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L’astro morto.
I.
Una stella sparì da l’armonia
del cielo e ancor noi la guardiamo, quale
tremolava in un tempo immemoriale,
e ci sorride da l’antica via.
Dal cuor pulsava forse un’energia
onde la vita svolse le sue scale;
onde a prova l’argilla e l’ideale
lottaron fra un vagito e un’agonia.
Forse una stirpe nel suo firmamento
tenne incarnata un’anima solare
e risplendè co’ suoi genii ed eroi...
E il gran cuor s’allentò, ristette. Poi
silenzio... Oh sole! Ed ecco il cielo appare
innumerato e senza mutamento.
II.
Efimeri occhi! Là risplende un sole
dove per voi la nebulosa sciama:
un urto infiammò il ciel, pende una mole,
là dove nessun lume ancor vi chiama.
Forse non lungi una fraterna prole
per una terra l’opre sue dirama,
lancia nel cielo numeri e parole,
cerca, foggiasi dèi, sè dio proclama.
Anima mia smarrita! È giunta l’ora
che una nenia nostalgica t’appella:
«Uomo, ignora e dispera, ignora e adora!»
No. Tu gl’ingegni ai sensi rinnovella,
e per gli spazî e per i tempi esplora,
occupa l’universo a stella a stella!