Gli invisibili/Al di là

Al di là

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Fantasmi tangibili La medianità di Stainton Moses


Dal campo aperto dei fatti, degli esperimenti, delle deduzioni e congetture scientifiche, or ci conviene entrare nella selva enigmatica dei misteri.

Procediamo cauti, ma fidenti, poiché vi sono precursori e guide, strade e sentieri, penombre e luci che rischiarano la via e gli intelletti.

Parrà a molti di penetrare nel soprannaturale: ma, in verità, non c’è altro di soprannaturale al mondo che l’ignoranza nostra. Tutti i fenomeni che ci sembrano soprannaturali, assai probabilmente altro non sono che leggi naturali a noi sconosciute. Né ci deve far meraviglia, anche se siano in contrasto aperto con leggi di natura che conosciamo, o crediamo conoscere. Il sovrumano stringe, da ogni parte, il vasto eppur misero corredo delle cognizioni nostre.

La scienza, nei suoi trattati di dinamica, ci ricanta su tutti i toni il seguente assioma incontestabile:

- Qualsiasi corpo in movimento, per via degli attriti, tende invariabilmente al proprio riposo, qualora non sia sospinto da una forza superiore.

Legge di natura, verissimo! Soltanto, ecco: la gran macchina dell’universo visibile sarebbe tutta in contraddizione con detta legge, se non si ammettesse una forza superiore. Più ancora; Laplace, Newton, Lagrange, Herschell, Reynaud, ci avvertono che la macchina universale ha bisogno di ritocchi, di riforme frequenti, di mutazioni, di allargamenti, di spostamenti, di ritardi, di maggior velocità, nelle orbite di questi infiniti pianeti, al cui confronto i nostri treni-lampo sono lumachelle striscianti fra l’erbetta.

C’è dunque una direzione generale, un ispettorato centrale, che modifica gli orari, che impartisce istruzioni ai macchinisti, che provvede allo scambio dei binari, con assai più abilità della Mediterranea, e che si dà ben poco pensiero delle leggi di natura, ideate e codificate dall’acutezza umana?

Ancora un’altra piccola contravvenzione a queste famose leggi. Ce la racconta il sapiente Babinet, in questi termini:

- Ben nota è la teoria degli aeroliti e dei bolidi che la legge d’attrazione obbliga a precipitarsi sulla terra. Nondimeno si vide a Weston, nel Connecticut, un immenso aerolito, di milleottocento piedi di diametro, bombardare di scariche la zona ov’era piombato, e poi tornarsene in alto, verso il punto da cui era venuto.

Che pensare, in tal caso, della famosa legge, che obbliga, come sopra?

Il filosofo dunque non deve spaventarsi, né chiuder gli occhi, davanti a fenomeni che paiono in contraddizione coi dogmi scientifici; senza di che nessuna scoperta sarebbe mai stata possibile.

Né alla ragione può ripugnare l’ipotesi di un mondo invisibile. Anzi, le più recenti conquiste della scienza ce ne fanno intravvedere la realtà. Noi ormai sappiamo che in noi e attorno a noi ferve una vita invisibile. Democrito ha genialmente intuito quel che, alla distanza di tanti secoli, Pasteur può dimostrare con le sue esperienze di laboratorio.

Noi sappiamo che tutto palpita e vive, dalla fredda immobil pietra ai turbinosi fuochi vulcanici. Sappiamo che la pianta ha, come noi, una specie di circolazione del sangue, che respira, lavora, gode, soffre e ama. Sappiamo che tutto vibra con emozione intensa e che strumenti delicatissimi ci possono far sentire il fragore assiduo di tal vita in una grossa sbarra d’acciaio, in un solido blocco di marmo: e sappiamo ancora esistere una serie infinita di suoni che all’orecchio umano non arrivano: e le sempre più meravigliose scoperte spettroscopiche ci avvertono che, dove noi supponiamo la oscurità, si svolge invece tutta una scala di luci intense, che sfuggono alla miseria della nostra retina. E sappiamo, infine, che dal nostro corpo emana di continuo una proiezione radiosa, che ha proporzioni fenomenali, probabilmente più larghe assai di quanto la scienza abbia potuto sinora constatare, con gli strumenti ingegnosissimi ma imperfetti.

