Gli invisibili/Ancora Stainton Moses

Ancora Stainton Moses

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La medianità di Stainton Moses I due casi dell'Abate Vaggioli

Tanta e sì varia è la mole delle alte comunicazioni ottenute da Stainton Moses, che presenta una ben grave difficoltà, data la misura di questo mio studio: la difficoltà della scelta.

Quando mi pervenne il grosso volume dall’estero, e lo lessi con avidità e meraviglia, mi produsse tal senso, che tosto lo mandai a un illustre scienziato, a un acuto maestro di psicologia, per sentirne il parere. Ecco quanto mi scrisse, nel restituirmi il volume:

- Rimando il libro che ho letto, in gran parte, con vivo interessamento. È veramente un esemplare di automatismo; con sdoppiamento della personalità. Notevole perché la personalità subsciente, che dovrebbe essere inferiore alla cosciente, la supera e vince per ricchezza d’idee, venustà di stile, elevatezza di forma.

Lo scienziato, verso il quale professo il più amoroso rispetto, giudicava logicamente secondo i postulati ultimi della scienza psicologica, cioè secondo la teoria del subcosciente, senza tener conto della finora misteriosa essenza della medianità, che ripugnava allora all’uomo di studio il quale, sincero ricercatore, ha forse oggi alquanto modificato i propri concetti, pur mantenendosi fido ai precetti rigidamente scientifici.

Il subcosciente, sia detto per i profani della psicologia, sarebbe il ricettacolo delle sensazioni superflue. Noi, man mano, acquistiamo centinaia e migliaia di cognizioni. Quelle che giovano alla nostra professione, al nostro tenore di vita, rimangono nel cosciente: le altre, vanno a finire nel subcosciente. I mobili e gli oggetti utili restano nelle camere d’uso continuo: gli altri si accumulano nella cantina o nel solaio: nel subcosciente. Nel cambiar di casa, eccoli ancora frammisti agli altri oggetti: così, quando l’animo è in condizioni anormali, il subcosciente invade il cosciente, e proviamo illusioni strane: ossia ci sembra nuovo quel che invece è stravecchio e soltanto dissepolto dall’oscurità. Così, a uno che, da anni, si serve della luce elettrica, riappare la lampada a petrolio, la lumiera a olio, l’acciarino per battere la pietra focaia, tutti oggetti per lui nuovissimi, perché ormai scomparsi dalla memoria.

Però, ne consegue che tutte le idee buttate nel serbatoio del subcosciente devono essere idee logore e arretrate. Se no, si darebbe il caso inverosimile d’un pazzo che si serve oggi della puzzolente candela di sego, della bisunta lucerna a olio, dell’acciarino, dell’esca, della pietra focaia, e che, cambiando casa, trova nella cantina e nel solaio, i fiammiferi di cera, i becchi del gas, i commutatori e i meravigliosi lampadari della luce elettrica.

Tale sarebbe appunto il caso stranissimo di Stainton Moses, qualora si dovesse accettare a occhi chiusi la teoria (vera, in altri e diversi casi) del subcosciente. Egli avrebbe cioè nel cosciente tutta la moccolaia della lucerna a olio: e nel subcosciente invece una lampada ad arco di luce elettrica.

A me spetta per ora, intanto, di segnalarvi i più vividi sprazzi di tale inesplicabile luce elettrica, e, per necessaria brevità, scelgo tre soli brani delle comunicazioni fatte dagli invisibili a Stainton Moses: tre brani che possono intitolarsi così:

- L’uomo perfetto.

- Il dovere dell’uomo.

- Le peripezie dello spirito.

Ecco la definizione dell’uomo perfetto.

- Il filantropo e il filosofo, l’uno che ama l’umanità, l’altro la scienza per se stessa, sono inestimabili gioielli di Dio. L’uno, senza restrizioni di razze o di confini, circonda dell’amor suo l’umanità intera. Egli ama gli uomini come fratelli, senza chiedere quali siano le opinioni loro: egli non vede che i loro bisogni, insegna quindi loro le verità progressive e il suo nome è benedetto. Tale è il vero filantropo: non già colui che ama soltanto coloro che come lui pensano, che aiuta soltanto coloro che lo corteggiano, e dispensa soccorsi soltanto perché la sua azione generosa sia propalata: falsificatore della vera filantropia, costui le toglie quella semplicità di benevolenza universale ch’è la sua spiccata caratteristica.

