Guerino detto il Meschino/Capitolo XXXVI

Capitolo XXXVI

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Capitolo XXXV Capitolo XXXVII
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CAPITOLO XXXVI.


Guerino prende Durazzo, e riconosce il padre e la madre.


A
vendo veduto i Saraceni fuggire Silonio col braccio tagliato, entrò in loro tanta paura che gettarono tutte le bandiere per terra, e tutti cominciarono a fuggire, e i cristiani li seguitarono confusamente. Girardo, fatta medicare la piaga, era di tanto animo che tornò alla battaglia. In questo avendo esso messi i nemici in fuga, Guerino ne seguitava la traccia, e insieme con loro giunti alla porta molti cavalieri smontarono a piedi, e per forza presero il ponte della porta. La battaglia era terribile: in questo punto giunse Napar alla porta, e smontò a piedi, assalì il Meschino, e diedegli d’una lancia a due mani, che il Meschino tagliò, e appressati l’uno all’altro si diedero certi colpi di spada, e poscia si abbracciarono insieme l’uno coll’altro; il Meschino lo gittò sotto, e vi era tanta moltitudine di nemici che il Meschino sarebbe stato male se non fosse stato Girardo che giunse, il quale trovando la gente per fuggire, gridò, e per forza presero la porta. [p. 280 modifica]

Il Meschino cavò l’elmo a Napar, e gridava che si rendesse, ma egli non gli rispose. Il Meschino col pomo della spada l’uccise, e come fu morto, si levò verso la città un gran rumore, dicendo quelli della terra: «Viva i cristiani!» E per questo fu più facile a pigliare la terra di Durazzo, e la quale poco dopo fu messa a sacco. E presa la piazza montarono il Meschino e Girardo sopra il palazzo maggiore, e le genti della città corsero alle prigioni e le ruppero, e dentro vi fu trovato Milone principe di Taranto padre del Meschino, e la sua madre donna di Milone, la quale aveva nome Fenisia, vecchia, pelosa, con i panni rotti e stracciati, sicchè da più parti mostrava le carni, e non si vide più oscura cosa. Quando furono ritrovati fu loro dimandato quanto tempo erano stati in prigione, risposero trentadue anni, e furono interrogati chi erano, risposero ch’egli era Milone principe di Taranto, fratello di Girardo di Puglia, e che il padre suo fu Girardo da Frata, e quell’altra Fenisia sua donna. Li menarono sul palazzo dinanzi al Meschino e a Girardo. Quando Milone e Fenisia giunsero sulla sala, Guerino si cambiò di colore e cominciò a lagrimare. Girardo lo guardò in viso, e disse:

— O franco capitano, perchè sei tu così cambiato di colore?» Guerino rispose: — O caro mio signore, questi sono il padre mio e la madre mia. Tu sai che io ti ho detto d’aver cercato tutto il mondo infino agli Arbori del Sole, e sono stato dalla fata, e alla caverna di San Patrizio, e non potei sapere per nome chi fosse il padre mio. Ho solamente saputo tre cose: La prima, mi dissero gli Arbori del Sole che io era cristiano due volte battezzato, e la prima volta fui chiamato Guerino e la seconda Meschino; la seconda cosa fu che la Fata mi disse che la mia balia aveva nome Sefferra, e fu di Costantinopoli, e morì in mare. La terza mi furono mostrate nella caverna di San Patrizio due statue per similitudine, e mi fu detto: quando tu vedrai due simili come questi, quelli saranno il padre tuo e la madre tua, e ognuno di questi mi dissero che erano vivi». E mentre ch’ei diceva queste cose a Girardo, fecero star discosti Milone e la moglie. Allora vedendo Girardo piangere Guerino, cominciò a piangere con lui, e disse Guerino per ritrovare la [p. 281 modifica]verità, facendo aspro viso: — Chi sei tu che dici essere Milone?» Milone si voleva inginocchiare, ma il Meschino non volle. Ed ei disse che era Milone figliuolo di Girardo da Frata, del sangue di Mongrana, e per antichità disceso dal sangue di Costantino, e come Carlo Magno lo fece cavaliere in Aspramante lui e il suo fratello Guiscardo, e donò a loro la Puglia, la Calabria, ed il principato di Taranto, ed egli mosse guerra agli Albanesi, e prese Durazzo, e tolse per moglie questa donna sorella di Napar e di Madar, poi come per tradimento gli fu tolta la città, e furono messi in prigione, e non so, disse, come io abbia tanto tempo potuto vivere». Allora dimandò Guerino s’egli aveva mai avuto figliuoli; Milone disse di sì, che ne aveva avuto uno, ma ch’egli credeva che fosse morto quando perdè la terra, imperocchè non aveva allora se non due mesi. Guerino disse: — Come aveva nome?» Rispose: — Al battesimo ebbe nome Guerino;» ma non poteva tener le lagrime, e da capo disse Guerino: — Come aveva nome la balia che lo teneva in guardia?» Rispose Fenisia: — La balia fu quella che aveva allattato lui piccolino, e però mi fidai di lei che avesse cura del mio figliuolo, non perchè ella gli potesse dare il latte, ma per guardia del fanciullo, ed ella tolse una balia a suo modo, ch’era chiamata Sefferra, ed era di Costantinopoli». Girardo disse: — Quanto tempo è che voi foste messi in prigione?» Rispose Milone: — Trentadue anni». Non potè più stare Guerino celato, ma lanciossi al collo di suo padre, nè curando che fosse tutto peloso, lo baciò e disse: — O padre mio, peno di fatica; perchè non seppi io fino a Costantinopoli che tu eri mio padre, che io ti avrei cavato da tanta pena, e similmente la mia madre!» e corse verso lei e abbracciolla. Non fu mai d’allegrezza simil pianto. Girardo abbracciò Milone, chiamandolo zio, perchè era fratello di suo padre; e diceva: — Io ho udito dire da mio padre che erano passati anni trenta che suo fratello Milone era stato ucciso a Durazzo, e molte volte ho voluto farvi passaggio per fare vendetta, ma non ha piaciuto a Dio; ma ora si vede, perchè a Dio non piaceva per in sino a tanto che il suo figliuolo non ritornava a trovare il padre suo», e lasciato Milone, si rivolse al Meschino e lo abbracciò chiamandolo fratello, e dicendogli: [p. 282 modifica]— Perchè non ti ho conosciuto?» Questa allegrezza sarà grande al mio padre di trovare un suo fratello e un simile nipote».

Tutta la gente andava al palazzo per vedere il padre ed il figliuolo. Molti vecchi vennero alla corte, facendo testimonianza come Sefferra era fuggita col fanciullo, e che essi avevano saputo che certi legni di corsari di mare l’avevano presa e uccisa. Ancora fu riconosciuto il Meschino da molti che l’avevano veduto in Costantinopoli, e furono manifestati quei fatti che aveva fatto contra il re Astiladoro per l’imperatore di Costantinopoli, e fu fatta grande allegrezza della vittoria, e maggiore della ritrovata sanguinità, e subito Girardo avanti che si facesse curare ordinò che al padre fosse ogni cosa scritto per ordine. Il Meschino subito scrisse a Costantinopoli ad Alessandro, ed in Persia alla città di Persepoli alla bella Antinisca, facendogli secretamente sapere ch’era vivo, e aveva ritrovato suo padre e sua madre, in Babilonia e in Barberia per dar fede che egli era stato per tutte le parti che diceva. Ancora scrisse nella Morea ed in Inghilterra a Dionino, e in poco tempo furono verificate le sue parole: — di avere cercato veramente quasi tutto il mondo per trovare la sua generazione.