Siamo dunque circondati dall’invisibile e dobbiamo studiar bene, anziché respingere, a priori, tutti i fenomeni che dall’invisibile a noi, per qualunque più meravigliosa via, si manifestino. Così pensava Goethe, scrivendo:

- L’uomo deve credere, con fermezza, che l’incomprensibile diventerà comprensibile, senza di che, egli rinuncierebbe all’indagine.

Indaghiamo dunque, fin dove ci sia consentito, quale sia la forma e quali siano le norme di vita di queste entità spirituali che, attingendo materiale consistenza dalle forze fisio-psichiche dei medium e degli astanti, riescono a manifestarsi ai mortali, con tutti gli attributi organici della nostra specie.

Tutte le lettere a me pervenute, quasi con frasi identiche, esprimono questa natural curiosità:

- Perché non si chiede come esistano? come possono operare? qual sia la sorte loro? quale la loro missione? quale le loro finalità?

Tale accordo simultaneo di duecento lettere che provengono da ogni parte d’Italia, e che attestano negli scriventi un grado non comune di cultura, mi dimostra come sia generale l’ignoranza intorno ai risultati degli studi medianici. Ben pochi mi avrebbero rivolto domande simili, se si sapesse esistere tutta una fin troppo voluminosa biblioteca, che, bene o male, in forma più o meno convincente, secondo lo stato d’animo di chi legge, risponde ampiamente a tale quesiti.

Negli esperimenti a cui ho assistito, anche io non feci altro quasi che dedicarmi a indagini di tal natura e le risposte che ottenni, su per giù, coincidono con quanto da mille altri fu raccolto e affidato alla pubblicità.

Gli invisibili dicono d’avere una forma fluidica somigliante a quella terrena. Il De Rochas, nella sua Extériorisation de la motricité, per via di analisi scientifica sopra i viventi, vale a dire senza entrare nell’ipotesi spiritica affatto, viene a questa conclusione:

- La teoria del corpo fluidico, ammessa da filosofi e dai padri della chiesa, sembra essere oggi dunque confermata da prove obiettive.

Vale a dire che dentro a ogni uomo vivente esiste l’uomo fluidico. Tal verità è confermata da una lunga serie di studi scientifici, sui fantasmi dei viventi, da cui sorsero le teorie della telepatia, telestesia, paramnesia e via dicendo. Il dissidio tra materialisti e spiritualisti consiste in questo, che cioè gli spiritualisti dicono:

- Nel momento della morte, l’uomo fluidico si stacca dalla spoglia materiale, quasi si liberasse d’un abito logoro e inservibile, e l’anima spirituale - l'io dei nostri filosofi, la Manas dell’antica sapienza indiana - sopravvive in quella specie di corpo astrale, che non conosce più ostacoli materiali, né misura di tempo o di spazio.

I materialisti invece asseriscono:

- Corpo materiale e corpo fluidico tutto egualmente si dissolve nel crogiolo instancabile della natura.

Alle interrogazioni dei viventi, gli spiriti cominciano col rispondere essere assai difficile per loro farci capire, tanto è diversa, la vita del di là. Riferisco una risposta testuale, tolta alla Rivista del Delanne:

- Potreste spiegare a un selvaggio, che non abbia mai lasciato le sue foreste, i mille complicati dettagli della vostra vita civile? potreste fargli capire il vostro modo di viaggiare per terra, per mare e fino per aria? potreste spiegargli l’esistenza che conducete nelle vostre grandi città, il genere delle vostre occupazioni, dei vostri lavori, dei vostri piaceri? No, nevvero? ebbene, l’impresa è ancora più difficile per noi.

