Grammatica elementare e pratica della lingua greca/Prefazione del traduttore

Prefazione del traduttore

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Grammatica elementare e pratica della lingua greca Prefazione dell'autore
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PREFAZIONE DEL TRADUTTORE.



Fin da quando uscì in luce a Parigi, egli è già più d’un’anno, la prima parte di questa grammatica, io divisai pel bene de’ miei giovani alunni di darla nella nostra lingua tradotta. Ma ho indugiato a far pago il mio e forse l’altrui desiderio, perchè non volli pormi all’impegno, sino a che non n’ebbi veduta e studiata anche la parte seconda, che è della sintassi, degli accenti, de’ dialetti, e della lingua poetica de’ Greci; allora, sempre più persuaso, che il libro del Signor Dübner rispondesse ottimamente ai bisogni dell’insegnamento commessomi nel Liceo di Firenze, chiesi facoltà all’illustre Ellenista di fare italiana la sua grammatica; ed egli me la concesse con tanto squisita cortesia, che sento il dovere di ringraziarnelo pubblicamente. Avrei anzi voluto potermi rendere al desiderio di lui, conducendo la mia traduzione su la nuova edizione, che si va preparando di questa grammatica a Parigi, e ad un tempo a Mons per le scuole del Belgio. Ma m’era grave [p. vi modifica]l’indugio, e la stampa, incominciata fino da quando era lontano da Firenze, non poteva sospendersi: in una nuova edizione, se il pubblico accetterà lietamente la mia ingloriosa fatica, mi farò scrupolo di tener conto d’ogni modificazione, che l’illustre autore apporti al suo testo.

Molti sanno da’ periodici francesi, e principalmente da diverse scritture pubblicate dall’illustre Ellenista la grave contesa, che è insurta fra l’Autore di questa grammatica e il Consiglio imperiale della pubblica istruzione della Francia.

La memoria e la gratitudine agl’importanti servigi, che, nel suo tempo, rese all’insegnamento del greco G. L. Burnouf, hanno forse impedito a quell’onorevole consesso di riconoscere i grandi vantaggi, che si possono ritrarre dalla grammatica del Dübner. Per la mia parte, qui non è il luogo, in cui m’abbia a protestare della grande venerazione, che porto al francese filologo: ognuno sa, quanto a lui debbano gli studi greci, che ristorò in Francia, e donde poi venne una qualche luce anche all’Italia. Ma dal tempo, in cui L. Burnouf col suo metodo, ripetuto in ben cinquanta cinque edizioni, rispose all’autorevole voce dell’Hermann, che esortava si emendasse il sistema della grammatica greca, la scienza del greco, come ogni altra parte della filologia, ha fatto smisurati progressi. Anche l’umile insegnamento elementare dovea sentirne vantaggio; e Federigo Dübner, nome caro e venerato a quanti non [p. vii modifica]solo fan professione di greca filologia, ma e a tutti quelli, cui fu dalla Provvidenza commesso il delicato ufficio di ammaestrare la gioventù nelle lettere, compì il difficile assunto, simplicizzando e approfondendo i principii della grammatica greca. Basta, senza toccare della sintassi, che si pongano a fronte le teorie del mio autore su la declinazione imparisillabica, o su la forma del presente ne’ radicali monosillabi e di vocale breve co’ precetti del metodo del Burnouf, perchè non mi sia data accusa d’eccessivo amore per lui, se affermo, che da un’immensa quantità di fatti ha indotto le leggi fondamentali del più grande idioma, che gli uomini abbian parlato.

Io tuttavia non sono lungi dal credere, che in progresso di tempo anche altre e non meno fondamentali modificazioni potranno essere importate nella grammatica della lingua greca, e massime dal sistema di comparazione, in cui è entrata la moderna filologia. Forse allora la teoria della coniugazione potrà farsi più semplice, riducendo le tre voci del verbo greco alle due forme primitive del verbo della lingua sanscrita la parasmaipada e l’atmanepada1: nè ciò con grave difficoltà, come che riesca evidente ad ognuno, che la sola voce completa del verbo greco, oltre l’attiva, è la media, la quale avendo tutte le forme della passiva, hai poi analogiche quelle del futuro [p. viii modifica] e dell’aoristo, in σομαι e in σάμην; mentre le forme θην e θήσομαι della voce passiva alle leggi dell’analogia non rispondono, sì che sarebbe più semplice e più vero il dire, che il passivo ha sue proprie queste due sole forme, che l’insegnare, siccome si suole, che il medio non ha più che due tempi, che gli sieno particolari, il futuro (σομαι) e l’aoristo (σάμην).

Ma il fatto grammaticale, su cui vorremmo si portasse la più attenta considerazione è la formazione dell'aoristo secondo. Presso che in tutte le scuole si dice, e si ripete, che quel tempo deriva dal futuro secondo; l'illustre A. Peyron, il principe degli Ellenisti italiani, della cui benevolenza altamente m’onoro, mi faceva osservare, quanto fosse singolare ed impropria quella derivazione: infatti il futuro 2° non è che un futuro attico di certi verbi, mentre l’aoristo 2° è del dialetto comune; il primo è raro, il secondo volgare; quello serba le caratteristiche del tema, questo rappresenta spessissimo, od è quasi l’ultima reliquia de’ verbi caduti in disuso; più ancora, ne’ v. in ανω non rinvieni forma di futuro 2°, che coincida con quella dell’aoristo, derivata da’ temi caduti d’uso. L’Hermann ha lungamente esaminato questa questione nel capitolo XXIII del L. II, del suo famoso trattato «de emendanda ratione graecae grammaticae (Lipsiae 1801)», uno de’ libri che più giova raccomandare agli studiosi del greco: e dietro le sue osservazioni la moderna filologia tedesca ha rigettato l'antico errore, come ne [p. ix modifica]da bella prova lo stesso Congnet2, che su le grammatiche de’ Tedeschi, e principalmente del Rost e del Kühner, compilò un trattato, che gode bella fama appo i francesi; forse, a nostra sentenza, la via più spedita per porre in evidenza questo fatto grammaticale sarebbe di far ricorso all’istoria della lingua.

Ma basti l’aver accennato ai nostri colleghi d’insegnamento questi pensieri, che potranno avere altrove la esplicazione che loro convenga: e possa non andare sperduta la mia speranza di avere con questa traduzione del libro del Sig. Dübner giovato ai rinascenti studi greci della mia patria.


Firenze 24 Febbraio 1857.





EUGENIO FERRAI.

Note

  1. Parasmaipada è vocabolo composto, e vale quanto forma grammaticale o vocabolo (pada) per un’altro (parasmai dat.); atmanepada poi vale forma per se stesso (atmane).
  2. Grammaire de la langue grecque par H. Congnet (Paris Lecoffre 1845.) ch. VI. n. 438. pag. 97.