L’altro, il filosofo, svincolandosi dalle teorie e dai pregiudizi settari, libero dei dogmi di scuole speciali e di volgari preconcetti, pronto a ricevere la verità, qualunque essa sia, ricerca nei misteri della divina Sapienza, e cercando trova la propria felicità. Egli non ha da temere di esaurirne i tesori, poiché sono inesauribili. La gioia della sua vita è di penetrare ogni giorno più nelle cognizioni elevate e raccogliere ampia messe d’idee più esatte su Dio e su l’universo. La fusione di questi due caratteri: il filantropo e il filosofo realizza l’uomo perfetto.

Ecco adesso la sintesi veramente sublime dei doveri dell’uomo:

- Nella parola progresso o conoscenza di se stesso, noi intendiamo il dovere dell’uomo, entità spirituale, di compiere uno sforzo continuo per attivare il suo interiore sviluppo. Il dovere dell’uomo, essere intellettuale e ragionevole, si definisce con la parola cultura, ossia ricerca delle nozioni, non in una sola direzione, ma in tutte: non per materiale interesse, ma per istimolare facoltà che devono sempre aumentarsi. Quanto ai doveri dell’uomo verso la stirpe di cui è una unità, possiamo condensare in una parola l’idea centrale ch’è il motore di tutti i doveri: carità. Carità e tolleranza verso le opinioni divergenti: caritatevole apprezzamento d’atti ambigui e di dubbiose parole: benevolenza nelle relazioni: premura nell’aiutare il prossimo, senza desiderio di ricompensa: cortesia e dolcezza di contegno: pazienza di fronte alla contraddizione o all’ingiustizia: integrità nei negozi o nei progetti, unita a indulgente e affettuosa bontà: simpatia verso i dolori altrui: misericordia, pietà e tenerezza di cuore: rispetto dell’autorità nella sua sfera: rispetto dei diritti del debole: tutte qualità della vera essenza cristiana, che noi esprimiamo con la parola Carità, ossia Amore operante.

Ecco infine una sottile eppur convincente analisi delle influenze spirituali del di là:

- Lo spirito che ha vissuto unicamente di soddisfacimenti materiali, erra, dopo la morte del corpo, ovunque lo chiamino le sue antiche cupidigie, le sue voluttà: egli rivive quindi la propria vita corporea nei vizi di coloro che attira al peccato. Se poteste vedere gli spiriti oscuri che si affollano intorno alle riunioni della gente viziosa, capireste qualche cosa dei misteri del male. L’influenza suggestiva di questi spiriti vili facilita le cadute persistenti, e non affaccia che ostacoli invincibili alla mente di chi avrebbe la velleità di redimersi. Ogni miserabile vivente è come il centro d’un gruppo di spiriti criminali, i quali impiegano un feroce ardore per degradarlo al proprio livello.

Tali sfere sono però accessibili ai tentativi degli spiriti missionari, che cercano svegliare un desiderio di miglioramento. Appena spunti tal desiderio, lo spirito cattivo fa il suo primo passo in avanti. Egli è meno ribelle alle influenze degli spiriti puri e devoti incaricati di soccorrere le anime pericolanti.

Anche in mezzo a voi esistono uomini ardenti e generosi, che non hanno paura di penetrare nei più infami ricettacoli del vizio, per aiutare e salvare qualche miserabile. L’amore e l’abnegazione di tali uomini li coroneranno di gloria. Ebbene: ugual fenomeno avviene nel nostro mondo spirituale.

Crediate o no, voi che leggete (giudico da quel che provo io) non potete, ne son sicuro, sottrarvi al fascino di così auguste idealità. Soltanto, gli scettici ancora penseranno:

- Diamine! come non capire che tutto ciò era dettato dal subcosciente di Stainton Moses?

Signor sì! anch’egli era oppresso da dubbio simile: ma se voi leggeste il suo volume, vedreste che, ogni momento, rende conto minuto di esperimenti d’identità ch’egli faceva, in lotta continua, per dilucidare questo angoscioso quesito:

- Sono io che, inconsciamente, mi manifesto o è un’entità estranea?

Troppo a lungo mi porterebbe il resoconto di tali esperimenti; mi basti uno che valga per tutti, e che è riassunto in questa specie di dialogo, fra il medium e l’invisibile:

- Potete leggere in un libro?

- Sì, amico: ma con difficoltà.

- Potreste scrivere l’ultima riga del primo libro dell'Eneide?

- Aspettate: Omnibus errantem teris et fluctibus aestas.

- La citazione è esatta: ma può essere che io la sapessi. Facciamo piuttosto così: andate nella libreria, prendete il penultimo volume nella seconda fila di libri, e leggete l’ultimo paragrafo della pagina 94. Io non so che libro sia e ne ignoro finanche il titolo.

