Guida d'Udine/Arcivescovado

Arcivescovado

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Santa Maria Maddalena detta I Filippini Sant'Antonio

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ARCIVESCOVADO

L’arcivescovado posto nella situazione più ridente della città, servì, dappoi che cedettero il castello, a [p. 30 modifica]residenza dei patriarchi d’Aquileja, indi degli arcivescovi d’Udine, e quindi innanzi servirà a quella de’ vescovi. Fabbricato nel principio del 1600, dal patriarca Francesco Barbaro1, venne dai successori a mano a mano arricchito di letterarii, e pittoreschi tesori. Entrando si vede la scale magnifica nell’insieme, e licenziosa altronde per l’architettura, come è tutto il restante del palazzo. Nel soffitto di essa vi ha del Tiepolo la caduta di Lucifero, dove son belli singolarmente gl’ignudi dei demoni in varie guise giù dal cielo precipitati. S’affacciano sopra la sala d’ingresso tutti i ritratti dei patriarchi e degli arcivescovi, che, tranne gli ultimi, provengon tutti dalla stessa tavolozza. Nella cappella domestica all’unico altare scorgesi la Vergine santissima e il divin suo Figlio del giovane Palma, e nel palco la medesima assunta in cielo, dottissima composizione coi santi Ermagora e Fortunato, in atto di contemplarla, e con angioletti ne’ due quadri laterali, opera del cavalier Bambini. La così detta galleria è dipinta dal sunnominato Tiepolo e da Girolamo Mingozzi-Colonna. Il primo fece le figure, e il secondo, che gli soleva esser compagno ne’ suoi lavori a Venezia2, l’architettura e gli ornati. Nel mezzo del soffitto evvi il sacrifizio d’Abramo, dove s’ammira l’eccellente dipinto dell’ignudo Isacco e i due laterali, Agar di casa scacciata, e la scala di Giacobbe. Nel quadro di mezzo è Rachele che nasconde gl’idoli, e negli altri due l’apparizione ad Abramo dei tre angeli, e la predizione ch’essi fanno a Sara della futura maternità. I [p. 31 modifica]due chiaroscuri vicini mostrano la lotta dell’angelo con Giacobbe, e l’incontro del medesimo con Esaù. In alcune statue a finto bronzo sono effigiate quelle donne, che per santità o profezia, rinomanza ebbero in Israello. Peccato che la stanza alquanto stretta non le lasci vedere più da lontano. È così seducente e vago il colorito, che tu ti dimentichi, che in que’ volti, in quelle vesti, in quegli atteggiamenti invano cerchi gli antichi padri, e il patriarca Dionigi Delfino, quasi compiacendosi di sì bell’opera, non isdegnò, che vi si collocasse il suo ritratto e il suo stemma. Nell’altra camera presso alla sala condusse a fresco nei quattro angoli del soffitto i profeti, e nel mezzo il giudizio di Salomone. Non isperi pennello alcuno di uguagliarlo nell’armonia, nella forza del colore, nell’incantesimo del chiaroscuro. Si giunge procedendo innanzi alla stanza, di cui è fattura di Giovanni da Udine la celebratissima volta. Vuol fama, che quando si riedificò il palazzo, si alterasse la disposizione dei piani, acciò essa restasse in piedi3. E ben a ragione. Lungo discorso io ne terrei, se ragionato per esteso non se ne fosse nella storia delle bell’arti, a cui rimetto il lettore4. Da essa, oppure da una scala a chiocciola, avente l’eterno Padre nel soffitto, opera di Dorigny, cassi nella libreria, che il patriarca Dionigi Delfino edificò dai fondamenti, e fondò a pubblico, perenne comodo5.

Note

  1. Palladio Historia p. 2. c. 236. Patria del Friuli descritta 25.
  2. Moschini p. 2. 53. 72.
  3. Renaldis saggio ecc. 59.
  4. Storia 117.
  5. Così apparisce dall’iscrizione posta esternamente fra le finestre della biblioteca, e citata nella patria del Friuli descritta ecc. 15, e Mandrisio Orazione per la sontuosa libreria aperta in Udine. Venezia 1711. pag. 24.