Possiamo, infatti, ricordare che uno dei nostri esploratori, il Bianchi, se non erro, non riuscì in nessun modo a far penetrare nel cervello di Menelik il concetto di una locomotiva, e si sentì alfine rispondere dal barbaro:

- Se il tuo re si serve di roba simile, vuol dire che non ha muletti buoni come i nostri.

Oggi, invece, Menelik capisce e locomotiva e... ben altro!

Ebbi a Roma, per più tempo, in mia compagnia un intelligentissimo ragazzo abissino, Omar, il quale, cresciuto a Massaua, educato, istruito, era ben lunge dalle condizioni mentali d’un selvaggio non mai uscito dalle natìe foreste. Però, mi dilettava assai rilevare le sensazioni dell’intensa vita della capitale sopra quell’anima ancora lieta di primitiva ingenuità.

Tutto egli assimilava con rapida prontezza, purché vi fosse qualche analogia con la vita da lui vissuta. Che cos’era il magnifico palazzo Farnese? Una casa più grande di quelle da lui vedute. E San Pietro? Una chiesa più vasta di quelle abissine.

Una sera lo portai, senza dirgli nulla, al Costanzi, a vedere il ballo Excelsior. Rimase a bocca aperta, ma si rese conto di tutto. Altrove aveva visto ballare: altrove aveva visto gli arabi darsi alle vertiginose fantasie: altrove aveva inteso delle più o meno barbare orchestre: così che, per lui, l'Excelsior non rappresentava che le stesse cose, più belle, più meravigliose, più grandi: null’altro.

Così, nelle gallerie vaticane della scultura. Capiva più o meno: ma erano braccia, gambe, teste, bianche o bige, che non differivano gran che dalle teste, dalle gambe, dalle braccia che Omar aveva, ne’ suoi paesi, veduto.

Non così davanti a quel meccanismo tanto semplice, che a noi non desta più nessuna meraviglia, che si chiama il telefono. Inutilmente, mi provai a spiegarlo, coi più ingegnosi confronti. Lo misi in comunicazione con degli amici, ma egli credette fermamente che invece ero io che gli sussurravo negli orecchi. E quando gli affermai, sulla mia parola d’onore, che, se quel filo giungesse fino a Massaua, egli sentirebbe la voce di suo padre, mi sgranò gli occhi in faccia, con un’espressione su cui non c’era equivoco possibile:

- Oh, povero signor Vassallo! ha il cervello a spasso!

Figuriamoci poi che cosa avrebbe pensato, se mi fossi provato a spiegargli i raggi Roëntgen o il telegrafo Marconi, senza fili!

Orbene, nelle identiche condizioni d’Omar si trovano le stesse intelligenze più raffinate, quando si affacciano, la prima volta, del tutto digiune, ai problemi del di là, e facilmente mi spiego le difficoltà degli spiriti a spiegarsi e a farsi capire. Come spiegare un’automobile a un contadino, il quale non abbia mai visto altro che asini attaccati alla carrettella?

Però, crediate o no, sentite quel che dicono gli invisibili:

- I caratteri generali del corpo materiale dell’uomo, si conservano nel suo corpo fluidico. Ne consegue che anche noi possiamo provar dolori d’indole fisica, eppure non son più simili affatto ai vostri. Vedete, quanto sia difficile spiegarci!

- Gli spiriti inferiori, ancora chiusi in un corpo fluidico per così dire grossolano, provano sensazioni materiali somiglianti alle vostre, ma siccome i loro sensi sono del tutto differenti dai vostri, perché gli organi loro hanno un adattamento tutto diverso, come potremo spiegarvi come noi vediamo, se non vediamo come voi? come parliamo, se parliamo in modo che non ha nulla che fare col vostro?

- Vi basti sapere che, tra noi, come fra voi, gli spiriti più illuminati s’adoperano a far progredire gli inferiori: e quando voi venite fra noi, sono là per ricevervi, per istruirvi, per farvi bere goccia a goccia, la nostra vita fluidica, come voi fate bere il latte e balbettar le prime parole ai vostri neonati.

