verde. Ha moglie, ha figliuoli, e vuol bene anche a me! - E tu ne vuoi a lui? disse Callicle. E Innide: Oh altro! come ne vorrei alla santa anima di mio padre! Mi fa tanto bene! sarei una scellerata a non volergliene. - E Callicle: Vuoi bene a lui ed a noi - Ed ella: A voi è un altro bene che vi voglio, e da un pezzo, e voi non ve ne siete accorti. A lui come padre, a voi come amanti: in lui amo la bontà, in voi la bellezza. Ma che egli non si accorga di nulla, per gli Dei immortali, se no io sono disfatta. - È geloso egli? disse Callicle - Ed Innide: Naturalmente è geloso: egli è vecchio. Ma voi non siete gelosi voi l’uno dell’altro? E se io voglio più bene a Doro, non ne senti gelosia tu, o Callicle? - Io no, disse Callicle; né egli sentirebbe gelosia di me, perché siamo amici ed abbiamo tutto in comune. - Oh voi siete filosofi, e diversi dagli altri uomini, disse Innide. Intendo: voi non mi amate, perché amore è geloso: voi credete che la povera Innide sia una danzatrice come le altre, ed io sono una donna innamorata della bellezza vostra da molto tempo, la vostra bellezza mi ha fatto perdere il senno. E così dicendo la vezzosissima donna si lasciò cadere nelle braccia di Doro, e pianse. Doro la sollevò di peso, e la portò sul letto, e disse: Ora è tempo di godere, godiamo. I due giovani giacquero a canto a lei, e dandole baci e facendole carezze, ora l’uno ora l’altro fecero quello che vollero essi, e quello che Innide voleva, e quello che vorreste voi, e che vorrei anch’io: e non ne dico altro. E così per alcun tempo cautamente per non dare sospetti al vecchio Padron Cleonimo, ora Callicle, ora Doro, ora tutti e due insieme filosofarono con Innide, la quale non poteva mai saziarsi di mirare i due bellissimi garzoni e di ragionar d’amore con essi.