Dopo un istante, lo spirito detta:

- Pagina 94: «Io proverò, con breve narrazione storica che, il papato è un’innovazione che è sorta gradualmente dopo l’epoca primitiva e pura del cristianesimo, non solamente dopo l’età apostolica, ma dopo l’unione della Chiesa con lo Stato, opera di Costantino».

S’andò a verificare nella biblioteca. Il volume era intitolato Rogers antipopopriestian e la citazione era esatta.

- Facciamo un’altra prova: leggerò ancora una volta e poi indicherò il libro da cui ho attinto.

Si procedette a tal nuovo esperimento e lo spirito dettò:

- «Pope è l’ultimo grande scrittore di questa scuola di poesia, la poesia intellettuale o piuttosto intellettualità mista alla fantasia.»

Quindi lo spirito esattamente indicò:

- Andate a verificare: prendete il volume undecimo della seconda fila e apritelo alla pagina 145.

E Stainton Moses dichiara:

- Trovai al punto indicato un libro intitolato Poesia, romanzo e retorica; l’apersi alla pagina 145: la citazione era esatta! Il volume m’era del tutto ignoto e non potevo neppure avere un’idea del suo contenuto.

Vi persuadono prove simili?

Non ancora?

Ebbene, io sono in grado di fornirvi una prova che regge a qualunque critica e non ammette replica di sorta.

Tal prova, mi è fornita da un uomo serio e maturo, da un uomo di cifra. Egli è cassiere di uno dei nostri maggiori istituti di credito: nelle sue mani passano conteggi e danari che, a fin d’anno, superano il miliardo: così che, per mestiere, bisogna bene che sia refrattario a qualsiasi allucinazione.

Lascio a lui la parola:

- Materialista nel senso più lato sino alla età di cinquantaquattro anni, risi anch’io al racconto e alla lettura dei fatti cosiddetti spiritici; né ci volle che l’assoluta realtà, l’evidenza assoluta dei fatti stessi, per convincermi della loro verità.

Durante quattro anni, ebbi campo di osservare freddamente tutti i fenomeni a cui balordamente non avevo creduto.

Col compianto professor Angelo Brofferio, che spesso assisteva alle sedute nostre, abbiamo avute prove chiare come la luce del sole.

Una poi si verificò, da non lasciar più dubbio di nessuna specie.

Ecco come procedetti.

Nel mio ufficio, non a casa, scrissi sopra un foglio, in ordine progressivo, tanti numeri dall'uno al ventidue, in cifra.

Poi, a casaccio, a salti qua, e là, senza neppur badarvi, sotto una cifra qualsiasi, scrissi una qualsiasi lettera dell’alfabeto, per modo che risultasse come un’insalata, mercè cui, mettiamo, l'a era il 18, la b era il 9, la z era il 5 e via dicendo.

Non rividi ciò che avevo compiuto, ma ripiegai subito il foglio in quattro, lo introdussi in una busta, che suggellai con quattro bolli di ceralacca e me la misi in tasca.

Potete dunque già avere la certezza che ignoravo a qual cifra corrispondesse ogni lettera.

Ma c’è di più. La sera, mentre mi proponevo di far l’esperimento, fui chiamato in banca da doveri d’ufficio. Consegnai allora la busta suggellata alle persone di famiglia, che si disponevano in catena, attorno al tavolo medianico, dicendo loro:

- Pregate lo spirito di dettare una frase, se è possibile, secondo questo ignoto cifrario. Poi verificheremo.

E me ne andai.

Il tavolino rispose essere possibile, e cominciò a dettare una serie di numeri inesplicabili a tutti i presenti, così da escludere qualsiasi intervento di suggestione.

Finita la dettatura, si ruppero i suggelli della busta, si estrasse il foglio e sotto a ciascuna delle cifre dettate dal tavolino, fu posta la lettera corrispondente.

Orbene, dall’alfabeto saltuario, sicuramente ignorato da tutti i presenti, a cominciar da me, risultò nitida la frase seguente:

- Opisi (nome di un ufficiale mio compagno e amico, 47° fanteria, assassinato a Palermo nel 1864, mentre vi eravamo di guarnigione) saluta l’amico Pietro (che sono io) e per questa sera basta.

Tale è lo svolgimento genuino del fatto, che può essere attestato dalle persone presenti, e che non ammette più, mi sembra, né cosciente, né subcosciente, né suggestione, né allucinazione, né ipnotismo, né telepatia, né altra spiegazione più o men derivata dal greco.