- Queste manifestazioni, che siamo autorizzati a produrre, hanno il solo scopo di elevare il vostro senso morale e darvi la certezza del di là; così che vi prepariate, senza esitazioni, alla nuova e vera vita.

- Gli spiriti cattivi, viziosi, criminali, hanno un risveglio dei più dolorosi. Le cattive azioni e i crimini, le passioni e i vizi sono giustizieri implacabili, che li tormentano, fino a che non abbiamo riconosciuto errori e colpe e non entrino nel periodo d’espiazione. Lo spirito ha fatto il male per sua volontà: e la sua volontà bisogna che distrugga e cancelli o soffra. Egli ha violato la Legge: soltanto le sofferenze gli insegneranno a rispettarla. I ribelli non fanno che eternare i propri tormenti.

- Gli spiriti in pena, che possono comunicare coi medium, vi hanno potuto dare, benché pallida, un’idea delle sofferenze loro, ma sono già sopra la buona via. Accoglieteli con bontà e simpatia. Gli spiriti-guida ve li conducono per istruzione vostra e perché facciate loro del bene.

Ho voluto citare, fra le tante, infinite, queste comunicazioni più recenti, unicamente per darvene un’idea, senza entrare affatto in oziose discussioni metafisiche.

Quel che mi preme soltanto di affermare è che tutti gli spiriti asseriscono d’avere una missione, soggiungendo che anche la nostra vita terrena ha una missione morale, mancando alla quale ci prepariamo, al di là, pene di misura identica proporzionata all’errore nostro e alla nostra colpa: infine accertare che, fra le tante migliaia di comunicazioni così svariate, non una contraddice ai precetti assoluti della Legge morale.

La quale significantissima circostanza valga di risposta a coloro che, in buona fede, mi scrivono per mettermi in guardia contro possibili interventi demoniaci.

Sarebbe un diavolo ben curioso, poiché viene a insinuar nei viventi l’omaggio fedele alla divina Giustizia, l’esercizio delle buone opere, l’amore e la carità del prossimo, la purità dei pensieri, l’orrore delle passioni, la fiducia nella suprema Bontà!

A tale stregua mi sarebbe lecito conchiudere che Agostino da Montefeltro e padre Semeria sul pergamo non sono che due diavoli incarnati, densi di suggestiva malizia.

E qui, alle anime troppo timorate, mi sia concesso chiarire ancora un assai diffuso equivoco, cui accennai fin da principio. Gli studi medianici non hanno nulla di comune con la negromanzia.

Il monaco cristiano Teodoro, un medium dell’antichità, su invito del vescovo metropolitano, fece vedere e abbracciare all’imperatore Basilio lo spirito del figlio Costantino.

Il venerato santo Spiridione evocò dalla tomba lo spirito della figlia, per liberarsi da ingiuste richieste di materiali interessi.

I padri del concilio di Nicea evocarono gli spiriti di due vescovi, Crisante e Musonio, i quali produssero un fenomeno di psicografia, con tanto di firma autentica.

Il santo papa Leone I, come appunto narra Sofranio, evocò lo spirito di san Pietro, per esserne illuminato intorno alle eresie di Eutichio e Nestorio.

Lo stesso san Tomaso, in seguito a patto convenuto in Parigi, vide apparirgli, nella chiesa de’ domenicani a Napoli, lo spirito dell’amico suo, il dottor Romano.

Questi son casi di vera negromanzia, o evocazione.

Nelle sedute medianiche invece non si disturba l’anima di nessuno: non si fanno patti né evocazioni di sorta: i fenomeni sono spontanei, quindi permessi colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare.

Fugaci apparizioni, sebbene così evidenti, esse a ogni modo ci portano un conforto alto di luce, un pensiero profondo di vita nuova, un senso ineffabile di suprema bontà: e le loro voci nell’ombra, con parole dolcemente imperiose, ci dicono:

- Perfezionatevi, purificatevi, amate, sperate!