I Marmi/Parte terza/Ragionamento di diverse opere e autori fatto ai Marmi di Fiorenza/Stucco e Sazio

Stucco e Sazio

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Stucco e Sazio.

Stucco. Tanto che ’l libro v’è partito una bella cosa?

Sazio. Bellissima certo; per voler dare a credere alle persone molte cose nuove messer Giulio non ha pari.

Stucco. Avete voi considerato di quel numero che egli scrive dell’Apocalissi, dove egli dice: «Numerus hominis numerus bestiæ, numerus autem bestiæ sexcenti sexaginta sex» e séguita? Perciò che, scrivendo il Camillo, il numero che arriva a mille, per la giunta dello intelletto agente, è il numero dell’uomo illuminato.

Sazio. Oh l’è tirata acutamente questa cosa! Sapreste voi per sorte dove cotesto passo è nell’Apocalisse?

Stucco. A tredici capitoli; e dice cosí: «Hic sapíentia est (parlando di non so che bestia): qui habet intellectum, computet numerimi bestiæ; numerus enim hominis est; et numerus eius sexcenti sexaginta sex».

Sazio. Gli antichi interpetri che hanno detto di cotesto passo?

Stucco. Non mi ricordo d’alcuni stiracchiamenti greci, ma d’una interpetrazion latina sì. Dicono gli spositori che quella bestia è significata per Anticristo, il qual si chiamerá la luce del mondo, e hanno scritto DIC, LVX; come dire: dice esser lui la luce; e segnano in questo modo il numero per calcularlo meglio, che’l D dica cinquecento, l’I uno, e il C cento, secondo l’abaco ecclesiastico; poi, lo L cinquanta, l’ V cinque e l’X dieci, e lo raccolgono in questo modo:

D. 500
I. 1
C. 100
601

questo fa secento uno. [p. 90 modifica]

L. 50
V. 5
X. 10
65

e quest’altro sessanta cinque: talmente che 601 e 65 fanno quel numero che dice san Giovanni nell’Apocalisse, 656, che è il nome di quella bestia.

Sazio. I nostri moderni non hanno eglino dettovi qualche cosa sopra?

Stucco. Non, ch’io sappia; ma io ce ne ho due nuove nuove fatte di vecchio.

Sazio. Avrò caro di saperle.

Stucco. La pazienza adunque sia teco; e aspetta che io dica ogni cosa e poi ti segna.

Sazio. Son contentissimo: or di’, via, ch’insino all’ultimo che tu dirai «io ho finito», non son per dirti una parola al mondo.

Stucco. Essendo la settimana santa ai divini ufizii negli Angeli, mi venne alquanto da velare gli occhi; cosí m’apoggiai sul mio bordone e mi messi il cappello in capo e dormi’ leggier leggiermente un buon buono spazio di tempo. O che fussero i pensieri delle cose di Dio che io mi rivolgeva, inanzi che mi venisse sonno, nella mente o vero spirito buono o altro lume celeste e grazia data di sopra, egli mi pareva d’essere in un tempio pien pieno di popoli i quali cantavano in compagnia le tanie e fra l’altre cose dicevano in quelle piú e piú volte: «A bestia mala libera nos, Domine». Risvegliatomi in questo, pregava Iddio che dovesse darmi tanto lume ch’io potesse interpetrar qual era questa bestia; e, avendo in mano un Testamento nuovo, volle la sorte che io aprisse quel capitolo dell’Apocalisse. Standomi adunque in questa fissa imaginazione insino al sabato santo, quando si cantavano le letanie, e’ mi parve (so certo che non fu vero), mi parve che uno rispondesse ai sacerdoti: «A Martin Lutera, libera nos, Domine». Quando mi parve d’udir questo nome, me n’andai a casa e cominciai sopra del nome a calcular numeri: ed è gran cosa che altro nome che il suo [p. 91 modifica] non può far secento sessanta sei. Ora udite in che modo. Qua bisogna che voi v’imaginiate di trovar l’alfabeto perfetto e i numeri perfetti, ciò è non metter piú lettere nell’A B C né multiplicar piú numeri che sia il dovere: voi direte, verbigrazia, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10; come voi sète al dieci, se voi dicessi undici, per abaco 11, verresti a raddoppiare gli uni; però bisogna dire, dopo il dieci 20, 30, 40, 50, 60, 70, 80, 90 e cento 100; poi non dir cento uno, 101, per non duplicar, ma dugento, 200, 300, 400, 500, eccetera: piglierete, adunque, l’alfabeto intero senza levarne una lettera, in questa forma, e sotto vi metterete i numeri, come vedrete:

A B C D E F G H I K L M N O P Q R S T V X Y Z
1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 20, 30, 40, 50, 60, 70, 80, 90, 100, 200, 300, 400, 500

Quando io ebbi ridotto questo alfabeto e questi numeri a tal perfezione, ché voi vedete che non si lieva o pone cosa alcuna, ma rettamente, senza tirar la cosa per forza d’argani, cominciai a scriver quelle lettere, secondo che mi parve d’udire nelle letame:

30 Martin Lutera.
1 A
80 R
100 T
9 I
40 N
260

E, sommando questo abaco, trovo che questa prima parte rileva dugento sessanta. Poi presi l’altra parte del nome e nel medesimo modo e forma posi le lettere e i numeri similmente:

20 Lutera.
200 V
100 T
5 E
80 R
1 A
406
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E questo somma quattrocento sei. Accompagnate il primo con il secondo nome e unite gli abachi insieme, voi troverete che dugento sessanta e quattrocento sei fa giusto il nome di quella bestia, ciò è secento sessanta sei.

406
260
666

Veramente che l’è cosa maravigliosa a dire che con questo numero e con questo abaco, voi non troverete altro nome che questo Martin Lutera che faccia 666, se voi provasti quanti nomi sono bozzati al mondo, con una facile, piana e non tirata dichiarazione. Io ho finito: che dite?

Sazio. Voglio veder prima questa cosa adagio adagio; e piú tosto creder la vostra che quell’altra che colui vedesse distaccata l’anima dal corpo e poi rappiccarvela: sí che io vedrò la cosa a bell’agio e risponderò un’altra sera: per ora mi vo ritrarre; e ho avuto caro questa novitá. Ma l’altra?

Stucco. L’altra la serbo; che non abbiate fretta, perché è piú lunga e, al mio giudizio, bellissima.

Sazio. Pur che non v’inganniate. A Dio, per istasera, adunque.

Stucco. Vostro; e mi raccomando.